La cieca di Sorrento
- Autore: Francesco Mastriani
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
Che emozione, ritrovare dopo tanti anni lo scrittore napoletano. Mia madre adorava i romanzi popolari di Francesco Mastriani e non solo lei. La sepolta viva la emozionava solo ad accennare al titolo.
Passioni forti, trasporto, raccapriccio a volontà: quelle storie ispirate da fatti veri erano pugni nello stomaco dei lettori, specialmente delle lettrici, in tempi nei quali la stampa e quel poco di TV che c’era non insistevano nel narrare i particolari crudi di cronaca.
Le edizioni napoletane Scrittura & Scritture hanno pubblicato nel 2022 La cieca di Sorrento (collana “VociRiscoperte”, 344 pagine), l’opera narrativa più famosa del giornalista e drammaturgo di Montecalvario (Napoli 1819-1891), soprattutto scrittore alluvionale: oltre cento romanzi, più di duecentosessanta novelle e racconti, una cinquantina di poesie, una quarantina di drammi, commedie, farse, e non si contano gli articoli e le conferenze.
Francesco Mastriani si considerava un “ricercatore di tragedie umane”, ricavava trame da episodi delittuosi autentici, cogliendovi il fosco, il gotico, il nero ed esaltando gli aspetti romanzeschi.
La critica lo ha compreso tra i più fortunati narratori d’appendice, un professionista dell’invenzione letteraria a tinte forti, piuttosto sommaria negli schemi, tanto prodiga di situazioni patetiche e di qualche esagerazione. È stato un autore verista-realista, interprete delle condizioni sociali, dei sentimenti, delle qualità e difetti della popolazione dell’epoca. Ed è stato lo scrittore che ha inventato il giallo italiano, col primo noir, il romanzo Il mio cadavere, nel 1853.
Lo stesso La cieca di Sorrento contempla un omicidio, un suicidio e un’esecuzione. Pubblicato a puntate (più d’appendice di così!) sul settimanale “Omnibus” dal 1851 e in volume l’anno dopo, è stato adattato per il cinema fin dal 1916, poi nel 1934 (nel cast un’esordiente Anna Magnani), in versione ancora più strappalacrime nel 1953 e di cappa e spada nel 1963.
A detta dei curatori di questa edizione, le pellicole sono scadenti, hanno tradito la superiorità dell’originale in prosa, per quanto in genere ne abbiano rispettato in genere la trama stretta: la giovane sorrentina Beatrice, figlia del marchese Rionero, è diventata cieca da bambina, per “orrenda convulsione”, la notte in cui ha perso la mamma in circostanze tremende, uccisa da un ladro di gioielli introdottosi in camera da letto. Crimine attribuito a Nunzio Pisani, condannato e impiccato. Un decennio dopo, il figlio del giustiziato, Gaetano, torna da studente di medicina e medita vendetta e riscatto, per il padre innocente e per la famiglia vissuta tra stenti e malattie. Oggetto del rancore sono i Rionero ed anche il perfido notaio Basileo. La professione, in cui eccelle, mette davanti al giovane “la bella cieca di Sorrento”...
Mastriani, terzo di sette figli, affiancò agli studi diversi interessi personali che gli fornirono nozioni letterarie, storiche e mediche.
Il primo scritto, un’ode d’ispirazione manzoniana, risale al 1936, mentre lavorava da impiegato. Rinunciò alle mezze maniche nel 1844, per l’affermazione in campo giornalistico, ma il successo letterario non lo sollevò mai dalla precarietà economica. Per questo, doveva produrre freneticamente, come chiedevano del resto pubblico ed editori. Quattro anni dopo, ecco il primo romanzo, Sotto altro cielo, anche se fu la storia di Beatrice a segnare un successo clamoroso, finendo per diventare un fenomeno di costume, tanto da entrare anche nel repertorio dei cantastorie.
Il popolo minuto entra nelle pagine, non più solo da mera comparsa o da sfondo più o meno sordido delle vicende narrate. Va detto, che qualcuno ha ritenuto la sua attenzione agli umili meramente funzionale alle storie narrate, perchè il primo Mastriani preferiva rendere protagonista la nobiltà, con l’obiettivo di “affascinare i lettori piccolo-borghesi con un modello di vita elegante ed anche a sottolineare la centralità della classe aristocratica nella società”.
Per definire il profilo critico dell’autore, sembra giusto citare i contenuti della nota finale dei curatori Scrittura & Scritture, che spiegano la scelta di riportare alla luce per la prima volta un autore italiano, nella collana dedicata alle riscoperte dei classici dimenticati. Precedenza a un napoletano, dunque, Mastriani (dopo tutto le edizioni sono partenopee), con il suo romanzo principale, caratterizzato dalla combinazione felice di generi diversi: il noir, la vena thriller, il romanzo borghese, quello sentimentale.
Sono quelli suggeriti da Manzoni e Dumas padre: la voglia di riscatto.
Il ruolo della Provvidenza e della fede, i valori della famiglia e dell’altruismo; il ravvedimento e la conversione. E la nota romantica, che non può mai mancare, perch’é ’l’amor che move il sole e le altre stelle’.
Certo, leggere oggi Francesco Mastriani nel testo originale è pressochè improponibile. Lo stile lirico sale fin troppo di tono, la sintassi a volte è contorta, figurano vocaboli arcaici scomparsi.
È stato operato uno “svecchiamento”, per proporre ai lettori del terzo millennio uno scrittore capace d’intrecciare vicende e personaggi, di scandagliarne l’anima e la psiche. Partendo dall’edizione di Giosuè Rondinella, in stampa nel 1856 e mantenendo inalterato lo stile dello scrittore e la storia in sé, si è provveduto a pulire il testo dagli appesantimenti della scrittura antiquata dell’epoca, senza nulla togliere o aggiungere:
“A un capolavoro, qual è e resterà sempre”.
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