Memorie di un pazzo
- Autore: Nikolaj Vasil’evic Gogol’
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2024
La mente umana è sempre stata oggetto di grande interesse per gli scienziati, ma anche per gli scrittori e la ricerca di possibili risposte ai molteplici interrogativi che essa pone, incuriosisce e appassiona l’uomo contemporaneo, compresi i lettori. La forza della letteratura rispetto alla scienza in merito a questo tema e a molti altri, è quella però di non avere nessuna pretesa di fornire risposte, ma piuttosto quella di porre domande che consentano di aprire prospettive nuove e il più ampie possibili sull’argomento trattato.
In questo senso si colloca questo racconto in forma di diario di Nikolaj Gogol’, uno dei grandi nomi della letteratura russa, ma anche di quella mondiale di ogni epoca, intitolato Memorie di un pazzo (Adelphi, 2024, traduzione di Serena Vitale).
Confesso che da qualche tempo ho cominciato a vedere e sentire cose che nessuno ha mai visto e sentito.
Questa è la frase forse più significativa dell’intero racconto scritto,trattandosi di un diario, in prima persona e che narra le vicende vissute in un arco di tempo di alcuni mesi da Aksentij Ivanović Popriščin, funzionario, per essere precisi consigliere titolare, presso un ministero a Pietroburgo, l’odierna San Pietroburgo, allora capitale dell’Impero zarista, nell’Ottocento.
Il protagonista di questa vicenda sogna di poter salire di grado, dato che il suo non è molto alto, nella scala gerarchica della sua professione e di conseguenza in quella sociale, acquistando in tal modo maggior prestigio e benefici economici. A tale ambizione si affianca quello di poter sposare Sophie, la giovane figlia del direttore, presso la cui casa si reca una volta la settimana per arrotondare il suo stipendio, con il compito di temperare le piume d’oca,con le quali si scriveva a quell’epoca, mansione riservata a persone con un’abilità professionale specifica in tal senso. Il protagonista al contrario di altri personaggi che Gogol’ presenta ai suoi lettori in altri suoi racconti, anche nei più celebri come Il cappotto, non risulta affatto simpatico e si fa fatica per gran parte della narrazione a empatizzare con lui.
Presuntuoso, nervoso, irascibile con il prossimo, impacciato nei modi e permaloso, appare fin da subito una sorta di antieroe, ma egli non suscita alcuna compassione dal momento che invece è convinto di essere bravo in molte cose e anzi si ritiene spesso addirittura superiore agli altri. Critica e sbeffeggia ad esempio la sua domestica finlandese Marva, che a suo parere non sa fare bene il suo lavoro, semplicemente perché non fa le cose che fanno comodo a lui. Proprio questa sua arroganza e questo suo egocentrismo, lo portano di fatto ad isolarsi dalla società. Infatti a parte il suo lavoro, egli sembra condurre un’ esistenza alquanto solitaria, povera di relazioni interpersonali e anche di interessi specifici.
Sotto questo aspetto l’accostamento con la figura di Akakij Akakievič Basmackin, protagonista de Il cappotto, appare molto appropriato. Egli si concede qualche passeggiata per le strade di Pietroburgo, la lettura di qualche giornale e la partecipazione a qualche spettacolo teatrale, perlopiù commedie di modesto spessore. La sua vita cambia un giorno di ottobre di un imprecisato anno in cui vede scendere dalla carrozza del direttore, ferma davanti a un negozio, la figlia di quest’ultimo, Sophie, durante una passeggiata mattutina in un giorno di pioggia in cui il protagonista ha deciso di non recarsi al lavoro. La vede entrare e decide di attendere che lei esca per poi seguirla.
Nell’attesa nota che la cagnolina della ragazza, di nome Meggy, non è riuscita a fare in tempo a infilarsi nel negozio prima che si chiudesse la porta.
Poco dopo sopraggiungono due signore, una anziana e l’altra più giovane che portano con loro un’altra cagnolina. Subito a Popriščin pare di sentire l’inizio di un’improbabile conversazione tra i due cani, come se fossero due esseri umani, ed egli con il passare dei minuti si convince sempre più della possibilità concreta che tale dialogo avvenga realmente, citando nelle sue memorie assurdi fatti letti non si sa bene, come quello relativo delle mucche che comprano del tè o dei pesci in grado di parlare a sostegno di tale tesi.
