Il patto. La trattativa tra Stato e mafia nel racconto inedito di un infiltrato
- Autore: Nicola Biondo, Sigfrido Ranucci
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2023
Il Patto con sottotitolo eloquente La trattativa tra Stato e mafia nel racconto inedito di un infiltrato è un reportage minuzioso scritto da due giornalisti d’inchiesta di gran classe, Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci (Chiarelettere, pp.338, 2023). Quest’ultimo conduce la trasmissione televisiva Rai “Report”.
Il libro, aggiornato, è giunto alla decima edizione, la prima risale al 2010; recentemente è stato presentato a Siena in un incontro coordinato da Giorgio Bongiovanni, giornalista, direttore della rivista web “AntiMafia2000”.
Il materiale è scottante, rivela i retroscena delle stragi del ’92-‘93, l’assassinio dei giudici Falcone e Borsellino e le loro scorte, a Capaci e in via d’Amelio a Palermo; ricorda le bombe susseguenti di matrice mafiosa (e non solo) a Roma (con l’attentato non riuscito a Maurizio Costanzo), a Firenze, a Milano con cinque morti, fra cui due bambine.
L’infiltrato è Luigi Ilardo, mafioso ma non assassino, pupillo di Bernardo Provenzano. L’uomo, scosso da una crisi di coscienza, dopo le stragi contatta le forze dell’ordine e si propone come infiltrato della sua stessa organizzazione. Viene accettato dal Ros con il nome in codice “Oriente”.
Il suo referente è il colonnello dei Carabinieri Michele Riccio. L’operazione è estremamente pericolosa, “Oriente” non può parlarne con alcuno, neppure alla moglie Concetta, che mette al mondo due gemelli. Se Cosa nostra lo scoprisse sarebbe un uomo morto. Vive un isolamento che potrebbe far impazzire, ma l’uomo è molto saldo e di carattere fermo.
Il suo obiettivo è l’arresto di Provenzano, il boss che, in contrapposizione alla “belva” Totò Riina, vuole una mafia “sommersa”, non stragista, perché gli affari sporchi prosperano meglio senza bombe, con l’intesa e la copertura di frange deviate dello Stato, della massoneria, di politici eversivi e con il supporto dei servizi segreti, italiani e stranieri.
Il patto Stato-mafia in realtà esiste da molto tempo. Gli scrittori partono a parlarne dalla strage a Portella della Ginestra nel 1947, anche prima, dallo sbarco degli Americani in Sicilia. Il pentito Brusca, uno dei killer di Falcone, rivela molti particolati della trattativa. Il tramite principale tra istituzioni e boss è stato don Vito Ciancimino, ex sindaco di Palermo.
Falcone aveva condotto con successo il maxi processo, facendo incarcerare centinaia di mafiosi implicati in violenze, “lupara bianca” (ossia sparizione di persone, uccise e poi sciolte nell’acido), affari illeciti, pizzo, tangenti, legate a imprese e industrie. Un nome fra tutti gli industriali: i Ferruzzi (Gardini). Per primo aveva avuto la geniale idea di visionare i conti correnti di “uomini d’onore” e uomini politici.
Fra il colonnello Riccio e l’infiltrato si instaura una perfetta intesa e fiducia. Sono amici. Riccio deve continuamente far fronte all’ostruzionismo (incomprensibile?) di colleghi e superiori del Ros, come il colonnello Mori, gli ufficiali De Donno, il capitano De Caprio "Ultimo" (nome in codice), Obinu. Sono queste figure a prendere decisioni incredibili, come la mancata perquisizione al covo di Riina in seguito al suo arresto, perquisizione avvenuta appena 18 giorni dopo; la non volontà di individuare il casolare dove vive latitante Provenzano per arrestarlo, a Mezzojuso presso Palermo, nonostante le precise informazioni fornite da Ilardo. I militari saranno inquisiti ma assolti, i fatti a loro imputati non vengono considerati reato.
Molte pagine dell’inchiesta sono dedicate a Berlusconi e Dell’Utri, alla nascita di Fininvest e Forza Italia. Alle televisioni del cavaliere arrivavano fiumi di denaro, la cui provenienza ancora oggi è oscura. La mafia catanese esigeva l’utilizzazione dei suoi canali televisivi, minacciando ritorsioni contro uno dei suoi figli in caso contrario.
Provenzano ha goduto indisturbato di 43 anni di latitanza. Perché?
Anche il Psi sembra essere colluso con la mafia già dal 1985, nell’attentato al giudice Carlo Palermo, rimasto illeso, mentre una ragazza e i suoi due figli gemelli di sei anni, presenti casualmente sul luogo, purtroppo morirono in quella tragica circostanza. Biondo e Ranucci riportano che, secondo le informazioni in possesso di “Oriente”, l’attentato avvenne
Su richiesta dei vertici del Psi.
L’infiltrato inquadra la morte di Falcone nella strategia che vuole impedire l’ascesa di Andreotti al Quirinale.
La morte di Borsellino segue quella dell’amico giudice; eroica la sua volontà di continuarne l’opera e contrastare il patto scellerato. Conosceva la sua sorte inevitabile.
La famiglia per dignità rifiutò i funerali di Stato. Il giallo della sua agenda rossa scomparsa subito dopo l’eccidio, in cui annotava i segreti del lavoro indefesso, forse non sarà mai risolto.
È morale “coabitare” con gli assassini, tollerare l’esisitenza dei più moderati in modo che non uccidano? Si chiedono gli autori. No, non è morale, rispondono. Significa accettare due Italie, due stati nello stato.
Luigi Ilardo muore a Catania il 10 maggio 1996, assassinato con otto colpi di pistola, sparati da due “picciotti” in moto.
Stava per diventare ufficialmente collaboratore di giustizia, cambiare identità, vivere pacificamente sotto copertura con la sua famiglia.
Muore tradito da una talpa istituzionale, il cui obiettivo era evitare che l’infiltrato potesse mettere a verbale le rivelazioni fatte al tenente colonnello Riccio.
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