Difficile non incrociare durante il proprio cammino di vita una storia raccontata da Sara Rattaro, perché prima o poi il suo mondo narrativo, calato nelle sembianze di un ospite gradito, bussa alla tua porta, e tu non puoi non aprirla. La capacità di una "penna" fluida, semplice e diretta, che sa giungere sempre al "cuore delle cose", senza cadere in luoghi comuni o in frasi fatte, e toccare da vicino e in profondità un’ampia rosa di temi importanti, sia di matrice storica, sociale e attuale, sia dal carattere propriamente "domestico" e intimistico, è ciò che contraddistingue questa prolifica autrice le cui opere sono di volta in volta preziosi ricettacoli di emozioni e riflessioni, mai banali né scontate.
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I miracoli esistono. La storia di Giorgio Perlasca è il suo ultimo romanzo per Mondadori, nel quale ripercorre l’appassionante e toccante storia di tre protagonisti, Brigitte, Alice e Giorgio, uniti dall’avverso destino contaminato dalle ombre della guerra nazista.
Un affresco di vita in grado di donare luce là dove prima regnava il buio, una legittima e coraggiosa presa di coscienza su un delicato momento storico, quello delle ingiustizie e sofferenze subite dagli ungheresi di religione ebraica, per non dimenticare mai il potere salvifico racchiuso nelle amorevoli gesta di uomini meritevoli, incarnate nelle pagine di questo libro dall’emblematica figura di Giorgio Perlasca.
“La sensazione di non avere più una vita era appoggiata su di noi come un lenzuolo.”
Si è raccontata per noi in questa piacevole intervista, dove vita e scrittura si cercano e si abbracciano, fondendosi l’una nell’altra.
- Una laurea in biologia: puoi toglierci una curiosità? Durante quel periodo di studi, o dopo tale conseguimento, si stava già manifestando la tua inclinazione verso la scrittura, un timido approccio alla narrativa?
La scrittura mi accompagna da sempre. Ero una ragazzina quando ho scoperto che scrivere mi faceva stare bene, ma non avrei mai immaginato di fare la scrittrice. Mi sembrava troppo difficile e non sapevo da che parte iniziare. Così, ho scelto di studiare qualcosa di più scientifico, cosa di cui oggi sono felicissima.
- Docente di scrittura all’Università di Genova: cosa ti lascia ogni volta vivere il mondo dell’insegnamento, cosa ricevi dai tuoi allievi e cosa ti auguri di lasciar loro nel profondo?
Insegnare mi piace molto e il rapporto con gli studenti è qualcosa di cui mi nutro. Ho tanto da imparare dal loro sguardo sul mondo e mi aiutano a non dimenticare il mio.
Cerco di trasmettere soprattutto la passione per quello che amano. Non per tutti sarà la scrittura, ma credo che confrontarsi con chi ama ciò che fa sia una grande scuola.
- La Fabbrica delle Storie, scuola di scrittura con sede a Milano, esperienza condivisa assieme a Morellini editore. Vuoi raccontarci quale mondo emerge dai racconti scritti dai partecipanti sotto la tua guida? Inoltre, rivedi in tali elaborati un tuo riflesso come persona, come donna di oggi o della ragazza di un tempo?
Avere una scuola di scrittura è sempre stato il mio sogno. L’idea di poter seguire chi coltiva il sogno della narrazione fino alla pubblicazione del suo racconto mi dà grande soddisfazione. Quando ho proposto a Mauro Morellini di aprire insieme questa scuola volevo due cose: la possibilità di trasmettere l’urgenza di scrivere che spesso vedo mancare ad altri corsi di scrittura (non basta che io ti insegni quello che so, sei tu che poi devi trovare la tua voce per farlo) e che quella scuola diventasse una seconda famiglia. Ci sono riuscita.
- Hai pubblicato con diversi e importanti marchi editoriali: cosa è mutato dentro e fuori Sara, a partire dal tuo esordio con Sulla sedia sbagliata fino a oggi? Si può rintracciare o percepire nelle storie da te narrate una sorta di “evoluzione” sia a livello puramente narrativo, formale sia dal punto di vista personale, intimo?