Come se non bastasse, arriva addirittura a immaginare che esista un carteggio segreto tra le due cagnoline e decide di recarsi a casa del direttore per potersene impossessare e scoprire qualcosa di più sui pensieri e sulle intenzioni della sua amata Sophie. La sua imminente discesa nella più totale follia è ormai prossima e dopo essersi convinto che la ragazza lo disprezzi,quel che è certo comunque è che non lo ricambia, dal momento che un altro uomo che frequenta la casa del direttore è oggetto di evidenti attenzioni da parte di lei, Popriščin sembra spostare l’attenzione verso altri affari di poltica internazionale. Il suo scopo è quella di raggiungere quel prestigio sociale che non ha e che genera sempre più in lui un senso di manifesta frustrazione. Arriva così nei mesi seguenti a credere di essere addirittura il sovrano di Spagna, successore di Ferdinando VII, il cui trono è rimasto momentaneamente vacante come legge su di un giornale e si autoproclama re con il nome di Ferdinando VIII, decidendo di ribellarsi a ogni sorta di ordine impostogli dai suoi superiori sul lavoro fino a scegliere di licenziarsi.
Testimonianza evidente della sua ormai evidente follia anche le datazioni del suo diario che riportano mesi dai nomi improponibili.
L’ultima parte del racconto passa dal tono umoristico e grottesco a quello drammatico, con la chiusura del protagonista in manicomio dove subisce umiliazioni e punizioni corporali che finalmente fanno provare al lettore compassione per lui e per la sua triste sorte. Il finale viene descritto già nella parte introduttiva all’opera e nella trama presente nel volume stesso, pertanto si può anche anticiparlo. Non è infatti tanto importante quello che accade nella parte conclusiva della storia, che in qualche modo il lettore può prevedere, considerando le rigide regole della Russia durante il periodo dell’Impero zarista, quanto il modo in cui l’autore ci conduce al finale.
Molti studiosi hanno considerato questo racconto di Gogol’ un ottimo testo per ritrarre in modo veritiero alcune patologie psichiche come un principio di schizofrenia descritto dall’autore e delle allucinazioni uditive, come quelle che portano il protagonista a credere di sentire la conversazione tra i due cani.
Di certo Nikolaj Gogol’ nonostante l’epoca in cui è vissuto, sembra avesse già una buona conoscenza della materia, probabilmente anche per esperienza diretta, anche se non è dato sapere esattamente in quale forma.
Memorie di un pazzo fa parte di una raccolta di tre racconti intitolata in origine Arabeschi e pubblicata per la prima volta in Russia nel 1835 con il titolo originale di Zapiski Sumasšedšego letteralmente Appunti di un pazzo. Alla fine dell’Ottocento il critico letterario russo Vladimir Sernok, decide di raggruppare questi racconti insieme a Il cappotto e Il naso in un’unica raccolta e di intitolarla Racconti di Pietroburgo nome con la quale diventerà celebre. Questi racconti continuano comunque ancora oggi a esistere in forma propria, sia in lingua originale, sia nelle varie traduzioni compresa quella italiana, a conferma della loro specificità, pur avendo degli aspetti comuni.
Memorie di un pazzo è stato pubblicato in una nuova traduzione italiana, curata da Serena Vitale, nel 2024 da Adelphi, nella collana “Piccola Biblioteca Adelphi”.
Davvero ottima la traduzione e la cura di tutto questo libro che comprende oltre che un’introduzione della stessa Serena Vitale con note alla fine del testo, anche due frammenti di una pièce teatrale incompiuta scritta da Gogol intitolata Il Vladimir di terzo grado che comprende cinque parti, della quale solo i primi due frammenti "La mattina di un uomo indaffarato" e "La causa" sono giunti fino a noi.
La traduttrice spiega che senza l’esistenza di questo testo teatrale, anche se mai completato dall’autore, non sarebbe mai nato il racconto Memorie di un pazzo, che a tale pièce è direttamente collegato.
Si tratta di un’opera nella quale pur nei suoi aspetti a tratti comici e grotteschi, l’elemento drammatico tende a prender il sopravvento nel corso della narrazione e anche il finale amaro contribuisce a renderlo piuttosto diverso rispetto ad altri testi di Gogol. Il riferimento alla depressione, alla mancanza di accettazione del proprio stato e condizione sociale, la difficoltà a essere accettato in una società fatta di aspetti formali e burocratici poco incline a tener conti dell’unicità di ogni essere umano, sono temi di grande attualità.
