Il club degli ultimi
- Autore: Gianluca Ales
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2020
Sedici anni negli anni Ottanta raccontati da un padre a un figlio sedicenne nel 2020, che sta dietro una porta che non vuole aprire. Tra ricordi musicali, prime manifestazioni studentesche e primi amori, ne Il club degli ultimi (Round Robin Editrice, 2020) Gianluca Ales — giornalista e inviato di TGSKY24 — racconta in una retrospettiva attenta e mai malinconica un’adolescenza divenuta adulta troppo in fretta. Non divisoria, ma collante con la generazione attuale sbandata solitaria alle volte, ma con molte possibilità al suo arco.
Da adulti li ricordiamo i nostri sedici anni: rimpianto unico di un tempo lontano fatto di possibilità, ipotesi, idee e sogni. Poi, quegli anni passano, senza accorgerti o darti preavviso, e sedici anni ora li ha tuo figlio. Che rientra da scuola. Sbatte la porta (dietro un mugugno).
Tu, ora genitore, che ti credi moderno al passo con i tempi, ti ritrovi li. Sbigottito. Dalla parte opposta di quella porta, che fino a poco prima vedeva te dall’altro lato e tuo padre nei tuoi panni. Il tuo, un padre vittima o originato da quegli anni Sessanta che tanto avevano promesso e poco a mantenuto, ma che nulla potevano comprendere del tuo essere adolescente negli anni ‘80.
Ma ora sei tu padre, e certamente potrai essere più agevolato e comprensivo. In linea con i tempi del rap che ascolta tuo figlio o delle idee green che già ai tuoi tempi erano osservatorio per un futuro migliore.
Che può dire di essere cresciuto a “Live Aid”, malgrado tua madre pensasse solo a non sfigurare con le amiche per il tuo andamento a scuola. Tu che eri tra gli ultimi: perché non omologato e per questo diverso. Considerato che “ultimo” all’epoca voleva dire avere idee diverse su una società dove tutto era edonismo, apparente e superficiale. Dove nascondere parametri di debolezza di animo e di ideali era necessario per evitare che la fragilità che potevano crepare quel “va tutto bene” che era più per convincersi che per convincere.
In una cavalcata tra queste e altre riflessioni su un’epoca che non nasconde parallelismi con l’attualità e del confronto tra generazioni, si rivela essere il romanzo di Gianluca Ales Il club degli ultimi (edito da Round Robin editrice 2020), scovato e acquistato all’ultimo Salone del libro di Torino 2021.
Da subito si è rivelata la lettura che non ti aspetti: attenta, oggettiva, palese e diversa analisi di un’epoca così sognante e “apparentemente” perfetta, ma così fragile incompleta allo stesso tempo.
Letto d’un fiato (un po’ per anagrafica, ma molto per empatia di come eravamo e come siamo “davvero” cambiati”), il romanzo di Ales (giornalista, inviato e conduttore di SKyTG24) ci propone, una narrazione fluida e ricca di citazioni musicali dell’epoca che sintetizzano magistralmente a chiosa ogni singolo capitolo: spaccato di vissuto reale e contemporaneo di quegli anni.
A farlo davanti a una porta chiusa è Lorenzo, “padre cinquantenne di un sedicenne”. Voce narrante e protagonista che con onestà lineare e senza fronzoli melensi o nostalgici racconta al figlio “sedicenne” i suoi “sedici anni” in un viaggio nel tempo e nella memoria. Personale e soprattutto collettiva. Da generazione a generazione. In un passaggio di testimone fatto di possibilità, di presa in atto di errori da non ripetersi, potenziali parametri di miglioramento di riuscita per la vita adulta. Prendendo il meglio di un’epoca fatta di molte “prime volte”: dalla musica (il Live Aid), alla politica (le nuove linee sindacali e di guerra fredda) agli amori vissuti “pericolosamente” tra differenze sociali e libertà personali che non lascia trascurato nulla. Dove nemmeno il dolore e la morte puntualizzano l’inevitabile, senza lasciare scampo.
Non è solo, però, solo "il racconto di un tempo considerato ancora presente", che in un battito di ciglia è divenuto passato. Leggendo delle feste in casa, dei sabati pomeriggio con gli amici sul divano dei salotti in velluto e delle “prime rientrate tardi” con relativi schiaffoni, si assiste da spettatori, identificandosi, rivivendosi, riflettendo sulle proprie sensazioni dimenticate e sopite dal e nell’animo.
Con una lacrima, forse, e un po’ di quella melanconia che sa di tempo che fugge.
Lorenzo ne è la sintesi nel raccontare di Maria (soprattutto), il primo vero amore, e dei componenti del “Club”: Vlady, sostenitore di idee politiche derivanti dal nome, Flipper l’agnostico, Peppe “il per bene”, il più nerd di tutti.
Così vicini e in simbiosi da credersi inseparabili per la vita e poi divenute ombre indefinite, imprecise nei contorni e lontane nell’essere anche solo immaginate. Frantumatesi i piccoli specchi riflettenti dei “noi stessi” non più reali.
Un ricordo dolce amaro:
«Credevamo di cambiare il mondo invece il mondo ha cambiato a noi». (C’eravamo tanto amati – Ettore Scola)
E che invece con sorpresa, si rivela inaspettatamente positivo, malgrado tutto.
Avvicinando estremi di pensiero e di sentire che fanno di questo testo un romanzo di “formazione ante litteram”, gli ultimi non rimangono, affatto, mercé dei primi, dei famosi di “quelli alla moda”, ma diventano, gradualmente, punto di forza, che dà forza e capacità e voglia di essere se stessi sempre e comunque dando identità a quei tasselli necessari per diventare adulti, pensanti, “sbaglianti” ma certamente non approssimativi.
Il rimpianto lascerà spazio alla capacità di sostenere scelte e declinazione del proprio vivere la vita. Venendone, alle volte, anche ai ferri corti. Ma mai stanco di fare la stessa ridondante domanda comune ai giovani di ieri come a quelli di oggi.
Please, please tell me now.
Per favore, per favore dimmelo ora
Is there someting I sholud know?
C’è qualcosa che dovrei sapere?
Is there someting i shoul say?
C’è qualcosa che dovrei dire?
(Duran Duran – Please Please Tell Me Now, 1983)
Per vivere al meglio la mia vita e per renderla qualcosa di “straordinario”.
Il club degli ultimi
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