La maledizione di Melmoth
- Autore: Sarah Perry
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Neri Pozza
- Anno di pubblicazione: 2018
"La maledizione di Melmoth" (Neri Pozza), il terzo romanzo di Sarah Perry, pubblicato dopo il grande successo de "Il serpente dell’Essex", riprende sia il tema sia la struttura di "Melmoth l’errante", il capolavoro gotico di Charles Maturin, prozio di Oscar Wilde, pubblicato in Gran Bretagna nel 1820 in quattro volumi.
Il protagonista del romanzo che ha ispirato Sarah Perry aveva fatto un patto faustiano con Satana per centocinquanta anni di vita in più sulla terra. Al termine di questo periodo, sarebbe bruciato all’inferno per l’eternità, a meno di non trovare qualcuno disposto ad accettare di prendere il suo posto: così, aveva trascorso il suo tempo vagando sulla terra in cerca di qualcuno che gli togliesse la maledizione.
Sarah Perry non è la prima autrice a rielaborare questa storia che, come una “matrioska”, racchiude molte altre storie: fili narrativi che si intrecciano l’uno nell’altro in una trama non lineare, ma che, proprio come l’Errante, si sposta avanti, indietro e fuori dal tempo.
E se Honoré de Balzac ha scritto un seguito, il racconto lungo "Melmoth riconciliato", l’autrice inglese ha trasformato Melmoth in una donna, ha arricchito la vicenda di risonanze cristiane e folcloristiche e, proprio come Charles Maturin, ha presentato una serie di documenti che vorrebbero dimostrare l’esistenza di questa figura spettrale e tormentata.
Il personaggio principale è Helen Franklin, una donna inglese di quarantanni che lavora come traduttrice a Praga:
Colpevole di un crimine per il quale teme non esista una pena adeguata, vive in esilio scontando la condanna a vita che si è inflitta da sé.[…] Spietata con se stessa, Helen non si era mai concessa la comodità di un’abitazione tutta sua, e dopo aver vissuto per un breve periodo in una stanza ancora più squallida, si era guardata intorno in cerca di un’altra sistemazione.
Si è così ritrovata a vivere con una vecchia strega, Albína Horáková, una novantenne perfida e scontrosa, dedita alle telenovelas e al lokum, il cui odore – sandalo, talco e sudore – impregna ogni angolo dell’appartamento: lo sente anche sfogliando i suoi dizionari, ma sopporta tutto, accetta ogni fastidio come una punizione meritata.
Attraverso l’amico Karel Pražan, una delle uniche due persone che frequenta in città – alto di statura e decisamente magro, capelli neri lisci e lucenti, camicie di seta e scarpe di camoscio o di vitello, a seconda della stagione, sempre perfettamente rasato, ma meno avvenente di quanto non appaia a prima vista –, Helen viene a conoscenza del mito di Melmoth, o Melmotka, come è conosciuta a Praga, una donna che vaga per la terra, stanca e con i piedi sanguinanti, colei che appare laddove regnano desolazione, miseria e morte.
In biblioteca, il giovane ha ricevuto da un anziano sconosciuto un manoscritto in tedesco e da quel momento la sua vita è cambiata. Ora, in un angolo appartato di un caffè, prima di sparire nel nulla, Karel consegna ad Helen la cartellina di cuoio nero che, come scoprirà, contiene una raccolta di documenti che testimoniano l’esistenza di una figura misteriosa che appare in momenti di grande dolore.
Il primo, “Il manoscritto Hoffman”, narra la vicenda di un ragazzino, Josef Adelmar Hoffman, che cresce in Cecoslovacchia durante la Seconda Guerra mondiale. Per andare a scuola deve percorrere uno stretto sentiero accanto a un campo di grano, sul cui margine un contadino ha l’abitudine di creare un sedile. Quando, facendosi coraggio, chiede all’uomo per chi fosse, si sente rispondere:
È per la Viandante. La Testimone, colei che è condannata a camminare da Gerusalemme a Costantinopoli, dall’Irlanda al Kazakistan, colei che è condannata alla solitudine eterna, privata dalla grazia di Dio e dalla compagnia degli uomini, colei che ti osserva, immancabilmente, quando compi il male o disobbedisci, colei che Dio ha privato persino del sollievo del sonno!
