La gioia per l’eternità. Lettere dal gulag
- Autore: Aleksej Losev e Valentina Loseva
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
Poco o niente si è saputo, fino a qualche decennio fa, del filosofo e storico della filosofia, nonché filologo e scrittore, Aleksej Fëdorovič Losev (1893-1988) e ancora meno di sua moglie, Valentina Loseva, che come lui viene deportata in un gulag nel 1931, dopo neanche due anni dal loro matrimonio. Ora, però, la casa editrice Guerini e Associati porta in libreria la fitta e profonda corrispondenza fra i due coniugi, impreziosendo così il progetto Memorial Italia che si propone, non a caso, di raccontare alcune fra le tante storie dimenticate dell’Europa dell’Est.
Sono storie piene di esclamazioni, le loro, raccolte nel volume La gioia per l’eternità. Lettere dal gulag. Lettere di speranze nuvolose e di cicatrici anche grafiche. La fatica della ricostruzione, e la sua cura, è infatti evidente dentro a ogni parentesi quadra, nello spazio che separa l’indicazione di una nota dalla sua spiegazione in fondo al libro, o nelle righe in corsivo che spiegano, prima di tradurla, ogni riga di questa fitta e accorata corrispondenza.
All’interno di quest’ultima ci sono domande, promesse, raccomandazioni. Si citano cartoline e capelli bianchi, notizie dai genitori e libri ancora da terminare. Come se la vita, davvero, fosse ben al di là delle pene che si soffrono. Come se la fede in cui si rifugiano l’una e l’altro potesse rendere i loro corpi impermeabili, la loro memoria al sicuro, la loro mente più pacifica. Certo, a smentire questa tenera illusione sono di quando in quando righe terribili, dietro le quali sta dritta e feroce l’angoscia di non sopravvivere, o la sensazione che ogni cosa perda gradualmente di senso e di bellezza.
Eppure, proprio scrivendo, Aleksej e Valentina formulano frase dopo frase sortilegi capaci di tenerli al riparo dall’abbandono, dai pensieri disperati, dalla lontananza reciproca. Perfino quando stanno male, o non ricevono notizie, o devono sottostare a condizioni che non tollerano, si cercano fra le sillabe e tengono in vita un rosario di desideri, di auguri, di rassicurazioni.
"Le parole che mi vengono sono parole impotenti", scrive Valentina il 6 febbraio 1932. A leggerle, invece, si ha l’impressione che da allora e fino al 1933 le parole siano rimaste un’arma e una carezza dalla portata indescrivibile, tanto nelle lettere del filosofo quanto in quelle della moglie. Un rifugio nel quale ritrovare i miti greci e la musica da camera, la poesia russa e i raggi del sole, gli onomastici e il sapore del cioccolato. Nei giorni meno luminosi, o nelle occasioni di maggiore sconforto, non mancano comunque i vocativi con cui i due continuano a chiamarsi a vicenda: "mia piccola testolina", "mia gioia", ma anche "mio povero" e "mio eterno", fino a quando i due non pensano che stia arrivando il momento del loro ricongiungimento ed è Aleksej a scrivere per entrambi ai suoi genitori.
Anche allora, comunque, il dolore non manca. Valentina resta infatti a lavorare nel lager anche dopo la liberazione di Aleksej, e la sua buona sorte si fa aspettare e sollecitare. I piani da attuare, appuntati a matita nelle lettere invia senza tregua, la vedono finalmente a Mosca in un nuovo appartamento, o studiano lo stato delle cose e il modo per renderlo il più innocuo possibile, ma con cautela. Con pragmatiche precauzioni, quasi con timore. Finché l’obiettivo si sfilaccia, dal nulla, come se sapesse di essere debole e pronto a spaccarsi, e Aleksej non può che osservare, in un estremo slancio di accoramento:
"Quante cose superflue, inutili, penose, crudeli e disumane!"
Sta tutto lì, nell’intervallo fra il loro matrimonio e la loro ultima missiva, il climax riassunto da Losev in pochi e incisivi attributi. Nella loro lingua misurata, soggetta alla censura, che con delicatezza e cognizione di causa esorta i due coniugi ad avere fede, a non smarrirsi, a ricordare e preservare quella "gioia per l’eternità" che dà il titolo al volume. Si tratta di un intervallo struggente, senza ritorno, che accoglie il sé il peso di una delle pagine più peggiori della Storia sovietica. Un ponte fra ciò che era e ciò che non poteva più essere, che quantomeno è sopravvissuto in tutta la sua inquietudine all’ennesima prova del tempo.
Pubblicato per la prima volta integralmente nel 2005, infatti, il carteggio di Aleksej e Valentina è stato ora recuperato e diffuso anche all’estero, consentendo all’esperienza personale di riaffluire nel grande fiume della memoria collettiva lasciando dietro di sé un segno così forte da rendere impossibile qualunque forma di distratta indifferenza.
La gioia per l'eternità. Lettere dal gulag (1931-1933)
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