L’ultimo Neanderthal racconta. Storie prima della storia
- Autore: Giorgio Manzi
- Genere: Scienza
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2021
Non sbaglia il paleoantropologo Giorgio Manzi a definire il Neanderthal “icona pop”. A cominciare dalla fisiognomica simil (o post?) scimmiesca l’ominide stimola di fatto l’immaginario collettivo, all’interno del quale ricopre il rango di primitivo per antonomasia. Cinema (La guerra del fuoco), saggi, romanzi, persino il marketing, hanno eletto il nostro antico parente (ha convissuto con la specie Sapiens) a fonte ispirativa. Scopro ancora da Giorgio Manzi, fresco autore de L’ultimo Neanderthal racconta. Storie prima della storia (il Mulino, 2021) che il modus vivendi dei Neanderthal influenza persino alcune scelte della nostra contemporaneità:
“Oggi va di moda parlare di paleodiete o freeganesimo, perché c’è una voglia di tornare al buon selvaggio, all’uomo della preistoria che viveva libero nella natura […]. In realtà, il nostro stile di vita per quasi 200.000 anni è stato quello dei Neanderthal: cacciatori-raccoglitori, fin dal Paleolitico. E questo ci fa capire meglio chi siamo nel profondo, prima di essere uomini del Terzo Millennio”.
Il libro non trascura però le differenze — palesi e sottese — che passano tra noi (Sapiens-Sapiens) e loro (Neanderthal). A parte quelle evidenti relative al look (se mi si passa la battuta), afferiscono a difformità di tipo genetico e morfologico, comprovate dallo studio dei ritrovamenti fossili di cui Manzi è tra gli esperti mondiali:
“I Neanderthal erano essere umani, nostri parenti stretti dal punto di vista anche dell’evoluzione, ma al tempo stesso erano diversi da noi”.
Il fascino di questa lettura è dunque da ritenersi duplice: da un lato solletica le suggestioni derivanti dalla fenomenologia sviluppatasi attorno all’uomo delle caverne (alcuni paragrafi si leggono e si apprezzano proprio come un romanzo), dall’altro è densa di indicazioni scientifiche che ne accrescono la plausibilità.
Il Neanderthal ci è comunque parente stretto (è vissuto nel periodo paleolitico medio, compreso tra i 200 000 e i 40 000 anni fa) e le cause della sua estinzione rimangono a oggi un mistero da risolvere. Il capitolo dedicato ai fattori determinanti la scomparsa della specie (capitolo VII, pag. 155) risulta tra i più affascinanti del lavoro. Evidenzia, fra le altre cose, la modernità comportamentale, le capacità adattative alle sfide ambientali, e anche alle possibili (con)cause che ne hanno determinato la scomparsa (il calo del tasso di fertilità, possibili incroci fra specie sorelle, da escludere l’evento cataclismatico).
La paleoantropologia (dal greco παλαιός, palaiòs = "antico", ἄνθρωπος, ànthropos = "uomo" e λόγος, lògos = nel senso di "studio") è una scienza in progress, studia i resti fossili dell’uomo e dei tipi umani estinti, unitamente allo studio di clima, flora, fauna, cultura materiale e credenze magico-religiose, delle popolazioni primitive.
Sulla base di queste informazioni, investigatori della preistoria come Giorgio Manzi trasformano le ipotesi in dati certi, se non in assoluto, quasi sempre prossimi alla verità (pre)storica. Ben venga dunque questo suo ennesimo lavoro saggistico, coinvolto e coinvolgente anche per i non esperti in materia.
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