L’età del dubbio
- Autore: Andrea Camilleri
Una mattina viene trovato nel porto di Vigàta un canotto, all’interno il cadavere sfigurato di un uomo. L’ha riportato a riva un’imbarcazione di lusso, 26 metri, abitata da una disinvolta cinquantenne e da un equipaggio con qualche ombra. Proprietaria e marinai devono trattenersi a Vigàta fino alla fine dell’inchiesta sul morto (ammazzato col veleno stabilisce l’autopsia), ma intanto è proprio su di loro che Montalbano vuole indagare. Le carte di bordo parlano di continui spostamenti da un porto all’altro di mezzo mondo, e il potente motoscafo ormeggiato al suo fianco, "L’asso di cuori", non si è mosso di meno. A leggere carte nautiche e libretti di bordo collabora il tenente della capitaneria Laura Belladonna. Qualcosa di più del suo cognome, non bella, ma bellissima, di gran simpatia, allegra, la risata come una cascata di perle. Montalbano si accorge allora che questa persona potrebbe cambiare tutta la sua vita, ma per fare questo bisognerebbe mandare "via la coscienza, via ogni dubbio, via la ragione".
Questa volta il commissario - e come lui il tenente Belladonna - ha la sensazione di essere ad una svolta della propria esistenza e questa consapevolezza lo spinge a leggere dentro di sé come non ha mai fatto, con onestà e una sorta di spietatezza. (Note di copertina)
L’età del dubbio, il romanzo di Andrea Camilleri edito da Sellerio nel 2008, lascia un senso di amaro.
Ci sono tutti gli ingredienti riconoscibilissimi da parte di chi segue appassionatamente e da anni le storie e le inchieste del commissario Montalbano, famoso ed amato protagonista di questa ennesima vicenda: il dialetto siciliano, colorito ed immediato; Vigata, la cittadina nata dalla fantasia dell’autore; il mare, calmo o in burrasca, sommesso compartecipe di tutte le storie del commissario; le telefonate di Livia, la fidanzata, ormai ridotte all’osso e sempre più irritanti; le epiche abbuffate alla trattoria da Enzo con conseguente assoluta nicissità di ‘na passiata fino a sutta al faro; le serate con whiskey e sigarette sulla verandina; le teglie di prelibatezze che la cara Adelina lascia nel forno per la cena; gli scambi di battute, sempre fantastici, con il questore Bonetti Alderighi.
Eppure, c’è qualcosa che non convince del tutto.
Da una parte c’è l’inchiesta di polizia che non è appassionante come le altre alle quali Camilleri ci ha abituato; dall’altra c’è il “Montalbano uomo” che continua, sulla scia degli ultimi romanzi precedenti ma in maniera più esasperata, ad arrovellarsi su se stesso, a combattere con una coscienza che interviene a gran voce nei suoi pensieri ed è sempre più presente, mentre forse farebbe meglio a sparire; un Montalbano che rimane immobile, come drammaticamente bloccato, sulla soglia di una vecchiaia che sente enormemente vicina ma che forse è solo nella sua testa; un Montalbano che non riesce più veramente a vivere; un Montalbano che forse farebbe meglio a fermarsi un attimo per capire cosa vuole fare della sua vita, visto che in fondo di anni ne ha solo cinquantotto, e di una storia d’amore, quella con Livia, che ormai ha perso la sua credibilità, anche da un punto di vista narrativo.
Insomma, la sensazione è che i lettori comincino ad amare Salvo Montalbano più del suo stesso autore perché quello che l’autore gli riserva in questo ultimo romanzo non è, decisamente, il migliore dei trattamenti che si potrebbero sperare; il desiderio invece è che a "L’età del dubbio" segua un’altra età in cui alla fine del libro si possa sorridere ancora.
L’autrice di questa recensione è una scrittrice emergente: clicca sul suo nome per conoscerla meglio!
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