Alida Airaghi è nata a Verona nel 1953 e risiede a Garda. Dopo la laurea in Lettere classiche a Milano, è vissuta e ha insegnato a Zurigo per il Ministero degli Affari Esteri dal 1978 al 1992.
Collabora a diverse riviste, quotidiani e blog italiani e svizzeri.
Tra i suoi volumi di poesie: Il silenzio e le voci (Nomos, 2011), Elegie del risveglio (Sigismundus, 2016), Omaggi (Einaudi, 2017) e L’attesa (Marco Saya editore, 2018). In prosa ha pubblicato tre libri di racconti e due romanzi brevi.
Torna ora in libreria con Consacrazione dell’istante (AnimaMundi, 2022).
- Buongiorno Alida, grazie della disponibilità. Le poesie contenute in Consacrazione dell’istante sono molto belle. Lei ha scritto già molti libri. Le chiedo com’è possibile calcolare il giusto equilibrio in poesia, com’è possibile individuare il migliore numero di poesie, senza che il lettore sia poi saturo di parole e senza la sensazione che sia rimasto qualcosa di improvvisato.
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È vero: ho pubblicato diversi libri di poesia, dal 1984 a oggi, e alcuni di narrativa, più moltissime recensioni. Questo ultimo volume è stato meditato e rielaborato nell’arco di dieci anni. La poesia, rispetto ad altre espressioni letterarie, è di per sé concisa, stringente, condensata. Dovrebbe tendere a ottenere il massimo di significato con il minimo possibile di parole (come hanno scritto in tanti, da Pound a Ungaretti a Simone Weil), caricando di sensi molteplici anche un solo termine. Deve essere evocativa, come suono e come pensiero: mentre la prosa tende a spiegare e a spiegarsi.
- Come si presenta un libro di poesia? Come si può rispondere all’interesse momentaneo di un astante di passaggio? Sempre che lei abbia fatto delle presentazioni dei suoi libri.
Non ho mai fatto una presentazione di un mio libro, né una lettura dei miei versi in pubblico. Non partecipo a festival, o a premi letterari, né ho mai risposto a interviste radiofoniche, per una mia reale difficoltà emotiva ad affrontare qualsiasi evento che comporti un rapporto diretto con più persone. Immagino che le mie esitazioni espressive creerebbero imbarazzo in chi mi ascolta. Meglio evitare…
- In un mondo come quello attuale, sempre più insensato, crudele e bisognoso di aiuto, che ruolo può avere la poesia? Come può la poesia comunicare l’attesa e la paura?
La poesia non serve a nulla, nell’immediato, non ha e non dovrebbe avere scopi concreti di convinzione, proselitismo, o porsi obiettivi di successo. È semplicemente una proposta fatta a chi la voglia accogliere: l’offerta di una sensazione, di una riflessione, scritta seguendo regole formali, di metrica, ritmo, musicalità, possibilmente con un certo spessore di originalità nel contenuto.
- Ci sono parole che piacciono più di altre. Nel mio caso tra le parole che mi piacciono o mi sgomentano c’è "irredimibile". Stranamente ne parla nella postfazione anche il critico letterario Dino Villatico. Io la trovo una parola senza speranza, che però contiene anche un’attesa. Come si scelgono le parole in una poesia?
Credo di aver usato questo aggettivo riferendomi al dolore. Sono convinta che un grande dolore, e forse anche un grande amore, non possa essere redimibile, giustificabile, riscattabile. Deve essere accettato, persino nella sua inspiegabile, irragionevole sofferenza.
- Villatico parla di metrica e di un uso condiviso del costrutto poetico, ben diverso da quello degli "acapisti", ossia coloro che ritengono di scrivere poesia solo perché vanno molto a capo. Come ci si difende dal dilettantismo? Dai "poeti della domenica"?
Tutti hanno diritto di scrivere, e se vogliono, di pubblicare. Nessuno però può pretendere di essere apprezzato, o premiato, indipendentemente dalla qualità della sua scrittura.
- In questo periodo siamo sommersi da parole, da troppe informazioni. Prima e ancora per un virus che ci ha cambiato la vita, poi per una guerra che non si capisce quando cesserà o se si estenderà. Come può trovare la sua autenticità la poesia, travolti come siamo dalla necessità?
Proprio grazie alla sua gratuità, alla sua inutilità. Oggi tutto ha un prezzo, una funzione, serve a qualcosa. Lasciamo che almeno la poesia non serva a niente, non abbia uno scopo effettivo. Come un bel paesaggio, una parola innocua e gentile, una sinfonia o un brano di jazz, un balletto, un dipinto.
A cosa servono? A nulla, solo a rendere un po’ più felici coloro che ne fruiscono. A farli riflettere, rallentando la frenesia di un’esistenza che non si pone domande, e trascura la bellezza.
