È stata inaugurata a Roma, in via Costantino 49 (Zona Basilica San Paolo), una biblioteca intitolata a Joyce Lussu, scrittrice, partigiana, poetessa e traduttrice.
La nuova biblioteca si trova nei pressi dell’ateneo di Roma Tre ed è rivolta soprattutto ai giovani e ai bambini aderenti al progetto “Nati per Leggere”.
Ma i giovanissimi conoscono Joyce Lussu? Sanno cosa ha rappresentato la scrittrice-partigiana?
Per l’occasione proponiamo un ritratto a tutto tondo di una scrittrice, ma soprattutto di una donna anti-fascista, medaglia d’argento al valor militare.
Joyce Lussu: la vita
Il suo vero nome era Gioconda Salvadori. Nacque a Firenze l’8 maggio 1912 in una famiglia di intellettuali antifascisti di origine anglo-marchigiana.
Suo padre era Guglielmo Salvadori detto “Willie”, appartenente all’antica famiglia dei conti Salvadori-Paleotti, docente di Filosofia del Diritto presso l’Università di Pisa.
Joyce era la terzogenita dopo Gladys, la maggiore, e Max, il minore. Crebbe in un ambiente intellettuale, in una casa piena di libri, studiando da privatista e svolgendo frequenti viaggi all’estero. Il padre nutriva una fiera avversione contro ogni forma di totalitarismo e firmò vari articoli, su un giornale britannico, contro Benito Mussolini.
Nel 1924, quando Joyce aveva dodici anni, Guglielmo Salvadori fu arrestato e picchiato violentemente da uno squadrone fascista. In seguito al fatto, per timore di ripercussioni più gravi, la famiglia decise di trasferirsi all’estero, dapprima in Svizzera e poi in Germania. Proprio in terra tedesca, a Heideberg, Joyce si iscrisse alla Facoltà di Filosofia, ma i suoi promettenti studi saranno troncati bruscamente dall’avvento del nazismo.
Da questo momento la sua vita prese una direzione più politica: tornata in Svizzera iniziò a militare nelle file del partito di Giustizia e Libertà, decisa a riprendersi il futuro che il totalitarismo le aveva negato. Proprio mentre militava nelle file del partito, Joyce fece l’incontro più straordinario della sua vita, quello con Emilio Lussu, colui che le apparve come un “affascinante rivoluzionario”.
Joyce Lussu e l’incontro Emilio Lussu
Joyce incontrò per la prima volta Emilio Lussu nell’autunno del 1932, quando le fu affidato un incarico speciale e imprevisto. Il fratello Max era stato arrestato e si trovava deportato sull’isola di Ponza con l’accusa di propaganda antifascista, quindi toccava proprio a lei, Joyce, consegnare un documento segreto a Emilio Lussu che all’epoca viveva in clandestinità.
Il nome di Lussu era già leggenda nell’ambiente della resistenza: era il fondatore del Partito Sardo di Liberazione e del movimento di Giustizia e Libertà.
Dopo essere stato eletto deputato, nel 1921, si era distinto come uno dei più strenui oppositori di Mussolini. Aveva alle spalle anni di carcere duro e una condanna al confino e ora viveva come profugo all’estero per timore di essere arrestato o ucciso. Joyce dovette girare in lungo e in largo per trovarlo, nascosto sotto il falso nome di Mister Mill. Ma quando si conobbero, sulle sponde del lago di Ginevra, fu subito un autentico colpo di fulmine come la stessa Joyce Lussu lo descrisse “un colpo di fulmine da romanzo dell’Ottocento”.
Non fu una storia subito a lieto fine; anzi, tempo dopo i due amanti decisero di lasciarsi. Joyce aveva soli vent’anni ed Emilio aveva ventidue anni più di lei, inoltre era malato di tubercolosi e un rivoluzionario che viveva da clandestino, di certo non poteva impegnarsi in una relazione. Nonostante la difficile separazione, la vita di Joyce continuò e lei partì alla volta dell’Africa.
Joyce Lussu e la Resistenza
Negli anni tra il 1934 e il 1939 Joyce visse in Africa, in Kenya e in Tanganica, dove lavorò come operaia nell’industria del riso. Di quel periodo africano troviamo ora testimonianza nelle sue poesie, pubblicate con il titolo Liriche con una prefazione di Benedetto Croce.
