La campana d’Islanda
- Autore: Halldór Laxness
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Iperborea
- Anno di pubblicazione: 2019
Premio Nobel nel 1955, Halldor Laxness (1902- 1998), è il simbolo dell’Islanda con i suoi romanzi storici e sociali in cui descrive le condizioni degli Islandesi, popolo da lui amatissimo, ma anche criticato. Si rifà alle saghe delle origini, ma capisce i problemi della modernità senza idealizzare il passato.
"La campana d’Islanda" è il suo capolavoro solo ora tradotto in italiano da Iperborea.
Avevo letto molti anni fa alcune opere di Laxness e mi era piaciuto il suo stile avvincente e rigoroso, ora la benemerita Iperborea traduce "La campana d’Islanda" e il risultato è splendido.
Il libro è un’opera di ambientazione storica, ma è anche un romanzo politico, perché le vicende seicentesche riecheggiano la situazione politica islandese durante la Seconda guerra mondiale, il distacco dalla Danimarca e la presenza delle basi americane (e se ci pensiamo anche la recente crisi del 2008 anche se Laxness non avrebbe potuto prevederla).
L’autore non dà un’immagine idealizzata dei suoi compatrioti, anzi ne vede i difetti terribili (sono ladri, sporchi, ubriaconi), ma non può fare a meno di amarli.
La trama è semplice: Jon Herregdisson è accusato di furto e per poco scampa alla forca, ma deve fuggire, perché accusato di avere ucciso il boia in persona. Iniziano così una serie di avventure picaresche nel continente per dimostrare la sua innocenza.
Intanto entra in scena Shaefridur, la donna più bella d’Islanda, che ama ricambiata Arneus, studioso di antiche saghe e di pergamene lussuose. L’uomo alla fine sceglie la sua attività di studioso e rifiuta Snaefridur che per ripicca sposa un nobile ubriacone, Magnus. Arneus in Danimarca fa carriera, ma si trova a dover scegliere tra l’Islanda e il suo re. Questa è l’ossatura della trama che è ambientata nel 1600, secolo in cui l’Islanda è sottomessa alla Danimarca e forti sono le differenze sociali.
C’è un clero islandese avido e corrotto, un ceto di intellettuali interessato alle pergamene delle origini e non al popolo (che secondo Laxness deve essere educato).
La plebe è talmente ignorante da rispettare solo chi la priva dei propri diritti e con una mancanza totale di umanità. Non c’è solidarietà tra i poveri che addirittura si uccidono tra loro senza avere la coscienza di essere sfruttati.
E Laxness descrive malattie mentali (dovute alla miseria) e fisiche (terribile la descrizione della lebbra e del vaiolo) in modo scarno, senza emozione, arrabbiandosi solo di fronte alla passività con cui vengono accolte le disgrazie.
E il personaggio femminile è uno spettacolo. Non solo bella, ma anche forte, Snaefridur è consapevole della sua condizione inferiore di donna (si sente che Laxness è un autore del Novecento), ma vuole scegliere il suo destino condannandosi a lunghi anni di infelicità senza pentirsi di nulla. Tante volte non risulta simpatica (anzi appare spesso presuntuosa), ma si differenzia dalle eroine della letteratura.
Laxness non descrive dei personaggi amabili, anzi ne mette in luce i difetti, ma non si può fare a meno di apprezzarne la forza che per un motivo o per l’altro dimostrano.
E il grande amore verso l’Islanda è il leimotiv del romanzo che si può considerare l’epopea di un popolo che non si arrende.
Lettura consigliatissima.
La campana d'Islanda
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