Il cane di terracotta
- Autore: Andrea Camilleri
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Sellerio
Montalbano, il commissario che non porta la pistola, ama leggere Faulkner e lo scrittore barcellonese, quasi suo omonimo, Montàlban. Sa chi è Jorge Luis Borges, cita Malaparte, ama la pittura e conosce i dipinti di Gauguin, Bruegel e Bosch. Ha un rapporto confidenziale con il questore e nutre un senso d’affetto per le persone oneste. Questi, in sintesi, alcuni dei suoi tratti di personalità evidenziati dalle belle pagine de "Il cane di Terracotta" (Palermo, Sellerio 1996), romanzo di fluidissima lettura che coinvolge per la qualità di una scrittura irrorata dallo spiccato gusto dell’affabulazione. La messinscena dell’arresto di “Tano u grecu”, da anni latitante e pluriomicida della “cupola” che decide autonomamente di farsi arrestare in maniera plateale, è il nucleo da cui si sviluppa la trama. E Montalbano, il quale si avvale della collaborazione di Ingrid (la svedese, sua amica, dalla sofferta storia personale e dalla vita disinibita), non tralascia ogni minima occasione per far luce su delitti e loschi affari. Sottili, in merito, le sue spiccate attitudini al ragionamento che si sviluppano nel più assoluto raccoglimento (è il caso, ad esempio, delle passeggiate meditative, fatte fino al molo). Non si può, in proposito, non fare riferimento alla sua capacità di sintesi che, dalla raccolta analitica di dettagli, lo fa giungere alla loro ricomposizione, cioè all’immancabile e risolutorio sguardo d’insieme. Grazie alla confidenza che Tano Greco gli fa in punto di morte, egli scopre un traffico di armi. Viaggiano all’interno di tir che trasportano la merce destinata ai supermercati e i mafiosi, poi smascherati, li nascondono in una grotta d’una località montuosa. Ma ecco poi la sorpresa che sposta l’attenzione verso nuovi scenari: dall’antro in cui la mafia nasconde il proprio arsenale, attraverso un’apertura, si perviene ad altra grotta più piccola. E qui Montalbano scorge due “corpi incartapecoriti”: quelli di un uomo e una donna abbracciati, di due giovani come risulterà dall’esame autoptico. Attorno ad essi stanno una ciotola di monete andate fuori corso dopo lo sbarco degli americani (negli anni quaranta del Novecento), un cane di terracotta di grandezza naturale in posizione di guardia e un recipiente d’acqua anch’esso di terracotta (il “bùmmolo” di creta per mantenere l’acqua fresca). Di chi erano quei corpi ritrovati? Quale il senso di quegli oggetti? Ad un certo momento viene anche citato il "Trattato di semiotica" di Umberto Eco. Il mistero, si sa, affascina e avvolge in un crescendo di situazioni che nella narrazione culminano nella leggenda cristiana dei sette dormienti, recepita dal Corano. Questo il dato culturale che apre la vicenda ad un espediente pubblicitario di cui si serve il commissario per stanare chi ne sa di più sulla questione. La strategia ha la sua efficacia; lo scopo è raggiunto e la verità, dopo cinquant’anni, viene a galla. In tutto questo procedimento inventivo, intarsiato di microstorie intrecciate dal filo conduttore della “coincidenza”, la scelta di Camilleri è la strategia delle indagini parallele. Essa è sì tipica del giallo, ma in maniera incisiva si radica nella realtà inquietante del potere gestito in “una laida aria di malessere”: qui Montalbano non è soltanto il commissario che svolge indagini per assicurare i colpevoli di reati alla legge dello Stato, ma anche il cittadino attento che non manca di esprimere giudizi sulla situazione socio-politica del momento.
Il Commissario Montalbano (Lingua italiano)
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