Il prigioniero della notte
- Autore: Federico Inverni
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Corbaccio
- Anno di pubblicazione: 2016
Il “fattore di scarto” quello spiegherà tutto
A Federico Inverni, 40 anni, italiano, piace raccontare storie e ascoltarle. Ma Federico Inverni non esiste, è lo pseudonimo dietro il quale si nasconde uno scrittore all’esordio, che ama le storie, di qualunque provenienza, qualunque tipo, specialmente se tenebrose e capaci di scavare a fondo nell’animo umano, come quella che sviluppa con indubbia abilità nello psicothriller nero che più non si potrebbe “Il prigioniero della notte”, un vero Top thriller (Corbaccio, marzo 2016, 476 pagine 16,90 euro).
L’autore è in maschera, schermato da un avatar, per due ragioni fa sapere, una molto personale e riservata, inutile insistere, l’altra è una sfida: vuoi vedere che un romanzo riesce a camminare con le sue gambe, senza il peso di un “nome” in copertina?
Chi cammina – e a quanto pare andranno lontano, visto come sono ben costruiti - sono i due personaggi principali, un uomo e una donna, figure complesse e turbate, quasi autistiche, per quanto piene di difetti evidenti – più Lucas di Anna, per la verità - ma mentalmente geniali.
Tutto accade, quasi sempre di notte, in un paio di giorni e in una città immaginaria, uguale a tante altre vere. Haven è grande e affollata, ma con una percentuale di delitti per abitante molto bassa. Si commettono per lo più reati contro il patrimonio, truffe finanziarie, mai imprese criminali spettacolari o un caso da prima pagina. Federico Inverni o chi sta dietro di lui lo ha appena accennato, che la tranquilla metropoli cambia volto. In centro, un tiratore scelto ammazza a caso i passanti e in periferia un serial killer sequestra e uccide ragazze.
Il primo evento chiama in causa Lucas. Un uomo, minacciando di uccidere chiunque passi sotto tiro, lo attrae col ricatto in un appartamento, dal quale ha sparato contro un pullman, scatenando un macello. Perché, cosa vuoi da me, io non ti conosco, gli dice, al primo contatto telefonico, forse, ma io conosco te, è la risposta). Risultato: lo sconosciuto ferisce gravemente il collega e amico Martin e lo colpisce. Poi, stranamente, lo forza a impugnare la pistola e si fa sparare in faccia. Una specie di suicidio procurato.
Nel Dipartimento di Polizia, Lucas è un fantasma. Lineamenti regolari, fronte alta, capelli corti sale e pepe, occhi verde scuro, smarriti. Pochi tra i colleghi sanno cosa faccia (Martin svolgeva bene il compito di filtro) è un solitario, un individualista, una specie di automa, con capacità non comuni e uno spiccatissimo fiuto investigativo.
Anna Wayne, agente speciale, psicologa e profiler è un tantino più normale, ma per niente ordinaria, come si capisce subito, incontrandola nei capitoli in cui si alternano le vicende dell’uno e dell’altra. Quando è in campo la ragazza, il racconto è in prima persona, in soggettiva. Dove agisce il detective, è condotto invece classicamente in terza persona.
I due si uniscono presto, quando Anna contatta intenzionalmente il genio investigativo per venire a capo della condotta criminale di un poco di buono, che ha fatto trovare su un prato il cadavere intatto di una ventenne. È il quarto, in nemmeno due mesi e sono trovate sempre composte, l’espressione del volto non disfatta, accuratamente lavate, senza segni di lesioni fisiche o di violenza sessuale. La causa di morte e avvelenamento e tutte hanno un bocciolo di tulipano in bocca.
Anna conosce Lucas solo di fama, ma lo ha voluto accanto a sé per risolvere quei casi. E la mente geniale del detective elabora in fretta: l’assassino rapisce una vittima, manda una foto da un internet point, creando un indirizzo mail che cancella subito. Tiene sedata la malcapitata un paio di settimane, poi la uccide e quattro ore dopo dispone di un’altra. Tutto accuratamente programmato. Quindi ora ha preso una nuova ragazza o avrebbe già dovuto farlo. Ma l’ultima l’ha trattenuta una sola settimana. Era difettata, cosa non andava?
E c’è un altro fattore di scarto, secondo il quasi spettrale investigatore: proprio il caso del cecchino, quell’episodio che lo ha tanto coinvolto.
È comunque difficile, tanto da non doverci nemmeno provare, spiegare perché questo romanzo tanto yankee (aspetto sottolineato dall’autore stesso nell’ambientazione e nell’uso di nomi e termini nordamericani, profiler detective ecc…) sia tanto originale e si elevi di una spanna sulla media. Occorrerà leggere fino in fondo, perché si fa presto a dire i protagonisti dovranno fare i conti con il proprio passato, come si usa in questi casi. Bisogna scoprire cosa abbia segnato tanto profondamente Lucas ed Anna, a suo tempo. È proprio lì che sta l’originalità di questo thriller total black, la marcia in più.
Il prigioniero della notte
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Ho, volutamente, evitato di leggere la recensione del libro, Il prigioniero della notte di Federico Inverni, prima di averlo letto io stessa, forse per avere una doppia interpretazione.
La recensione di Laudadio è perfettamente in sintonia con il mio giudizio, un romanzo tutt’altro che scontato e non solo per il finale, ma, per il contenuto mai banale.
Si avverte, da parte dell’autore, il coinvolgimento personale, accurato nelle descrizioni e nel tratteggio dei personaggi.
Un autore italiano di grande capacità descrittiva, spero, che a questo suo romanzo d’esordio, ne seguano altri.