Il cielo sopra l’Everest
- Autore: David Lagercrantz
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2018
Il giorno arriva di colpo nella regione dell’Himalaya, ma la notte può sembrare interminabile anche quando dura meno. Il buio è gelido lassù. Si respira male a 8400 metri di quota. Un’ambientazione sul tetto del mondo è quanto mai insolita per un giallo, ancorchè svedese e quindi a suo agio col freddo. Ma è questo soprattutto, un giallo, con consistenti contenuti psicologici, il nuovo romanzo di David Lagercrantz, “Il cielo sopra l’Everest”, edito ad aprile 2018 da Marsilio (542 pagine 19 euro).
Una folata irresistibile di vento ghiacciato ha strappato via il guanto di Giuseppe. La mano sta diventando un blocco insensibile. In testa vede cose… per scongiurare le allucinazioni, dal campo base gli suggeriscono di inalare ossigeno dalla bombola. Ma lui non ascolta i consigli. Nella sua testa riaffiorano quelli lontani del padre, ad Eboli, anni prima e quelli ora non servono a molto. Ci vorrebbe più consapevolezza della situazione, più coscienza di sé, ma entrambe se ne sono andate via, scomparse, come gli altri alpinisti che aveva appena portato in vetta, insieme a Paulo, l’ultimo rimasto con lui nella discesa.
Giuseppe Cagliari è un esperto di montagna ed è il capo spedizione del “Villari Himalaya Tour”, il gruppo di alpinisti dilettanti che il ricco stilista Paulo Villari ha voluto portare con sé sul massiccio più altro del mondo.
Inspiegabilmente, Cagliari ha forzato la mano e non ha dato retta alle obiezioni degli assistenti guide Ang Nuru e Martin Christal. Nonostante il pomeriggio fosse ormai inoltrato, aveva condotto verso l’alto il gruppo di montanari dilettanti. Ma si erano mossi tutti troppo lentamente.
Quando erano arrivate nubi scure dal Pumori, spinte dal vento, tutto era precipitato.
Non si agisce alle 14 sull’Everest, se non si è sicuri di raggiungere in tempo un riparo sicuro. Il pomeriggio è insidioso, oltre gli ottomila. Sbagliare vuol dire morire. C’è poco da sperare, in quelle condizioni estreme.
Ora tutti fanno affidamento su Jacob. Sanno che Engerer, l’anti Cagliari, è un alpinista che dà il meglio nelle situazioni impossibili. Ha già affrontato pericoli e tragedie e li ha superati. Ne ha riportato cicatrici sulla fronte, una ferita deturpante sulla guancia destra, due dita mutilate, un passo claudicante. Agli altri riesce a fare anche paura, dentro di sé invece si sente inadeguato. Sopravvalutato come alpinista. Sottostimato sotto altri aspetti.
Nella tenda al campo base tutti guardano nella sua direzione. “Quello” ha causato questa catastrofe in montagna e “questi” pretendono da lui di mettere rimedio al disastro.
Ma è mezzanotte e sono in un inferno bianco. Fino a giorno, non c’è nessuno che possa fare qualcosa per le persone in pericolo. Perché Giuseppe si è ostinato a sbagliare? Perché ha voluto osare?
“Ho avuto pietà di Rick”, riflette Cagliari. È un australiano che ha perso il compagno di cordata sull’Everest, qualche anno prima. Per superare il dolore, ha tentato per quattro volte di tornare in cima, senza successo. Alla quarta, Giuseppe si è fato prendere dai sentimenti e non avrebbe dovuto. Dopo le 14 nessuno dove trovarsi più in cima e lui aveva consentito invece di raggiungerla alle 17, se non più tardi.
Risultato: perfino una guida esperta è isolata, molto più in quota del campo, con una mano assiderata e la mente in confusione. Dice di vedere dei monaci buddisti col cranio rasato. Cantano.
L’altitudine e la rarefazione dell’ossigeno generano allucinazioni. Jacob lo sa bene, ma non può muoversi fino all’alba e non intende farlo. È tutto un grande caos. Non sarà lui a sbrogliarlo. Trecento metri più giù di Giuseppe – distanza enorme in verticale – altri tre componenti della spedizione cercano di schiacciarsi uno contro l’altro per condividere un minimo di calore. Natalie è la più lucida, ma sente venire meno le forze e la speranza. Quando si spegne anche la sua lampada frontale, si convince che anche lei morirà come quella luce. È senza speranza.
Non c’è che Jacob, ma Engerer sa di non esserci. Pensa che sarà qualcun altro a salire lassù, di giorno. Intanto, ripassa mentalmente l’attrezzatura. Prova un’inquietudine malinconica. Non è la prima volta, non dovrà essere l’ultima, come può rischiare di accadere. Ma non è paura, è qualcos’altro.
Il racconto torna indietro di pochi giorni. La spedizione è composta di uomini e donne briosi. Si suona, si canta, si prende il sole: venti gradi sono piacevoli in quell’aria pulita, quando ci sono.
Certo, non tutti accettano lo scompiglio creato dagli stranieri in quei luoghi. Ma per la popolazione quei matti rumorosi sono una grande risorsa, dove la vita è stata e sarebbe amarissima, senza i soldi che portano. L’Everest è diventato accessibile anche ai dilettanti.
Lagercrantz ha cominciato ad appassionarsi fin dal 1996 alle storie d’alta montagna, attratto da mistero che spinge tanta gente lassù. Ha scritto il romanzo nel 2005, prima di dedicarsi alla continuazione della saga Millennium dopo la scomparsa di Stieg Larsson, il re del giallo svedese.
Il cielo sopra l'Everest
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