La caduta del Monte Maggiore. 26-28 ottobre 1917. Le battaglie della “Ritirata di Caporetto” nelle Prealpi Giulie
- Autore: Andrea Vazzaz
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2022
Resistenza a oltranza il 26 ottobre 1917 sul Monte Maggiore, il cosiddetto Gran Monte in provincia di Udine. Questo l’indirizzo tattico dopo lo sfondamento del fronte italiano a Caporetto, due giorni prima. Ma la linea che si estendeva al Monte Cavallo e Sella Canebola, pur delineata con un sufficiente anticipo, venne occupata con troppo ritardo dai nostri. Gli austrotedeschi poterono dilagare il 28 nel Friuli, verso il Tagliamento, dal territorio isontino e carnico.
Sulla difesa tentata e non riuscita a settentrione di Udine si erano registrati soltanto accenni insufficienti, fino a La caduta del Monte Maggiore. 26-28 ottobre 1917. Le battaglie della “Ritirata di Caporetto” nelle Prealpi Giulie (Paolo Gaspari Editore, 2022) di Andrea Vazzaz, un ricercatore storico friulano, militare di professione originario dei luoghi oggetto di questo saggio attento e motivato. Un volume non solo di ampio formato, 22x25,5cm (non insolito per i testi della collana di cui fa parte), ma generoso anche nel modo di trattare l’argomento. Gli editori udinesi Gaspari hanno aggiunto da parte loro la cura dei particolari grafici e l’eccellente corredo fotografico, ricco d’immagini di ottima definizione, cartine d’epoca, illustrazioni, oltre alle didascalie e note alla fine di ognuno dei più di quindici capitoli.
Zdravko Likar, fondatore del Museo di Caporetto, segnala nella prefazione che Andrea è molto conosciuto anche nella valle dell’Isonzo e le sue opere sono in evidenza sugli scaffali del Kobariški muzej. In questo libro sulla caduta del Monte Maggiore affronta fatti poco conosciuti o del tutto sconosciuti. È il primo a descrivere in maniera approfondita gli attacchi austriaci e la difesa italiana ai piedi del Monte Maggiore, alle porte del Friuli. E non si limita alle azioni militari dei contendenti, guarda con immedesimazione alla sorte della popolazione. La Grande Guerra ha investito anche i suoi antenati. I nonni Ferruccio Vazzaz e Silvio Blasutto, di cinque e sette anni, erano nativi di Taipana e Monteaperto, paesi coinvolti dai combattimenti in quei tre giorni dell’autunno 1917.
Vazzaz è di Tarcento (UD), maresciallo in servizio all’8° e al 5° Reggimento Alpini in Italia e all’estero, ora presso il III Reparto pianificazione generale e finanziaria dello Stato Maggiore Esercito. Studioso di storia militare contemporanea, ha conseguito un master universitario in materia e fin da giovane s’impegna a valorizzare la tradizione delle truppe alpine la storia del territorio fiurlano nei due conflitti mondiali. Ha pubblicato con Gaspari Un alpino in guerra. Enea Guarneri dalla Carnia all’Isonzo, nel 2017 e prima e come coautore I forti e il sistema difensivo del Friuli (2005).
A spingerlo ad approfondire le ricerche sugli eventi di Monte Maggiore sono state la riconoscenza nei confronti dei soldati italiani che si sacrificarono e la volontà di rendere onore alla determinazione degli avversari imperiali, le ragioni che lo hanno spinto a compiere uno studio accurato, basato su atti ufficiali, diari di reparto o di singoli combattenti, testimonianze di protagonisti e vittime.
Tra il Monte Stol e Nimis, si affrontarono il IV Corpo d’Armata tricolore e il II austro-ungarico. Un tassello mancante nel puzzle della storiografia militare della 12a Battaglia dell’Isonzo. Nei piani del generale Cadorna, Monte Maggiore avrebbe dovuto risultare il perno della difesa a oltranza: è citato da tutti, ma nessuno ha mai approfondito quanto è accaduto su quelle cime tra il 26 e il 28 ottobre. Tre giorni di combattimenti: coinvolto già nello sfondamento, il IV CdA italiano era ferito, moribondo, ma non si dissolse. I reparti inviati sulle linee di resistenza stabilite dal gen. Montuori non scioperarono, non fuggirono, fecero quanto possibile, minacciati da forze spesso più numerose. Non tutti i battaglioni si coprirono di gloria: qualcuno si immolò sul posto, altri fecero il “minimo sindacale”, ma forse altrove andava diversamente? Ogni battaglia conta eroi, codardi e un’enorme massa grigia di militari che subiscono gli eventi.
Si trattò di uno scontro esteso a tante località, di tanti singoli combattimenti tra reparti italiani e austriaci. Sul Monte Maggiore propriamente detto non si sparò: il comandante dei difensori della cima, a quota 1615, decise di ritirarsi. A Monteaperta gli stessi alpini si batterono. In Val di Musi vennero decimati dai kaiserjäger, sul Monte Cavallo andarono all’attacco contro una vetta già occupata dai nemici. A Sella Canebola, fanti e i bersaglieri combatterono fino a quando l’accerchiamento divenne inevitabile. Tutto questo omesso dalla storiografia.
La resistenza sarebbe stata possibile? Forse, ma tutto sarebbe dovuto andare come pianificato a tavolino, sostiene Vazzaz. E questo non avvenne. Il IV CdA era decimato e provato dai colpi mortali subiti il 24 ottobre, i reparti si comportavano bene in linea, ma le decisioni dei generali non furono sempre all’altezza e questo probabilmente avrebbe vanificato anche l’estremo sacrificio degli uomini. Battaglioni integri e combattivi vennero fatti arretrare da ordini prematuri, mentre si continuava ad affollare di rinforzi linee indifendibili, nel caos. Le maggiori criticità derivarono dal ripiegamento dei Corpi d’Armata teoricamente collegati, a nord e a sud.
La pubblicazione di questo studio è stata sostenuta da una serie di soggetti istituzionali - a cominciare dalla Regione Friuli - consorzi e soggetti locali.
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