Proprio nello stile dei grandi classici che, parafrasando Italo Calvino, sono tali perché "non finiscono mai di dire quello che hanno da dire" e in questo sta la grandezza di questo racconto. Meno spassoso e divertente di altri, se non nella parte iniziale, questo testo di Gogol ha di certo al suo interno contiene al suo interno le caratteristiche e i temi tipici delle narrazioni di questo grandissimo autore come la solitudine dell’uomo contemporaneo, schiacciato dal peso dell’aspettative che la società ha su di lui e dalla sfrenata competizione sulla quale essa è basata, le ingiustizie sociali che spesso la vita riserva a ciascuno di noi,ma anche la fragilità delle persone più sensibili, incapaci di sopportare il peso di tali problemi.
Proprio queste difficoltà, anziché essere uno stimolo per alcuni individui, conducono essi verso la mediocrità di certi atteggiamenti o scelte,o come nel caso di Popriščin, addirittura alla follia.
Il racconto è essenzialmente incentrato sul protagonista, non solo perché narrato in prima persona e quindi essendo tutta la vicenda mostrata dal suo punto di vista, ma anche perché gli altri personaggi sembrano volutamente essere di contorno e anche in questo l’analogia con Il cappotto appare evidente.
L’autore infatti dà l’impressione di volerli utilizzare più come bersaglio o oggetto del desiderio di Popriscin, come per esempio per Sophie, piuttosto che scegliere di caratterizzarli con efficacia, in quanto essi incarnano un modello sociale del periodo storico in cui è ambientata la storia. Popriščin è invece un personaggio a tutto tondo e lontano da quegli stereotipi ricorrenti nei soggetti descritti in alcune vicende inclini alla follia.
La complessità della sua personalità è sinonimo di un’unicità dell’individuo che Gogol sa riconoscere e raccontare con dovizia di particolari, pur nell’amara constatazione della mediocrità e delle miserie che l’essere umano può esprimere nel corso della sua esistenza.
Pochi forse sanno, e qui si giunge ad un aspetto essenziale della vita e della concezione che di essa aveva Nikolaj Gogol, quale sia stata la causa della morte di questo grandissimo scrittore: l’inedia.
Nikolaj Vasil’evič Gogol’-Janovskij (1809- 1852) in seguito alla sua conversione alla fede cattolica, ha incontrato grandi difficoltà a mettere in pratica gli insegnamenti e i dettami religiosi che invitano i cristiani ad amare il prossimo senza riserve. La scoperta delle debolezze, dei limiti, dei difetti degli esseri umani, capaci di assumere comportamenti difficilmente accettabili e tollerabili, lo portava a cadere in contraddizione nell’applicazione del comandamento dell’amore portando a criticare, a provare antipatia, o persino avversione in certi casi, per le persone che incontrava nella sua vita.
La pratica di lunghi digiuni per cercare di adempiere i suoi doveri religiosi e al contempo uno stato depressivo dovuto alla difficoltà ad accettare una realtà della vita più complessa nelle sue dinamiche di quanto egli avrebbe voluto,lo hanno portato a lasciarsi andare, trascurando l’alimentazione e la sua salute.
Considerato un precursore del realismo magico, Nikolaj Gogol’ riesce anche in questo racconto a coniugare in maniera magistrale la sua esperienza di vita, l’elemento autobiografico e quello fantastico. La sua narrazione ha uno stile unico, inconfondibile, fatto di atmosfere, di descrizione sapiente dell’animo umano che porta il lettore a essere affascinato dai personaggi descritti anche quando non ne condivide le scelte, e di vicende che sono straordinarie pur nella loro apparente semplicità, grazie alla forza della dimensione spirituale sempre presente e all’elemento magico che risulta comunque verosimile nella sua collocazione all’interno della storia.
Pur non essendo forse uno dei suoi racconti migliori, in Memorie di un pazzo Nikolaj Gogol’ conferma la sua bravura di scrittore capace di raccontare la vita e le vicende umane con una forza evocativa delle immagini descritte, una sapienza narrativa e un’originalità della trama che solo i grandissimi autori sanno avere. Questo lo rende immortale al pari delle sue storie davvero fantastiche.
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