Il mio valzer con papà. Un ritratto famigliare del Generale dalla Chiesa
- Autore: Rita dalla Chiesa
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2020
"Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi" ha scritto Brecht. Ma l’eroe è un archetipo ineliminabile del sé, afferma Carl Gustav Jung, e la sua analisi pluridecennale della psiche è una garanzia di verità. Di eroi abbiamo sempre bisogno, l’essenziale è ricordarsi che esistono. Sono fari che illuminano la nostra via, la coscienza individuale e rappresentano l’ethos collettivo. Piuttosto è tragico che il destino dell’eroe sia sempre legato al sacrificio e alla morte, ma tanto deve essere, poiché donare la vita per qualcuno è l’esempio più fulgido, capace di operare una trasformazione coscienziale. Accade nel mito e nella realtà.
Il generale Carlo Alberto dalla Chiesa rientra in questo paradigma. Sua figlia Rita dalla Chiesa regala un ritratto del padre che avvince e fa pensare, nella bella biografia Il mio valzer con papà - un ritratto famigliare del generale dalla Chiesa (Rai Libri, 2020, pp. 200).
In copertina li vediamo mentre ballano insieme, padre e figlia, lui tenero che più tenero di così non si può, lei una splendida adolescente in abito lungo, felice, ma a ben guardare nei suoi occhi vi si può scorgere un’ombra di malinconia, quasi un presagio inconscio del futuro e della tragedia.
Si tratta di un momento raro in cui il personaggio pubblico mostra un aspetto del suo privato, luminoso e, come scrive Rita:
"Per me, rappresenta tante cose. Soprattutto una spensieratezza che non era certo la nostra compagna di vita."
Rita dalla Chiesa è nata e vissuta in caserma in varie città; fondamentali e nostalgici gli anni trascorsi a Milano, negli appartamenti destinati alle famiglie dei militari. Conosce l’Arma come grande famiglia allargata, protettiva ma anche severa. Le regole da osservare erano rigide, sia in casa sia a scuola, prima dalle Orsoline e poi dalle suore Marcelline. Il padre mitico sempre tanto impegnato si occupava dei suoi tre bambini Rita, Nando e Maria Simona fin nelle minuzie, controllava loro i compiti anche a tarda notte; capace di regalare roselline rosa per il compleanno; devotissimo alla moglie; amante dei cani in modo viscerale: per il primo, una meticcia femmina, di nome Liù, il generale forte e coraggioso versò lacrime senza vergogna. Con un altro cane, chiamato Cognac, "parlava al telefono" con "una sorta di segnale in codice tra loro due".
Religiosissimo, per lui la religione costituiva il legame con "l’immenso":
"Significava solidarietà, aiutare chi era in difficoltà, non dimenticare mai il principio fondamentale, che lo guidava in ogni sua azione: "Non fare mai agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso", "Ama il prossimo tuo come te stesso"."
Rita rivisita l’amore platonico e puro dei suoi diciassette anni per Bruno Lauzi, amore reciproco, sbocciato nell’estate 1964 a Bardonecchia, (Piemonte), intessuto di telefonate e dialoghi infiniti, di corrispondenza, passeggiate, rose rosse e... della gelosia edipica insormontabile del generale. Gli incontri tra i due ragazzi erano segreti, sempre ideali senza neppure un bacio. Bruno le dedicherà due canzoni. La rivista "Novella" uscirà con un titolo galeotto "Bruno Lauzi innamorato di una carabiniera". Papà dalla Chiesa, ogni volta che vedrà il cantante in televisione, spegnerà di colpo l’apparecchio.
Nelle pagine emerge il ritratto di un uomo integerrimo, generoso, capace di assoluta dedizione, appassionato, romantico, un leader intransigente ma esigente soprattutto con se stesso.
Possedeva le caratteristiche del cavaliere antico, pronto a morire per la sua dama, ma qui la dedizione fino alla morte è stata verso le istituzioni dello Stato e l’Arma dei Carabinieri, il cui motto è "Nei secoli fedele". Vittima anche l’adorata moglie Dora Fabbro, la cui vita venne stroncata anzi tempo da un infarto, causato dall’ansia continua per la sorte del marito, impegnato a lottare contro il fenomeno aberrante delle brigate rosse. Per lei Carlo Alberto versò le sue più amare lacrime e covò per anni un dolore insanabile.
Rita dalla Chiesa ripercorre l’epos del padre con verità e ammirazione, partendo dalla sua partecipazione alla Resistenza nelle Marche, durante la Seconda guerra mondiale. Ricorda la lotta al banditismo in Campania e in Sicilia, l’azione di soccorso profusa senza riposo durante il terremoto in Sicilia nella Valle del Belice nel 1968. Per il lavoro svolto con abnegazione "in prima linea" egli ricevette la cittadinanza onoraria di Gibellina e Montevago.
Gli anni di piombo sono raccontati con sguardo critico, pietà per le numerose vittime e con un giudizio fermo di disapprovazione verso certa stampa che giustificava gli esecutori di morte, votati a una ideologia sanguinaria paranoica. Non solo il generale riceveva continui messaggi di morte, ma pure tutti i membri della sua famiglia furono ripetutamente minacciati.
Il racconto epico giunge fino all’incarico fatale come prefetto di Palermo. In precedenza dalla Chiesa aveva parlato senza mezzi termini con Andreotti, affermando risolutamente che non avrebbe avuto riguardo per nessuno nella lotta alle cosche mafiose, neppure per il suo partito.
All’aeroporto di Palermo il generale con la sua seconda giovane moglie Manuela Setti Carraro non venne accolto da nessuno. Queste le parole lapidarie di sua figlia Rita, che inchiodano lo Stato a una responsabilità e a un giudizio non assolutorio di noi lettori:
"Papà, ritornato a Palermo dopo il matrimonio, aveva avuto la conferma che da Roma nessuno, almeno per il momento, gli avrebbe dato i poteri che lui aveva chiesto per riuscire a fronteggiare Cosa Nostra. […] In realtà quei poteri di coordinamento che gli aveva promesso il ministro Rognoni per combattere la mafia, come aveva combattuto il terrorismo, non gli vennero mai concessi. Appena lo uccisero, però, arrivarono al suo successore.”
La cronaca dolorosa si ferma prima del vile attentato. Scriverne sarebbe stato far nuovamente sanguinare la ferita. Il generale Carlo Alberto muore il 3 settembre 1982 a Palermo nell’agguato mafioso di via Carini, sotto una scarica di mitra, insieme a Manuela e all’agente della scorta, il martire Domenico Russo.
I diritti d’autore di questo libro sono devoluti all’O.N.A.O.MA.C. (Opera Nazionale Assistenza Orfani Militari Arma Carabinieri), nei cui collegi anch’io, figlia orfana di carabiniere, sono cresciuta nell’infanzia. Il presidente dell’Opera in quegli anni era il generale Romano dalla Chiesa, padre di Carlo Alberto, nonno paterno di Rita. Veniva a trovarci una volta all’anno insieme alla moglie Maria Laura. Quel giorno in collegio era una festa speciale, allietata da recite e canti in onore del nostro "papà grande".
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