L’ultima vittoria degli indiani
- Autore: David Humphreys Miller
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2014
La disfatta di Custer vista da Sioux e Cheyenne
Questo libro narra di una giornata, di una battaglia e di coloro che la combatterono.
Erano soprattutto indiani americani ed è la prima volta che lo scontro del giugno 1876 viene raccontato dal loro punto di vista. Lo ha fatto lo scrittore storico e consulente del cinema western David Humphreys Miller (1918-1992), autore de “L’ultima vittoria degli indiani”, 246 pagine 19 euro, tratto dai suoi testi del 1957-59 e uscito nuovamente in edizione italiana nel 2014, per i tipi delle edizioni milanesi Res Gestae (I fatti, i personaggi della grande storia). Per inciso, Miller è autore dei 72 ritratti dei nativi americani combattenti a Little Big Horn, ancora in vita negli anni Trenta.
Sia chiaro una volta per tutte che la versione dei fatti offerta dal popolo delle pianure è la più attendibile. Sono gli unici testimoni (non uno dei 114 uomini di Custer sopravvisse per raccontarli) e i loro ricordi smentiscono il cliché di parte yankee del massacro di Little Big Horn. Non vi fu strage, nel senso proprio del termine, ma lotta accanita tra due gruppi di armati e per giunta Custer attaccò per primo, in quel remoto territorio desertico del Montana centro-meridionale.
Una pagina di grande fierezza per i nativi americani, ma del tutto controproducente. Per gli statunitensi si trattò di una sconfitta poco significativa, arrivata però nel pieno dei festeggiamenti del centenario della dichiarazione d’indipendenza a Filadelfia. Questo spinse il governo a irrigidire la repressione delle migrazioni Sioux e Cheyenne, che non riportarono più successi contro l’uomo bianco. Sicchè, la vittoria nel Montana decretò di fatto la loro sottomissione. E comunque sarebbe corretto parlare non di un eccidio di giacche blu, ma della disfatta di Custer.
Il primo colpo della battaglia del 25 giugno fu esploso da un esploratore, il sergente Curtis, contro un ragazzino Hunkpapa di appena dieci anni, Grandi Imprese, che aveva trovato una scatola di gallette in dotazione ai cavalleggeri, scivolata da un imballaggio. Quel piccolo caduto decise il destino del reparto USA contro migliaia di indiani. Il fratello e un amico del ragazzo corsero a briglia sciolta da capi. La sorpresa di Lunga Capigliatura era così sfumata.
Indossava la vecchia giacca di pelle di daino con le frange e i bottoni di ottone, al collo portava la cravatta rossa delle grandi occasioni. Chiese a una guida Crow di condurlo in una posizione favorevole e il reggimento entrò nella valle del fiume Little Big Horn. Era mezzogiorno.
Alle 14, si avvicinarono ai margini del grande accampamento Sioux. A chi lo avvertiva che gli indiani erano più numerosi di tutte le munizioni dei soldati, Custer dava della femminuccia. Imprudente e sfrontato, Lunghi Capelli ordinò la carica. Intanto aveva mandato il trombettiere Martin dal capitano Benteen, scrivendogli che accorresse al più presto col suo reparto. John Martin sarà l’ultimo a vedere in vita il generale e i suoi.
Gli squadroni andarono all’attacco tra le tende. Gli indiani accorsero da tutte le parti. Dicono che Lunga Capigliatura sia stato visto cadere in mezzo al fiume. Qualcuno lo sollevò e i visi pallidi si ritirarono verso un poggio. Mezz’ora dopo erano tutti morti. Centoquindici. Fino all’ultimo uomo.
Le altre perdite si ebbero tra i cavalleggeri del maggiore Reno e di Benteen, separati da Custer in colonne distanti, secondo una strategia che affidava tutto alla sorpresa. Fu Toro Seduto a mettere fine all’assedio dei superstiti di Reno.
Lasciateli andare, si battono per sopravvivere.
La battaglia era finita. Duecentosessantotto caduti a Little Big Horn. Dall’altra parte, trentadue nativi. Gli indiani fecero la danza dello scalpo. Avevano spogliato tutti i cadaveri, mutilato moltissime salme – era nella loro cultura – e questo contribuì ad alimentare la leggenda del massacro e la versione più indulgente con Custer.
Nascevano il mito di Little Big Horn e le tante ricostruzioni arbitrarie sulla fine del generale. La verità, secondo Miller, la potevano raccontare solo i nativi, i vincitori di quel giorno, i vinti da allora in poi.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’ultima vittoria degli indiani
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