L’ultima favola russa
- Autore: Francis Spufford
- Casa editrice: Bollati Boringhieri
- Anno di pubblicazione: 2013
Tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento in Russia credevano ancora nelle favole. La più diffusa di queste favole raccontava di un avvenire radioso, di un futuro in cui Mosca sarebbe stata una città splendente più ancora che New York, di un domani in cui gli Sputnik avrebbero prevalso sugli “Apollo” nella corsa per la conquista dello spazio e persino le Lada sarebbero risultate alla lunga automobili più affidabili delle Ford. Adesso non so dirvi se con la pancia vuota si sogna meglio o peggio che col pancione enfio di hamburger, fatto è che il popolo russo sognava in grande a quell’epoca là, l’epoca della guerra fredda e della fede laica nel progresso socialista.
Fine dell’inciso, vengo al dunque, ma è proprio l’adesione fideistica al mito della Grande Madre Russia l’aspetto che più colpisce di questo libro-capolavoro firmato da Francis Spufford sulla vita quotidiana in Unione Sovietica nel secondo dopoguerra (“L’ultima favola russa”, Bollati Boringhieri, 2013). Per dirla con altre parole: i personaggi de “L’ultima favola…”, in un modo o nell’altro, hanno puntato tutto sul sol dell’avvenire, non tanto per pedissequa sottomissione alle ragioni di Stato quanto perché ci credono. Si tratti degli anonimi Fyodor, Emil, Galina, o del nobel per l’economia Leonid Kantorovic, il sogno è la stesso, come lo stesso è l’atteggiamento mentale nei confronti del destino (fulgido) della Nazione.
Un romanzo apologetico? Affatto: il poderoso volume di Spufford non manca e non lesina ironia, alterna epica quotidiana a toni lievi, la fiction alla storia, declinazioni di una scrittura sapiente e variegata, capace di padroneggiare diversissime sfumature narrative. Perché “L’ultima favola russa” è qualcosa di più di un libro di racconti sovietici, data l’unitarietà del contesto di sfondo può essere assunto anche come romanzo collettivo, e – perché no – come un saggio in forma narrativa, in quest’ultimo caso per l’assoluta aderenza a fatti e personaggi realmente esistiti, di fianco ad altri di pura fantasia che potrebbero benissimo essere esistiti. Come spiega lo stesso autore nell’introduzione al volume:
“Questo libro non è un romanzo. Ha troppe cose da spiegare per essere definito tale. Ma non è nemmeno un saggio storico, perché le spiega in forma narrativa, di racconto, un racconto però che è anzitutto il racconto di un’idea, e solo dopo quello delle persone coinvolte, sbirciato attraverso gli spiragli dell’infelice destino dell’idea stessa”.
A questo punto dovrebbe risultare sufficientemente chiara la “materia” di cui si compone questa "...Favola russa", un romanzo coeso in tutte le sue parti, coraggioso per mole e trattazione, perfettamente riuscito a partire dall’eccellente scrittura, accurato nella ricostruzione storica come nella capacità (nella forza) narrativa. Un imperdibile affresco generazionale sull’ex Unione Sovietica e i suoi eroi di tutti i giorni, la cui lettura (raccomandata) serve se non altro a ricordarsi di ricordare.
L'ultima favola russa
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