L’uomo che credeva di essere Riemann
- Autore: Stefania Piazzino
- Casa editrice: E/O
- Anno di pubblicazione: 2014
La suspense è un meccanismo sottile, mica c’è sempre bisogno del ghigno di Hannibal Lecter (un ghigno cannibalico) per inquietare. A volte la suspense muove da impercettibili sommovimenti interiori, da minuscoli cambi di prospettiva che quasi nemmeno te ne accorgi, a metterla su un piano di pura attenzione razionale. Prendete, per esempio, un esimio matematico che va fuori di zucca senza se e senza ma (ma senza nemmeno terrorizzare qualcuno e/o alzare la voce di un solo decibel, in puro stile british): si crede un altro, tale Bernhard Riemann, autore di un’ipotesi numerica rimasta indimostrata malgrado i tentativi dei migliori cervelli del mondo. A provare a rimettere le cose a posto in quello che appare come un caso di sdoppiamento di personalità, uno psichiatra “classico” (mica un investigatore mancato, di quelli che tirano nei thriller del momento), via via sempre più irretito nel labirinto nitido e affascinante degli intrecci e delle combinazioni numeriche, quasi un pianeta a sè. Fine della storia raccontabile: sapere come va a finire (come e perché è potuto succedere che il matematico sia impazzito) tiene vivo il gioco della tensione di questo romanzo (Stefania Piazzino, “L’uomo che credeva di essere Riemann”, e/o, 2014) che prima proietta quindi (in)trattiene il lettore fino all’ultima riga della storia. Fra teoremi e formule matematiche – elevate quasi al rango di “poesia” -, ipotesi e tesi psicoanalitiche, un briciolo di trama “gialla” (la dimostrazione dell’ipotesi Riemann potrebbe rivoluzionare l’intero sistema economico planetario) e quel tanto di “non rivelato” (non subito) che serve a tenere desta l’attenzione, Stefania Piazzino fa con la matematica (e in minima parte con la psicoanalisi) quello che con “Il mondo di Sofia” di Jostein Gaarder aveva fatto con la filosofia: sminuzzarla in pillole, a uso e consumo dei non addetti ai lavori.
Missione compiuta? A parte il movente narrativo e alcune situazioni forse un pizzico pretestuose, il tono è piacevole e l’interesse resta vivo fino all’ultimo.
L'uomo che credeva di essere Riemann
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Ho letto il libro...nonostante sia breve l’ho trovato noioso e soporifero...tutta questa suspense francamente non l’ho trovata..di matematica si parla davvero poco, di psicoanalisi mi sembra ancora meno..la chicca finale: riuscire a sbagliare anche il proverbio su Maometto e la montagna...
L’ho scritto all’inizio della mia segnalazione: la suspence, a volte, è un meccanismo narrativo tutt’altro che eclatante. E’ piuttosto interiore, risiede tra le righe, nel non detto, nel clima di assoluta precarietà di certi romanzi, i più riusciti, a mio modo di vedere. Poi è sempre vero che de gustibus non est disputandum, per cui non se la prenda troppo caro Gelindo, capita a tutti di nutrire aspettative (di lettura) che risultino deluse. Mi stia bene.