Il segno del ritorno
- Autore: Renzo Caramaschi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2014
La storia di due uomini, due bravi uomini travolti dalla storia
Herbert Prugger non possiede nulla, se non la salute, tanta forza e buona volontà. Soprattutto, non vuole morire di speranze e vita grama come il padre, semplice servo agricolo. Con l’aiuto del curato – sono quasi coetanei – ottiene dal vescovo di Bressanone un ripido pendio in affitto, per coltivarlo da contadino, in autonomia. Prima gli tocca disboscarlo, per renderlo adatto alla semina e con i tronchi, costruisce una solida costruzione, un maso, per sé e la moglie Elisabeth. In Valle Aurina, nel Tirolo meridionale: è lì che vivono e lavorano duro, per pagare le rendite a Sua Eccellenza. È il 1519, grandi eventi stanno per verificarsi anche in quell’angolo del mondo. Sono raccontati nel romanzo storico del bolzanino Renzo Caramaschi “Il segno del ritorno”, edito da Mursia, 248 pagine 17 euro.
Tempi difficili. Molte abitazioni rurali della contea montana racchiudono solo paura e povertà, ma Prugger è forte. Quella terra è dura da domare, però lui riesce a bandirla con saggezza ed equilibrio, soprattutto ci mette muscoli e lavoro.
In paese e nei dintorni serpeggia una certa inquietudine. Dicono che molte cose dovrebbero cambiare. C’è scontento, soprattutto verso la Chiesa. Per la gente semplice è dura accettare, solo accettare e poi subire e subire ancora.
La ricchezza ai ricchi oggi, il paradiso ai poveri solo domani.
Perfino il curato pensa che Herbert abbia ragione. I Fieger, i signori del luogo, e anche il vescovo non si accontentano delle decime già pesanti che hanno imposto su un raccolto troppo spesso scarso. Vogliono alzare le imposte, per ricavare di più dalle proprietà, ma c’è inquietudine, perchè le annate di raccolto povero si stanno accumulando e cresce la protesta di contadini e minatori, costretti a lavorare duramente ormai senza margine di proventi per loro. Tutto finisce in tasse. La mediazione del buon curato in Vescovado non riesce. La situazione degenera.
Nel maso Prugger le cose cambiano. Ora Herbert ha un figlio adottivo, un adolescente, Cristoph, però ha perso la moglie, morta all’improvviso, a quarant’anni.
1526, c’è stata una rivolta contro i nobili, il clero, le tasse, la povertà. Hanno bruciato i documenti delle gabelle, ucciso gli esattori. Ma è durata pochi mesi. Herbert non ha partecipato, il curato nemmeno, eppure è stato punito per la sua indipendenza, chiuso nella cella più scomoda, fredda e malsana della Certosa. A liberarlo dall’esilio a vita nelle angustie, sono stati gli insorti che hanno assalito il convento.
In centro Europa la riforma luterana vive una fase sanguinosa, con i moti di Munster in Germania e di Zwingli in Svizzera. Nel Tirolo sono ancora attive bande armate di popolani. Ad arte, il nuovo vescovo sparge la voce che a capeggiarle nel territorio del fiume Aurino siano un prete spergiuro, evaso dalla Certosa e un eretico, un certo Hubert o forse Herbert. I loro nomi sono in una lista di canaglie che Chiesa e principe vogliono eliminare. Così, sono costretti di fatto ad unirsi ai ribelli, sei o settecento, che risalgono la Val Pusteria. Prugger più che altro osserva. Il curato è il confessore, l’estremo untore, il medico dei combattenti di ogni parte in lotta. Ma ora muove un forte esercito di contro di loro, comandato da un condottiero capace, Georg von Frunsdberg. Professionisti della guerra e della violenza, mercenari lanzichenecchi.
Quasi cinquecento anni dopo, qualcuno, risalendo la Valle Aurina apprenderà dell’atto di revoca di un maso e di un terreno alla famiglia Prugger, non si sa bene perchè. Quel visitatore avrà ritrovato con commozione se stesso e i suoi antenati. E in una vecchia scatola avrà ritrovato il segno del ritorno, un oggetto semplice e raro, di fattura mirabile, realizzato a regola d’arte mezzo millennio prima e custodito gelosamente.
Il segno del ritorno
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