Il terzo scimpanzé
- Autore: Jared Diamond
- Genere: Scienza
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Bollati Boringhieri
Nell’anno in cui il premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia è stato assegnato a Svante Pääbo per le sue scoperte innovative nel campo della paleogenetica e dell’evoluzione umana, è alquanto inusuale osservare come in Italia la disciplina antropologica venga sempre considerata marginale all’interno del panorama accademico italiano, soprattutto all’interno dei percorsi di medicina e biologia. Altrove l’antropologia fisica, la branca delle scienze che studia l’uomo e la sua evoluzione dal punto di vista biologico, viene infatti insegnata da anni all’interno di questi corsi di studi: in paesi come la Francia, la Germania e l’Inghilterra, gli studenti vengono sottoposti alla complessa storia e alla grande diversità che è insita all’interno del genere umano. Le ultime scoperte legate alla farmacogenetica - utili per identificare i bisogni specifici degli individui legati all’ereditarietà nell’azione dei farmaci - non fanno che confermare questo dato, rafforzando l’opinione di coloro che guardano allo studio di questa disciplina come prerequisito di base per qualunque scienziato voglia definirsi biologo, naturalista o medico.
Bisogna sottolineare però un fatto positivo, collegato alla premiazione di Pääbo di quest’anno: da anni l’editoria saggistica italiana ha difatti tentato di contrastare il forte disinteresse che sembra aver maturato anche il pubblico di lettori nei confronti dell’antropologia fisica e lo ha fatto cercando di riempire gli scaffali delle librerie non solo con le opere degli antropologi nostrani, che meritano un plauso per il loro sforzo e per essersi sforzati di compiere ricerche dal respiro internazionale, ma anche con le traduzioni delle migliori opere disponibili sul mercato, che nel tempo si sono rivelate profetiche o fondamentali, come la stessa autobiografia di Pääbo – L’uomo di Neanderthal, Einaudi editore – che nelle ultime settimane è salita ai vertici delle Top Ten saggistiche librarie, proprio per la celebrità che ora dispone il suo autore.
Jared Diamond e l’origine animale della nostra specie
Esiste però un autore di saggi molto amato in Italia, che agli esordi del suo lavoro come saggista e ben prima del Pulitzer che lo avrebbe reso famoso ha parlato dell’origine animale della nostra specie in maniera alquanto elegante ed innovativa, riuscendo ad attraversare l’epoca in cui la sua opera è stata scritta.
L’autore è Jared Diamond e il suo Il terzo scimpanzé (edizione originale: 1991; prima edizione italiana Bollati Boringhieri, 1994, trad. di Libero Sosio) è stato probabilmente uno dei testi che negli anni ’90 hanno permesso a molti in Italia di avvicinarsi a questa disciplina, in quanto uscì in un periodo alquanto prolifico per l’antropologia fisica italiana – a cavallo dei primi studi su Ötzi, in cui partecipò lo stesso Pääbo – e per la saggistica in generale nel nostro paese. Proprio a quel periodo infatti risalgono molte delle traduzioni che ancora oggi troviamo delle opere di Lorenz, Stephen Jay Gould, Mayr e Edward O. Wilson. E a distinguersi maggiormente all’interno del panorama letterario italiano fra le “giovani” promesse della saggistica c’era proprio Diamond, che spostando la sua attenzione saggistica dal mondo degli uccelli (il buon Jared infatti come professione principale è un Ornitologo) a quella della biologia evolutiva e della geografia riuscì a catturare in pochi anni l’interesse di milioni di lettori in tutto il mondo.
Di cosa tratta Il terzo scimpanzé?
Questo saggio, a differenza di molti di quelli che verranno dopo e di quelli che erano stati scritti in passato, uno fra tutti La scimmia nuda di Desmond Morris, affronta il tema dell’evoluzione dell’uomo in maniera molto semplice, tentando di non riempire troppo la pagina con termini accademici e concetti complessi, andando a illustrare la natura animale della nostra specie tramite degli esempi concreti legati alla quotidianità di ogni giorno. Mentre per esempio Morris tentava di spiegare la fisiologia di base della nostra specie andando a descrivere il percorso evolutivo che aveva permesso alle scimmie di evolversi in qualcosa di non troppo dissimile a noi, Diamond parte da una caratteristica propriamente umana (come la presenza dei capelli, la dimensione del pene, la forma del seno, l’intelligenza artistica, i rapporti sociali, ecc) e, andando a delinearne le caratteristiche, le inserisce all’interno del contesto animale di partenza da cui deriviamo – ovvero il potenziale uomo allo stato brado, l’animale da cui noi deriviamo e da cui si è evoluta l’intera nostra cultura – per poi decostruirla alla lente della modernità e della zoologia.
Così facendo, Diamond in poche pagine riesce a compiere un doppio miracolo, ovvero quello di riuscire a convincere anche i più scettici della natura scimmiesca della nostra specie, andando a delineare una parentela che di fatto ci rende la terza specie di scimpanzé presente sulla Terra (ovviamente apparteniamo a generi diversi, ma la parentela esiste e i comportamenti delle tre specie stanno lì a dimostrarlo) e di mostrare l’uomo moderno, colmo delle sue contraddizioni culturali e tecnologiche, per quello che è sempre stato: un essere vivente costantemente legato ai suoi bisogni edonistici e intellettuali, che lo rendono sì la specie più intelligente e tragica dell’universo conosciuto, ma anche la più caparbia e bisognosa di attenzione.