Rientrata in Europa visse in Svizzera e poi a Parigi, dove si iscrisse alla Sorbona come studentessa lavoratrice, riuscendo a concludere gli studi che il nazismo aveva interrotto. Sempre a Parigi ritrovò Emilio Lussu e stavolta non erano destinati a lasciarsi, divennero la coppia della resistenza. Nel giugno del 1940 quando Parigi subisce l’occupazione tedesca, i Lussu attuarono il loro progetto di fondare un’organizzazione di espatrio clandestino. Fuggirono a Marsiglia dove, di nascosto, falsificavano documenti di identità riuscendo a far fuggire molti antifascisti, anarchici, socialisti alla volta dell’Africa.
In quegli anni viaggiarono molto, dal Portogallo all’Inghilterra, sempre nella speranza di poter sovvertire il regime fascista in Italia tramite l’alleanza con altri paesi. Nel 1943 la coppia tornò in Italia per combattere la lotta partigiana; per Emilio Lussu si trattava del primo rientro in patria dopo quattordici anni di esilio.
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L’attività resistenziale fu un evento cardine nella vita di Joyce e il principio della sua scrittura narrativa. Attraversava le linee del fronte come corriere celandosi sotto il falso nome di “Simonetta”. Per il coraggio dimostrato nelle missioni partigiane ricevette la medaglia d’argento al valor militare.
A guerra ormai conclusa avrebbe ricordato quell’esperienza nei suoi romanzi più autobiografici come Fronti e frontiere (1944), riedito di recente da Abbot edizioni nel 2021, con una prefazione a cura di Jennifer Guerra.
E ancora L’uomo che voleva nascere donna (1976), Lotte, ricordi e altro (1992).
Alla fine della guerra Joyce avrebbe dato alla luce anche il suo unico figlio, Giovanni Lussu, nato il 6 giugno del 1944 dopo la cacciata dei nazisti da Roma, proprio come l’alba di un giorno nuovo.
Joyce Lussu scrittrice e traduttrice
Negli anni Cinquanta Joyce Lussu intensificò il proprio impegno politico, ma anche la propria attività di scrittrice e traduttrice. Fu la promotrice della sezione Unione Donne Italiane, all’interno del PSI e scrisse il saggio Donne come te, uno dei primi testi italiani sul movimento femminile.
In questo periodo conobbe a Stoccolma il poeta turco Nazim Hikmet; sarebbe stata la prima a tradurre e portare in Italia le sue poesie. Grazie all’amicizia con Hikmet, Joyce implementa la propria attività di traduttrice, occupandosi in particolare di portare in Italia poeti sconosciuti e meno noti provenienti dall’Africa, il Portogallo o l’Est Europa.
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Continuò la propria lotta partigiana aiutando, anche attraverso la letteratura, tutti i popoli oppressi dall’imperialismo. Il senso del suo lavoro di questi anni viene spiegato nel libro Tradurre poesia (1969).
Negli anni Settanta diede alle stampe numerosi saggi, tra cui Padre padrone padreterno (1976) e L’acqua del 2000 (1977), intensificando parallelamente il proprio impegno come divulgatrice della resistenza partigiana nelle scuole.
Morì a Roma nel novembre 1998, all’età di ottantasei anni.
La straordinaria vita di Joyce Lussu è ricordata nel bel libro di Silvia Ballestra, La Sibilla. Vita di Joyce Lussu, edito da Laterza nel 2022 e quest’anno finalista al Premio Strega e Campiello. Il titolo enigmatico “La Sibilla” fa riferimento alla passione di Joyce per l’antica abitante dei Monti Sibillini che fu oggetto di varie ricerche e studi da parte dell’autrice negli anni Ottanta.
In quel personaggio quasi mitologico dell’Indovina rivive tutta l’esistenza rocambolesca e, a proprio modo, rivoluzionaria di Joyce Lussu.
Recensione del libro
La Sibilla. Vita di Joyce Lussu
di Silvia Ballestra
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi è Joyce Lussu, la scrittrice-partigiana cui è stata dedicata una biblioteca a Roma
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