Certo, la mia crescita credo sia evidente. Sulla sedia sbagliata era un’intensa storia scritta da una ragazza che amava scrivere, La giusta distanza è il romanzo di una scrittrice. Sono cresciuta, ho studiato e non mi sono mai tirata indietro davanti alle sfide. Non ho paura di affrontare storie difficili o scomode, e tanto meno temo di premere sull’acceleratore delle emozioni perché questo è il mio mestiere.
- I tuoi romanzi: dai titoli pubblicati si evince una tua predisposizione all’indagine introspettiva, all’analisi dell’animo umano in tutte le sue sfaccettature. Quanto ritieni sia fondamentale che la letteratura dia voce a tutto ciò, che la scrittura diventi per te veicolo espressivo per porre riflessioni, per sollevare quesiti, per cercare una sorta di “verità” della vita?
Non c’è un’analisi antecedente alla mia scrittura. Di solito, quando incontro una storia mi accorgo che è quella giusta da raccontare perché non riesco a pensare ad altro. Ma è vero che ho sempre raccontato storie di forte impatto umano, dove una verità assoluta non esiste. Inoltre, scrivo in prima persona che è il modo migliore per scandagliare l’animo umano.
- Romanzo vs racconto: pro e contro, se ci sono, vuoi confidarceli? Sei legata maggiormente a una determinata forma espressiva? Quale fra le due ti permette di comunicare al meglio il tuo universo interiore? Ritieni che l’importanza e la forza di uno o più messaggi sottesi al testo si possa evincere ugualmente, a prescindere da una forma narrativa breve o lunga che sia?
Comprendere se una storia è adatta a essere un romanzo o un racconto fa parte del mio mestiere e la capacità di intuizione si affina con l’esperienza. Scrivere un racconto o un romanzo sono due cose molto diverse e non sempre chi è bravo a fare una cosa lo è altrettanto nel fare l’altra. Ma tutto dipende dalla storia che hai tra le mani. Un romanzo tagliato o asciugato troppo non sarà mai un buon racconto e tanto meno un racconto dilatato e allungato diventerà una grande storia da romanzo. Io preferisco raccontare storie ad ampio respiro ma mi diverto anche nelle emozioni più concentrate.
- Genesi di una tua opera: come si manifesta in te la nascita di una storia? Segue una linea o un percorso predefiniti generalmente, o può scaturire di volta in volta da una “costante” differente, per esempio, partendo da una semplice scena visiva, o da un singolo dettaglio, o dal richiamo di un ricordo o di un’atmosfera, o ancora dall’idea di un ipotetico titolo da attribuire poi in un secondo tempo?
Di solito parto da un’idea che posso aver ascoltato in giro, alla radio o al cinema. Qualche volta è solo un gesto o un dettaglio. Poi, gli lasci spazio. Ne parlo ad alta voce e leggo tutto quello che trovo sull’argomento. Se quell’idea prende forma e occupa quasi tutti i miei pensieri vuol dire che è quella giusta e la lascio crescere. Quando ho la storia completamente in testa, mi metto a scrivere.
- Verità di intenti: come autrice cosa speri di trovare o scoprire durante la stesura di una tua storia? Cosa ti auguri di poter lasciare al lettore che si affida a un tuo romanzo?
Io scrivo per emozione. Per emozionarmi e per emozionare. Poi se arrivano riflessioni, risposte o informazioni tanto meglio, ma il mio è un mestiere di intrattenimento e io non ho la presunzione di insegnare niente a nessuno.
- Un titolo “per amico”: ne esiste uno in particolare a cui sei legata di più? C’è una storia che ti ha donato davvero molto nel profondo?
Le amo tutte e così i loro titoli, ma di certo Splendi più che puoi è qualcosa che dovremmo ricordarci di dire e fare più spesso.
- Nel tempo hanno maturato un interesse per un’eventuale trasposizione cinematografica sul piccolo o grande schermo di almeno uno dei tuoi romanzi?
L’interesse da parte del cinema c’è e spero si concretizzi ma per scaramanzia preferisco non dire nulla.
Foto dal sito dell’autrice.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista alla scrittrice Sara Rattaro, in libreria con “I miracoli esistono. La storia di Giorgio Perlasca”
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