La breccia di Roma
- Autore: Claudio Fracassi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Mursia
- Anno di pubblicazione: 2020
Al tenente Carletti: ore 10 antimeridiane alzate bandiera bianca.
Ma l’ufficiale pontificio, comandato di vedetta sulla sommità del campanile di San Pietro, non era stato dotato di un drappo bianco e perse tempo prezioso per esporlo. Fu allora che la resistenza simbolica della città dei papi, assediata dai Savoia framassoni, si trasformò in una serie di combattimenti e di vittime inutili.
Solo Claudio Fracassi poteva rendere straordinario e quasi eccitante il racconto di un episodio storico tanto mitizzato quanto militarmente irrisorio, ma comunque importante nella storia italiana. Il saggio La Breccia di Roma. 1870: le passioni, gli inganni, il papa-re si aggiunge, nella collana "Storia biografia diari", ai numerosi testi pubblicati dal giornalista e scrittore ottantenne per la casa editrice milanese Mursia.
Il 20 settembre 1870, alle 5 del mattino, i cannoni del neonato esercito dell’altrettanto neonato Regno d’Italia cominciarono ad abbattere le mura della città pietrina nella zona Nomentana. Mentre il territorio oltre Porta Pia era tutta campagna, ville signorili occupavano quello che si estendeva verso l’abitato. Le mura si levavano in mezzo a parchi privati e vigneti, viste da fuori sembravano emergere da un mare verde scuro.
I pezzi di artiglieria colpivano le pareti scelte del generale Cadorna per aprire un varco tra le Porte Pia e Salaria. I bersaglieri dei reparti incaricati della prima irruzione cominciavano ad avvicinarsi da via Nomentana, guardati con curiosità dai vignaioli, che avevano sospeso il lavoro. C’erano civili intorno, perfino ragazze. Un’atmosfera insolita per una campagna di guerra.
A metà mattinata, il cedimento di una parte delle mura accanto a Porta Pia aveva aperto una breccia, con tanto di macerie crollate a formare una rampa. La catena di comando del generale pontificio barone Kanzler fece pervenire l’ordine di esporre alle 10 il simbolo di resa, ma il tenente Carletti, impreparato, dovette incaricare un custode di procurargli un drappo bianco e quello impiegò parecchio ad andare e tornare con un asciugamano (qualcuno ha parlato di un pezzo di biancheria, forse di mutande).
La perdita di tempo si aggiunse alle astuzie e ai tentennamenti vaticani, ai malintesi delle diplomazie, alla “tigna” di difensori e assalitori. Tutto finì per provocare le decine di morti e duecento feriti di una presa che si sarebbe potuta condurre come una sceneggiata, ma che divampò per qualche ora come una zuffa confusa, sanguinosa e, soprattutto, inutile.
Alle 10.10 i soldati italiani si accalcarono sulle macerie. I papalini sparavano arretrando, i bersaglieri sparavano avanzando. Grande confusione. Lo scavalcamento costò 4 morti e 9 feriti gravi, ma il peggio doveva ancora venire, la ritirata degli zuavi pontifici nei parchi delle ville e tra le strade diventò una contesa uomo a uomo.
Si pensi che Roma era una piccola città, nemmeno 300mila abitanti, niente al confronto delle capitali europee dell’epoca. C’era fin troppo spazio per farsi del male e non mancavano armi letali per colpirsi. Bandiere bianche di ogni forma si levavano un po’ dappertutto, alcune ignorate dagli italiani, altre tradite dal fuoco continuato dai difensori. Ci vollero ore per venire a capo di un’irruzione simbolica trasformata in una rissa scomposta. Si sparò quasi fino alle 14, lame e baionette recitarono la loro parte dolorosa.
Tra gli spettatori interessati, oltre ai civili sul posto, il re Vittorio Emanuele, che a Firenze attendeva notizie telegrafiche, e il 68enne Pio IX. Eletto pontefice da quasi trent’anni, aveva spesso giocato sul piano politico mescolando fede e politica, fino a mettere in scena per gli ambasciatori stranieri la rappresentazione di una “drammatica, ingiusta, antistorica infamia” ai danni della religione e di Dio. Questo a suo dire, ovviamente, perché la croce aveva regnato per secoli sulla cristianità e avrebbe continuato a farlo anche dopo la presa di Roma da parte degli italiani.
Quello che crollava, dopo oltre un millennio, era il potere temporale della Chiesa, un anacronismo durato fin troppo per una religione tenuta a esercitare un apostolato spirituale sui fedeli e non certo un’autorità “statale” sui sudditi, come quella imposta fino ad allora dalla più longeva monarchia assoluta. Pio IX, al secolo Giovanni Maria Mastai Ferretti, 256° successore di Pietro sul trono pontificio, era l’incarnazione del papa-re, capo religioso e allo stesso tempo capo di stato assoluto.
Come si vede, oltre alla Breccia, ai suoi momenti e aspetti paradossali, c’è tanto da leggere nel lavoro di Fracassi, saggista notoriamente brillante e penna di sicuro affidamento. L’ex direttore del quotidiano Paese Sera e del settimanale Avvenimenti ha ricostruito le vicende che hanno preceduto e seguito “la battaglia di una mattina”. Ne ha per tutti. Per gli sconfitti (il Vaticano, con la grama e gretta gestione della storia di Roma e della vita in Roma) e per i vincitori, responsabili dell’ennesimo “sacco” cui sarà sottoposto la nuova capitale.
“Si fabbrica dappertutto”, testimonieranno anni dopo cronisti e visitatori illustri. Roma sarà vinta, ancora una volta razziata.
La Breccia di Roma: 1870: le passioni, gli inganni, il papa, il re
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