Lucy davanti al mare
- Autore: Elizabeth Strout
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2024
Elizabeth Strout ci regala un altro gioiello, il suo ultimo romanzo Lucy davanti al mare (Einaudi, 2024, trad. it. di Susanna Basso), che dà voce alla scrittrice Lucy Barton, alter ego che cresce, invecchia, si misura con l’esistenza e ne affronta tutte le evenienze, le incognite, i momenti di scoraggiamento e quelli di felicità.
Siamo a New York all’inizio della pandemia di Covid: Lucy per una strana premonizione ha disdetto il suo tour in Europa per la presentazione del suo ultimo libro, quando il suo ex marito e padre delle sue figlie, William, uno scienziato parassitologo, la cerca intimandole di preparare un piccolo bagaglio perché devono assolutamente lasciare la città, che sarà presto investita da un contagio di cui lei non ha proprio idea:
Non avevo mai pensato che potesse arrivare a New York. William sì, invece.
Si stabiliranno per qualche tempo in Maine, dove, nella cittadina di fantasia, Crosby, vicino al mare, si installeranno in una casa che un amico mette loro a disposizione. Lucy ha perso da poco il secondo marito, David, un violoncellista della Philarmonic Orchestra, che rimpiange. William si è separato da Estelle, la madre di Bridget, ma in Maine ha una sorellastra, Lois, di cui ha appreso l’esistenza da poco.
Le due figlie della coppia, Chrissy e Becka, vivono con i loro mariti a Brooklyn, ma il padre impone loro di trasferirsi altrove, la minaccia del contagio è troppo forte e invasiva.
Comincia così per Lucy questo imprevisto lockdown, che la vede isolata, in un luogo al Nord, freddissimo - dove le coperte non bastano mai - e abbastanza inospitale: pochi giorni dopo il loro arrivo, compare sul vetro dell’auto un cartello minaccioso che intima di sloggiare ai Newyorkesi considerati quasi degli untori.
William e Lucy dormono in camere separate, lui cammina molto, fa la spesa e cucina, lei invece vive una sorta di pigrizia depressiva, non le va di leggere né di scrivere; i suoi contatti con l’esterno avvengono per telefono, e così apprende che una cara amica è morta, che sua sorella Vicky si è legata a una setta religiosa e non osserva le precauzioni contro il contagio, né crede ai vaccini che si annunciano.
Nella desolazione della vita senza amici incontra una infermiera simpatica, Charlene Bibber, che lavora in una casa di riposo dove vive anche Olive Kitteridge, che ben ricordiamo. Come ricordiamo anche Bob Burgess, altro personaggio creato dalla Strout, che qui si propone come un amico fedele e fidato, nelle lunghe chiacchierate passeggiando sulla costa.
Il fascino della scrittura di questa autrice straordinaria sta nella capacità di unire la banalità del quotidiano con i temi fondanti delle nostre esistenze: sottolineo “nostre”, perché Elizabeth Strout ci mette a parte dei suoi problemi familiari, coniugali, affettivi, relazionali con una nitidezza capace di farci rispecchiare, come in una grande lente, che abbraccia la sensibilità di noi tutti che la leggiamo, uomini e donne, genitori e figli, mariti e amanti.
Con lei viviamo - o riviviamo - il lutto e la perdita, l’incontro casuale con persone nuove, il rapporto inquietante con un marito, lasciato e ritrovato, forse riscoperto.
E ancora la relazione difficile con le due figlie, alle quali deve rivelare i suoi segreti più intimi, mentre anche loro si dispongono ad affrontare momenti difficili del loro matrimonio.
La scrittura di Strout procede per brevi paragrafi, con continue interruzioni, cambi d’argomento, suggestioni di diverso tono. L’incedere del tempo, la comparsa di sintomi d’invecchiamento:
Ho cominciato a pensare che c’era qualcosa che non andava nella mia testa. Non riuscivo a ricordare le cose. Cominciavo una frase ma poi non sapevo cosa volevo arrivare a dire. Bob diceva: -Succede anche a me. Credo sia l’effetto-lockdown.
Ci raccontano una sensibilità diffusa che ci ha attanagliato durante i mesi di lontananza e di paura, quando non sapevamo nulla di quanto stava accadendo mentre intorno a noi si ammalavano e morivano amici e persone care.
Nei mesi del confinamento Lucy Barton invoca spesso la madre, vera o creata dalla sua fantasia, con la quale non aveva avuto un bel rapporto, rimpiange il marito David, sa che William è una roccia su cui può appoggiarsi, “Come se fosse l’ultimo essere umano rimasto sulla Terra”, anche se forse non lo ha capito completamente.
Tante sfumature, molti rimandi ai suoi romanzi precedenti, come se la scrittrice stesse costruendo una sorta di biografia di tutte le parti della sua coscienza di donna, di madre, di moglie, di artista ormai decisamente matura.
In un’America dove il pericolo razzista è sempre più forte, dove i fedeli di Trump hanno assaltato il Campidoglio minacciando la democrazia, con una pandemia spaventosa che ha causato milioni di morti, la voce di Lucy si alza come un lamento, “Mamma, ho paura”, ma pronta a spendersi per l’amore, in tutte le sue forme inattese e meno convenzionali, quello che può aiutare tutti noi a salvarsi.
Lucy davanti al mare
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Lucy davanti al mare
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