L’inferno negli occhi
- Autore: Lory B.
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
Per strada solo ambulanze a sirene spiegate. Tutti in casa. Non si esce. Non si lavora. Solo una spesa in fretta a turno e via. Sembra tanto tempo indietro, eppure nemmeno due anni fa il Covid andava a caccia di vite senza che ci potessimo ancora difendere. Falciava intere generazioni, soffocava deboli e forti.
Lory B. si batteva contro il killer invisibile e quando poteva annotava i suoi pensieri. Infermiera a Bergamo, affrontava il contagio del secolo a mani nude sotto i guanti sterili e dietro un’“armatura”, che più che proteggere bardava e faceva sudare. Da quegli appunti è nato un diario, il romanzo di una pandemia che non è mai stata un romanzo.
Il manoscritto ha commosso e conquistato Lorella Fontanelli, editrice di Valsamoggia (Bologna), che ha curato il libro come un figlio e lo ha pubblicato a settembre: L’inferno negli occhi (Epika Edizioni, 2021). In testa, una strepitosa prefazione a sua firma, che in poche righe rende il senso della prova che tutti abbiamo affrontato, con maggiore o minore consapevolezza.
Ora sono i lettori a dover ringraziare l’una e l’altra, Lorella e Lory, per questa testimonianza di cuore e dal vero, dalla prima linea della battaglia per la vita che ha impegnato allo spasimo il nostro discusso Sistema sanitario nazionale. Che non è un semplice acronimo (SSN) o un ente astratto, è fatto dalla carne e dal sangue, dalla professionalità e dalla stanchezza allo stremo delle forze di medici e operatori sanitari, donne e uomini come noi, anzi più di noi, in questa sfida e in quella provincia, al fronte della guerra scatenata da un coronavirus più spietato degli altri.
Lory è da 18 anni in trincea al pronto soccorso, prima in provincia poi nel capoluogo. Fa lo stesso lavoro e ha condiviso l’impegno totale dell’infermiera fotografata addormentata sulla tastiera del pc, in una pausa della lotta contro il Covid nell’ospedale di Cremona, a strappargli vittime nella fase più drammatica di un anno e mezzo di pandemia. Sembrava di vivere un film di fantascienza: un’epidemia quasi invincibile andava a caccia di prede nelle province lombarde interne più che altrove e tra gli abitanti della Bergamasca e del Bresciano.
È un diario, scrive Lory, nato come uno sfogo durante il periodo buio e terribile e diventato un documento da offrire alla riflessione degli altri, perché tutti possano condividere quanto è accaduto, “attraverso i suoi occhi”. Che hanno visto scorrere tanti sguardi terrorizzati sotto i caschi respiratori, levarsi mani per esprimere mute, spegnersi tanti respiri. Troppi, ch’è un sollievo non ricordarli tutti.
In ospedale l’inferno, in strada il deserto — il primo lockdown 2020 ha cancellato perfino il rombo degli aerei dai cieli — in casa il mucchio di panni da lavare che cresce, la polvere sui mobili che si accumula, ma non c’è il tempo e manca la forza.
I pazienti soffrono. I pazienti sono grati. I pazienti muoiono. E lei piange. Le lacrime fanno presto a scendere, ha scoperto che tutti i colleghi le versano tutti i giorni, soprattutto al rientro a casa. Lo confessano sottovoce, come se fosse qualcosa di cui vergognarsi. In clinica indossano l’armatura, camici speciali, dispositivi di protezione, occhiali, visiere di plexiglass, ma soprattutto la maschera della competenza e della professionalità, anche se gli occhi tradiscono lo sconforto, la paura, la spossatezza. L’avvilimento di dover rispondere “va tutto bene”, quando non è così e i polmoni aggrediti finiranno per negarsi anche al respiro artificiale. Il panico di vedere le colonne senza fine di camion dell’esercito che trasportano lontano “i nostri morti”. La stanchezza di assistere persone condannate a morire senza il conforto dei propri cari vicino.
Nei momenti in cui sembra di non farcela, di cedere da un istante all’altro, è di conforto ricordare o rileggere i messaggi d’incoraggiamento e ringraziamento, anche i più semplici, che accompagnano omaggini spontanei, dolcetti, torte, cioccolatini, caramelle. “Una luce” in tanto buio.
Al lavoro, a casa. Al lavoro, a casa… i giorni si susseguono tutti uguali uno dopo l’altro, sembra di rivivere la stessa giornata, come in qualche film di fantascienza, gli stessi pensieri, le angosce, i dolori. Tutte le volte che la stanchezza si fa sentire, Lory si scuote, si resetta sui suoi compiti, ripete come un mantra “è per questo che sono stata addestrata”.
A maggio 2020 è toccato anche a lei. Tampone positivo, quarantena a casa. Nessun problema, ma pensare ai colleghi sulle barricate la fa sentire in colpa.
Al rientro, la situazione è meno drammatica, ma questo non allontana la sensazione d’essere sull’orlo di un precipizio. Quando finirà? Ci sarà mai una fine?
È un “calendario emotivo”, che segue l’onda pandemica — fa notare Lorella Fontanelli — e riflette mese dopo mese l’andamento delle forze psicofisiche, di fronte alle emergenze da affrontare.
“È di diritto una memoria storica”.
Tutti ci auguriamo che presto il Covid non sia più cronaca del presente ma un brutto sogno, un ricordo dei mesi sconfortanti e dolorosi in cui il virus colpiva alla cieca, mietendo vite senza guardare l’età o patologie pregresse. “Perché se lo prendi, diventa un po’ come cioccolatini: non si sa mai quello che ti capita”: Lorella cita Forrest Gump, bravissima.
Il testo è punteggiato da foto in bianconero, soprattutto di sale e ambienti ospedalieri.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’inferno negli occhi
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