La battaglia del solstizio
- Autore: Denis Vidale
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2014
L’offensiva austroungarica, annunciatissima, si abbatté il 15 giugno 1918 sul Montello del tutto inattesa. La guerra è piena di paradossi, ma la sorpresa fu tutta del comandante della 13a Armata, il generale Pennella. Il dispositivo difensivo italiano subì un’immediata flessione quella mattina. Se avesse ceduto, il nemico avrebbe raggiunto la pianura trevigiana e l’obiettivo ambito: i depositi di materiali e viveri nelle retrovie. È ovvio che a quasi un secolo dal disastro sfiorato, una casa editrice di Treviso come la Biblioteca dei Leoni di Villorba abbia voluto occuparsi di quelle fasi della prima guerra mondiale. Il libro è “La battaglia del solstizio. 15-23 giugno 1918 a Nervesa e sul Montello” (ottobre 2014, pp. 162, euro 18,00), a firma del ricercatore storico e studioso indipendente bassanese Denis Vidale.
La battaglia di giugno interessò l’intero fronte italiano, dal Monte Grappa alla foce del Piave. Tra i due settori, montano e fluviale, le piccole alture del Montello erano una specie di cerniera. E questo avrebbe dovuto impensierire i nostri alti comandi.
L’offensiva imperiale voleva eliminare l’Italia dalla guerra o almeno garantire all’Austria una posizione di forza, da cui gestire una pace separata, chiesta dal nostro paese in difficoltà. Per i soldati austroungarici era però soprattutto
“l’offensiva della fame”
per le condizioni terribili dell’economia degli imperi centrali, a causa del blocco navale imposto dalle potenze dell’Intesa. Ma nessuno degli ufficiali approvò mai il soprannome di “hunger offensive” tanto popolare tra le truppe: un attacco disperato per arrivare a Treviso e Vicenza, dov’erano allestiti i magazzini più grandi dall’inizio della guerra. L’occupazione di Friuli e Veneto occidentale aveva risolto qualche emergenza, ma l’approvvigionamento restava un problema per l’esercito austroungarico. Non solo fame: la neve, le piogge e il fiume facevano letteralmente marcire i panni dei militari. Osservando i caduti ungheresi dopo la battaglia, si notò la condizione penosa delle calzature: alcuni avevano solo pezzi di stoffa intorno ai piedi. E molti non indossavano camicie sotto il giubbetto dell’uniforme.
Le carenze estreme che affliggevano l’armata imperiale ebbero il loro peso, ma se l’offensiva del Solstizio fu quasi dovunque fallimentare si dovette all’incapacità dei generali austriaci di concentrarsi contro un punto preciso e sfondare, come a Caporetto. Venne articolata in tre direzioni diverse, per un totale di cinque attacchi separati e avrebbe potuto concludersi diversamente proprio se l’esperienza dell’ottobre 1917 fosse stata metabolizzata.
Le truppe d’assalto austroungariche colsero un successo iniziale sul Montello, dove il terreno si prestava al loro modo di combattere. Macchioni e doline favorivano la creazione di nidi di mitragliatrici, a sostegno di nuclei di soldati addestrati a combattere isolati, a fronteggiare masse contrattaccanti e dare tempo al resto delle forze di raggiungerli.
L’attacco iniziò alle 3 di notte del 15 giugno 1918. Seicento cannoni aprirono il fuoco contro il Montello, lanciando granate a gas, che se non altro produssero effetti fumogeni. L’artiglieria italiana tardò mezz’ora a rispondere, se non di più. Quando lo fece, non si concentrò sulle masse all’attacco. Qualche efficacia ebbe il nostro tiro sui ponti, mentre il cannoneggiamento nemico si intensificava su tutto il fronte locale, dov’era in atto un improvvido avvicendamento dei nostri reparti in zona.
La nebbia e il fumo dei proiettili resero invisibili le truppe che attraversavano il fiume. Le prime linee vennero travolte dai reparti d’assalto, seguiti da fanti armati di bombe a mano, che precedevano il grosso delle truppe. Le brigate Lucca e Tevere, assalite all’improvviso, pur resistendo allo stremo vennero distrutte sul posto. Caddero tra gli altri i volontari cecoslovacchi, disertori dall’esercito asburgico: i prigionieri vennero impiccati come traditori.
A Nervesa, alle 5, non c’erano più truppe italiane. Appena subentrate dopo il cambio non riuscivano ad orientarsi sul terreno e le comunicazioni erano andate fuori uso quasi immediatamente.
I soldati grigioverdi arretrarono, ma la spinta nemica non provocò il collasso questa volta. Tennero duro nel momento più critico, sebbene i comandi stentassero a comprendere la situazione. I nostri si batterono, contendendo ogni fosso e il fallimento dell’attacco generale cancellò ogni speranza per gli austriaci. Il 23 giugno completarono la ritirata sulla sponda di partenza del Piave.
La battaglia d’arresto segnò la fine delle speranze di vittoria per Vienna, ma l’esercito imperiale restò imbattuto e occupava centinaia di chilometri del territorio italiano. Per noi fu perciò un successo solo difensivo, mancando un contrattacco per rioccupare quanto perduto l’anno precedente.
“La battaglia del solstizio” di Denis Vidale è corredato da numerose foto e cartine, materiale concesso dall’Associazione culturale Battaglia del Solstizio di Nervesa. In appendice, biografie delle 14 medaglie d’oro, note sui luoghi simbolo e sui personaggi: vi agirono lo scrittore Giovanni Comisso, il futurista Filippo Tommaso Marinetti e un ufficiale di Marina telegrafista, Guglielmo Marconi, in persona.
La battaglia del solstizio. 15-23 giugno 1918 a Nervesa e sul Montello
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