L’accordo. I vivi e i morti
- Autore: Paolo Scardanelli
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Carbonio editore
- Anno di pubblicazione: 2022
Paolo Scardanelli non è un autore facile, la sua prosa prevede rivoli, sperimentalismi e di contro (circon)locuzioni inusitate (prece, disparire, lumeggiare, repente). Il suo autobiografismo - se di autobiografismo si tratta – sorvola altitudini para-metafisiche come dimostra questa citazione:
Credevamo che droga e flusso libero di coscienza aprissero le porte della conoscenza, col cazzo, cara sorella. Dio solo ha le chiavi dell’oltre e le conserva gelosamente.
Quella di Scardanelli è una prosa che si nutre di contenuti espansi, nemesi di compiacimenti di tipo ombelicale.
L’accordo. I vivi e i morti (Carbonio, 2022) riprende/estende/trascende l’investigazione minima e massima sui minimi e massimi sistemi di L’Accordo. Era l’estate del 1979, occhieggiando al flusso di coscienza e all’escatologia.
Questo “Accordo n.2” è, di fatto, un accordo ideologico-ideativo mancato fra la generazione credente-progettante (anni Sessanta-Settanta) e un’attualità supina, attestata su sponde di passività e disillusione. Attraverso le speculazioni di Paolo, organico (gramscianamente organico) ai marosi come ai frangiflutti della vita, Scardanelli insiste sugli ambiti a lui propri della ricerca di senso e dell’autentico, aldilà del precariato esistenziale. Poco importa che si misuri con la classicità (Omero, Goethe), il calcio di Arrigo Sacchi o il rock di Neil Young, lo sbocco naturale del discettare fluviale di Paolo Scardanelli è intrinsecamente dialettico (tesi-antitesi-sintesi, ma spesso anche no) e L’accordo. I vivi e i morti sembrerebbe concepito apposta per misurarsi con la dicotomia cielo/terra che segna in impronta il procedere comune in questa vita.
Immaginate dunque L’accordo. I vivi e i morti come un nutrito contenitore, oltre lo scheletro narrativo, stracolmo di ridondanze interiori – stimoli-eco-amore/dolore-filosofie-prassi/teorie-reverie - mai sterili o fini a se stessi, e dunque funzionali a una trama che forse è un pretesto e/o forse no. Poco importa, poiché ciò che rimane in ultimo, tra le pagine chiare e le pagine (o)scure di I vivi e i morti, è il suo spesso grado narrativo estetico-formale.
Alla luce di ciò mi limito a rivelare della storia l’esclusiva tessitura principale. C’è Paolo che studia al Politecnico di Milano, e ci sono gli sfuggenti-ambigui anni Ottanta di sfondo. Di sfondo c’è anche Andrea, morto suicida e (auto)coscienza ispiratrice - più che fantasmatica - dei pensieri reconditi di Paolo. Una specie di contraltare interiore a una semi-vita vissuta tra studi di architettura, amicizie, musica, viaggi, ripensamenti, desideri, quant’altro…
Condivido appieno quanto ha opportunamente scritto di questo romanzo Massimo Onofri sul quotidiano Avvenire:
Romanzo metafisico, ma ad alta temperatura epistemologica, se è vero che ci restituisce anche una riflessione sulle condizioni di possibilità della memoria, dentro una ricerca che, nell’epoca dell’insensatezza, ambisca – ed è un vero scandalo – a un fondamento.
L'accordo. I vivi e i morti
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’accordo. I vivi e i morti
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