Lo stesso Josef si imbatterà in Melmoth mentre è in marcia verso Theresienstadt.
Poi è la volta della lettera inviata da Sir David Ellerby alla propria consorte Elizabeth nel settembre del 1637, nella quale racconta di una donna, conosciuta in una locanda, che ha incontrato personalmente Melmoth.
C’è anche un lungo passaggio tratto da Il diario del Cairo di Anna Marney, che racconta la vita di un mendicante turco che con il suo lavoro di burocrate ha, più o meno consciamente, partecipato al massacro degli armeni.
Ma è soprattutto alla vita di Helen che il lettore continua a tornare, scoprendo pagina dopo pagina che la sua vicenda non è il semplice pretesto per l’esplorazione del mito di Melmoth, ma presenta i suoi lati oscuri. Racconta infatti del periodo trascorso nelle Filippine anni prima, quando tentava di sfuggire a dei genitori che non assecondavano il suo bisogno di “battere sentieri inesplorati, sotto costellazioni sconosciute”. Turbata per il fatto che la desolazione che cercava da sempre di lasciarsi alle spalle aveva finito per raggiungerla, a Manila incontra un giovane medico tirocinante, Arnel, di cui si innamora, e una donna, Rosa, che è stata orribilmente sfregiata con l’acido dal suo fidanzato.
Tormentata dai fantasmi di cui ha letto le storie, Helen è ora irriconoscibile:
Non è in sé, si capisce. Chi, o che cosa, l’ha ridotta così? I manoscritti, o forse i piaceri che alla fine si è concessa, pur sapendo di non meritarli? La figura misteriosa che la segue da giorni e anche in questo momento, mentre Helen giace a letto tremante, la aspetta sul marciapiede nella luce fredda del mattino, gli occhi fissi sulla finestra? Il ricordo di Rosa che forse aveva cercato di resistere alla dose fatale? O Melmoth? Sempre e solo Melmoth? Allora non son una favola per bambini quei penetranti occhi di ghiaccio, era di Melmoth lo sguardo che Helen si è sempre sentita addosso? O a turbarla è il ricordo di Arnel Suarez, il fratello di Manila, che è fuggito dalla stanza dove credeva di averlo rinchiuso per sempre? Molte mani si sono adoperate per demolire le difese dentro cui Helen Franklin si era trincerata. Ora è di nuovo esposta al desiderio e alla paura: non è servita a nulla una vita di rinunce, la penitenza che si era inflitta. Si sente più inerme del giorno in cui è nata.
La struttura stessa della trama; la padronanza con cui Sarah Perry si muove tra mondi e registri diversi, tutti ugualmente convincenti e credibili; la capacità con cui ha saputo evocare così tante atmosfere, voci e punti di vista; il suo rivolgersi direttamente al lettore – “E ora guarda Helen Franklin, se te la senti” –, così da coinvolgerlo quale spettatore privilegiato di una serie di atrocità e l’irrequietezza che alla fine della lettura lo tormenta, fanno di questo avvincente romanzo un grande gotico postmoderno e un importante traguardo letterario.
L’autrice sembra suggerire che se il prezzo pagato da chi subisce una violenza è certamente alto, non indifferente è anche il peso portato da chi ne è spettatore: la giustizia ha bisogno di testimoni.
Grandi sono state le atrocità commesse dall’uomo nel XX secolo, ma non è forse vero che ogni vita ha le sue scene di orrore?
Helen, ormai raggiunta dal suo stesso passato, si trova sull’orlo di un abisso, è tentata di seguire Melmoth, una compagna con cui condividere la disperazione, ma c’è qualcosa dentro di lei, una fiamma che arde debolmente, ma non si è ancora spenta: è la redenzione che può nascere solo da una speranza condivisa.
La maledizione di Melmoth
Amazon.it: 16,15 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La maledizione di Melmoth
Lascia il tuo commento