La miscela segreta di casa Olivares
- Autore: Giuseppina Torregrossa
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2014
I romanzi di Giuseppina Torregrossa più che leggerli, si odorano, si mangiano, t’inebriano di gusti, sapori, prodotti della tradizione siciliana e no. “La miscela segreta di casa Olivares” (Mondadori, 2014) conferma questa scelta dell’autrice e già dal titolo ti suggerisce cosa, questa volta, ti stordirà a tal punto da farti deliziare:
“Il profumo inebriante della miscela di caffè che in pochi secondi guadagna la porta e si spande in uno dei quartieri”
più noti di Palermo, i Quattro Mandamenti. Il caffè prodotto da molti anni dalla famiglia Olivares è tostato da una macchina portentosa, che lavora dalla mattina alla sera, descritta come un “drago fiammeggiante” di nome Orlando, che come il più famoso, il furioso, ha un “carattere bonario e un animo generoso” e si scalda, si gonfia, romba, fuma, urla, combatte, impazzisce e muore.
Continuando la lettura scorrevole del racconto della Torregrossa, troviamo un altro riferimento al poema cavalleresco di Ludovico Ariosto, o meglio alla tradizione dei pupi siciliani, Medoro, l’innamorato della protagonista della storia, Genziana Olivares. Genziana è il più bel fiore tra i figli di Roberto e Viola Olivares, proprietari appunto “della putia di via Discesa dei Giudici”, e lì che lei cresce nell’abbondanza sino allo scoppio della seconda guerra mondiale che cambia le sorti sue e di Palermo.
«La tua fortuna saranno le femmine, la tua sicurezza il caffè»
aveva detto Viola alla figlia leggendo, come solo lei sapeva fare, i fondi di caffè. Ricordandosi di queste parole Genziana compie un lungo e tortuoso cammino e a guerra finita riesce con coraggio a trovare la sua “strada”, com’era stato predetto, infatti, incontra una donna venuta dal Continente e una novità, una piccola moka che fa e offre il caffè. Una folla di personaggi variegati ruotano intorno alla bella Genziana: Giovanni che come un “dottore accudisce il sofisticato meccanismo” che tiene in vita Orlando, Mimosa, la sorella debole e malata, Scintiniune, il mafioso, gli operai e gli impiegati nella torrefazione, il ragazzo di bottega, i tanti avventori e poi, soprattutto, Viola, “sensuale e saggia matriarca” e Roberto, l’ultimo discendente degli Olivares, siciliano vecchio stampo con gli altri, uomo bonario e pieno d’amore verso la sua famiglia.
Giuseppina Torregrossa fa centro, ancora una volta, sia creando una figura femminile coraggiosa, fiera, mai scontata sia ricordandoci che l’arte di mescolare sapientemente il caffè, introdotta in Sicilia dagli Arabi, era diffusa e apparteneva, sino a qualche anno fa, all’economia siciliana, come il grano, la pasta, le essenze. La Sicilia, presente sempre nei romanzi dell’autrice, in questo manifesta tutta la sua bellezza e le sue contraddizioni di terra “irredimibile” e il “cunto” di una famiglia siciliana, quella degli Olivares, dove le donne hanno un ruolo preponderante e straordinario si unisce alla “voce del caffè”.
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L’intreccio di due piani di scrittura – l’uno della voce narrante sulle vicende d’una famiglia dell’imprenditoria palermitana e l’altro della figlia Genziana che a mo’ di diario presenta emozioni e riflessioni, è l’architettura del romanzo di Giuseppina Torregrossa “La miscela segreta di casa Olivares” (Milano, Mondadori, 2014). Il gusto del dettaglio, unitamente ad un linguaggio incisivamente curato e dall’effetto pittorico, nonché la vivacità dei dialoghi e la dinamicità delle azioni rendono la storia abbastanza scorrevole e oltremodo interessante. Più si va avanti nella lettura, più il lettore è spinto dal bisogno di scoprire l’esito del racconto che si caratterizza come un ampio affresco, dove una varietà di personaggi si amalgama con raffinate psicologie e intimità, con la leggerezza degli affetti e il miraggio di utopie. Accattivanti gli squarci paesaggistici che sono elemento essenziale del narrato; l’incursione nel dialetto, oltre a contestualizzare la scrittura, le conferisce una piacevolissima sonorità impregnata di calde atmosfere. Vediamone in sintesi alcune tracce. Nel periodo che va dalla guerra d’Etiopia al fascismo gli Olivares gestiscono una torrefazione. L’aroma intenso dei chicchi di caffè abbrustoliti è penetrante e si diffonde ovunque: la macchina che li tosta, il “drago fiammeggiante”, è l’emblema della famiglia che vive un periodo di serena prosperità. La serenità s’incrina appena la guerra fa sentire nefasti effetti. E’ la prima pagina che introduce ad una sorta di laboratorio alchemico. Nella “putìa” (bottega) di via Discesa dei Giudici, il macchinario di torrefazione è così gigantesco da incutere paura: “… ma solo a chi non lo conosceva. A saperlo prendere per il verso giusto c’era solo da guadagnarci”. E’ come una persona, appare come un drago che emana una forza oscura, un Prometeo meccanico dotato di un’energia primitiva. Di magismo è anche intrisa la quotidianità familiare. Viola, sposa di Roberto Olivares, è donna tenera e sensuale che si dedica alla lettura dei fondi rimasti nella tazza dal caffè. Lei sa che la sua arte di caffeomante è un modo per rassicurare la gente bisognosa di parole buone sul futuro e vive il suo ruolo in maniera così coinvolgente da crederlo veritiero. Spiccano così figure di questuanti, disegnate a tutto tondo, che vanno e vengono dalla sua casa, ciascuna con i propri problemi e con la speranza di ottenere qualche speranzoso sortilegio. Dopo la guerra, è la figlia Genziana, ormai donna, a raccogliere l’eredità dei genitori morti nel corso di un bombardamento. Anche se non possiede le qualità della madre Viola, ne prosegue l’arte della divinazione, recitando la sua pantomima e dimenticando persino di avere una propria intima affettività. Alle tante delusioni subentra la risalita dagli inferi. Le relazioni con Scintiniune, venditore di tessuti, e soprattutto con una signora, chiamata dalle lavandaie “a continentale”, segnano in lei profondi cambiamenti di personalità. La scoperta della miscela ideata dal proprio padre restituisce dinamicità all’impresa, mentre i buoni sentimenti vincono sui pregiudizi sociali del quartiere. Genziana infine faticosamente ritrova il proprio aroma lungo il sentiero dove con coraggio può perdersi e ritrovarsi senza dipendenze alcune. Quali le scelte che garantiscono il futuro a se stessa, alla sua famiglia, alla gente del quartiere?