Il modo con cui la nostra specie vive e gestisce il sesso è forse uno dei temi più importanti presenti all’interno dell’opera. Ancora una volta Diamond ci illustra in questo caso come la nostra morbosa considerazione del sesso sia il prodotto di un adattamento naturale alle sfide evolutive che la nostra specie ha dovuto affrontare nel corso della sua lotta per la sopravvivenza, agli inizi del percorso espansionistico che ci ha indotti ad attraversare ogni continente. Sono però i legami familiari, la struttura stessa del nostro cervello, i reperti e gli studi comparativi nei confronti delle società di bonobo (Pan paniscus) e scimpanzé (Pan troglodytes) a dimostrare nel testo come l’uomo abbia maturato un bisogno di rifiutare la propria origine, cercando di emanciparsi da una bestialità che nel corso della storia e dell’evoluzione culturale ci ha fatto (quasi) sempre ribrezzo.
Il progresso con cui noi esseri umani siamo riusciti a sollevarci dalla nostra condizione di primati della savana è stato infatti un processo naturale, che ha condannato la nostra stessa coscienza ad assumersi il compito di puntare verso alti obiettivi per garantirsi l’autoapprovvigionamento e la sopravvivenza della nostra società, ma dall’altra ha favorito l’instaurarsi del seme dell’autodistruzione all’interno del nostro modo di lottare contro noi stessi e il mondo, in particolare attraverso il genocidio e il degrado ambientale.
Diamond agli inizi degli anni Novanta è stato fra i primi a riportare questa teoria sviluppata da Simone Weil in Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale, usando parametri scientifici e dati evoluzionistici che provano quanto catastrofico è stato il nostro progresso, non solo nei confronti dell’ambiente e delle altre specie animali, ma anche per l’intera umanità.
Noi uomini moderni possiamo infatti gioire delle conquiste perpetrate nei confronti delle varie malattie e di come siamo passati dalle poche migliaia di individui di duecentomila anni fa a quasi 9 miliardi nel corso del 2022. Come però riflette Diamond, tali successi hanno anche provocato la comparsa di nuove e più letali patologie, hanno esposto l’uomo alla sovrappopolazione, alle guerre d’odio (non presenti in natura), alla ricerca spasmodica di nuove forme di credo e di droghe, in quanto il nostro cervello iper sviluppato non riesce più a redimersi dall’abuso di potenti sensazioni e di fioche o miopi speranze, che lo allontanano sempre più dalla sua origine a favore di una dipendenza culturale e tecnologica che rende l’individuo sempre più schiacciato nei confronti delle credenze, della conquista del benessere, delle grosse corporazioni sociali e del lavoro usurante.
Leggendo gli ultimi capitoli di questo saggio, viene quasi voglia di reincarnarsi nel corpo di un bonobo e si rimpiangono i tempi in cui guardavamo alle altre specie di primati e di vita intelligente come inferiori, resi consapevoli del fatto che probabilmente ad essere stupidi ben oltre il necessario - per colpa delle guerre, della cattiva gestione delle risorse e del modo con cui cerchiamo di nascondersi dietro ad un velo come l’illusione del piacere - siamo noi stessi.
Per colpa della loro stessa natura, gli ultimi e a volte mediocri primati ad essere comparsi sulla Terra hanno paura delle loro ombre e, nel tentativo di emanciparsi nei confronti della parentela animale con tutte le altre forme viventi, compiono autolesionismo in un perverso gioco dell’oca, che ci riporterà un giorno a voler rivivere le esperienze più genuine e autentiche, legate alla storia del nostro passato.
Diamond immagina perfettamente nel corso dell’ultimo capitolo del libro la sorte della nostra specie e le ultime pagine sono esse stesse un monito, soprattutto oggi, trentadue anni dopo la prima pubblicazione dell’opera.
In questo lasso di tempo, la nostra esperienza infatti si è arricchita di ulteriori catastrofi e di turpi tecnologie che promettono di controllare lo sviluppo sociale e cognitivo dell’uomo. Leggere Il terzo scimpanzé oggi penso infatti che sia ancora più rilevante rispetto al ’91, proprio perché l’uomo è ancora più disabituato a riconoscere la propria mortalità. Per molti potrebbe perfino essere una lettura pesante, poiché spesso a causa della nostra cultura materialistica molti soggetti tendono a voler rifiutare l’origine biologica dei loro comportamenti, delle loro pulsioni e delle più segrete paure.
Diamond in questo testo comincia a delineare un quadro molto chiaro e pessimista del genere umano e i libri che scriverà successivamente (Armi, acciaio e malattie, ma anche Collasso o Crisi) andranno ad approfondire alcuni dei temi in questo libro accennati, mostrando come nel corso delle nascite come del crollo degli Imperi ci siano tutti gli indizi per comprendere appieno la tragicità evolutiva della nostra specie, confusa sul proprio passato, ma costantemente terrorizzata e rivolta verso il futuro.
Il terzo scimpanzé: Ascesa e caduta del primate Homo sapiens
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il terzo scimpanzé
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