- Nelle sue poesie c’è questa benedizione dell’istante che poi diventa altro, ma anche maledizione, perché tutto passa in fretta, da una nuvola in cielo, da un amore che sta finendo quando è ancora presente. Ci ritroviamo nel nulla. La parola Dio lei la usa pochissimo e sempre in un contesto che rimanda all’effimero. La poesia è anche una preghiera laica?
Ho intitolato il libro Consacrazione dell’istante proprio perché penso che dobbiamo saper godere, all’interno di una giornata, della meraviglia che ci viene offerta anche da un solo istante rivelatore. Tutto è effimero e transeunte, ma ogni attimo è prezioso. L’attenzione al momento che si vive è un atteggiamento profondamente religioso. Ho avuto un’infanzia e un’adolescenza quasi mistica, e anche se oggi non sono più credente, dedico molto tempo alla lettura e alla meditazione dei testi sacri. Le ultime due sezioni del volume, Nominare gli dei e Symbolum, sono dedicate all’attesa di qualche possibile intervento divino capace di salvare il mondo, e alle parole che accompagnano l’Elevazione Eucaristica, lette in un acrostico. Alcuni amici presbiteri mi hanno comunicato la loro commozione.
- Mi chiedo se riceva spesso libri dove ci sono solo parole messe in fila, libri di poesie pubblicati a pagamento da un sedicente poeta? Sa trovare anche in questi volumi cose buone, accettabili? Come si comporta da lettrice di chi cerca un giudizio?
Ricevo libri sia da editori sia da autori, con la richiesta di occuparmene. Ho cominciato a scrivere recensioni a ventidue anni, ora ne ho quasi settanta e continuo a farlo, spero con la giusta considerazione e il dovuto rispetto verso chi scrive. Mi vanto di non aver mai ricevuto un compenso economico per questa mia attività critica. Sono addolorata quando mi capita di venire aggredita con offese, anche molto volgari, da un autore che non si ritenga valutato e compreso abbastanza. Penso sia giusto incoraggiare i più giovani, gli esordienti, ma anche esercitare il diritto al rifiuto, qualora il testo non sia convincente.
- I libri di poesia, in Italia, sono letti da poche persone. Sembra quasi più facile scrivere una poesia (o presunta tale) che leggerla. Poi capita che un cantautore come Lorenzo Jovanotti scriva un libro che ha come titolo Poesie da spiaggia, dove mette insieme Saffo e Leopardi, Achmatova e tanti altri, con l’aiuto di Nicola Crocetti, e il libro diventa immediatamente un caso letterario che vende moltissimo. Come se le poesie di Leopardi scelte da un personaggio famoso diventino più belle, riconoscibili. Come se lo spiega?
Jovanotti, Ligabue, Giò Evan, Rupi Kaur, Francesco Sole, Guido Catalano hanno tutto il diritto di pubblicare quello che vogliono, con un’operazione di mercato che sia fruttuosa per loro e per gli editori. Non penso si ritengano poeti da Nobel, e se il pubblico li legge significa che li trova stimolanti. Anche una canzonetta da hit parade estiva va bene se aiuta a stare meglio. Da ragazza, sono stati i cantautori italiani ad avvicinarmi alla poesia “seria”.
- Lei collabora come me a questo sito letterario, che negli anni è cambiato molto. Anche se mi vergogno a dire che siamo colleghi, considerato che non ho scritto niente di mio e potrei scrivere piuttosto male anche degli altri scrittori. Cosa la spinge a recensire i libri di altre persone?
Né io né lei siamo Gianfranco Contini o Harold Bloom, e non pretendiamo di esserlo, suppongo. Leggiamo libri e ne scriviamo perché ci piace farlo, e in qualche modo ci gratifica, senza altre oscure motivazioni. L’importante è lavorare con onestà e impegno: lo si deve agli autori, ai lettori e alle sedi presso cui pubblichiamo.
- Credo che chi scriva di poesia debba studiare molto, prima i costrutti poetici, le variazioni di stile, le figure retoriche, il reale significato di ogni parola, ma pure i sinonimi e i contrari della stessa parola. E che debba leggere molta poesia antica, moderna e contemporanea.
Quali sono i poeti che legge, però, anche solo per diletto?
Sì, leggo molta poesia. Tutto il ’900, italiano e straniero. Eliot, Rilke, Montale, la linea lombarda, Zanzotto, la neoavanguardia, e i più giovani. Mi sembra giusto e importante riproporre nei miei articoli nomi dimenticati (Sinisgalli, Risi, Benzoni, Sovente, Romagnoli, Cattafi…). Nel libro ho reso omaggio a Carlo Betocchi, poeta generoso e delicato. Studio anche manuali di critica testuale, di composizione del verso: presumo sia un dovere per chi fa poesia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista ad Alida Airaghi, in libreria con Consacrazione dell’istante
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