La nostra folle, furiosa città
- Autore: Guy Gunaratne
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Fazi
- Anno di pubblicazione: 2020
Un esordio sensibile e schietto quello di Guy Gunaratne, autore del libro La nostra folle, furiosa città (Fazi editore, 2020, traduzione di Giacomo Cuva), già finalista al Man Booker Prize nel 2018 e vincitore del Dylan Thomas Prize, del Jhalak Prize e dell’Authors’ Club Best First Novel Award nel 2019.
Nella periferia disagiata e violenta di Londra si muovono le vite di tre adolescenti: Selvon, Ardan e Yusuf. Figli di immigrati e legati da un’amicizia fraterna, i protagonisti di questa storia cercano di sopravvivere alla ferocia di un mondo che li condanna, in quanto stranieri, nella nazione in cui sono nati, tra una partita di calcio, qualche rissa e gli amori adolescenziali.
“C’erano cose che sin da ragazzino ho imparato a chiamare furia. Furia era un tamburo spaventoso, qualche famelico, irascibile spirito malefico, una follia che per tanto tempo non ci ha mai toccato, ma i nostri corpi li ha seguiti a lungo. Londra. Questa città contamina i suoi giovani. Se eri di queste parti lo sapevi eccome. Le nostre facce, tutte, erano pizzicate dal disincanto, persino quelle dei pochi ma buoni con cui avevo cominciato a muovermi. Eravamo tutti nati nella minaccia, dalla notte dei tempi. Erano queste le violenze nascoste. Morti lunghe un giorno intero che spazzavano via il nostro piccolo e limitato futuro. Dalle parti di queste torri ci siamo cresciuti, quindi la lotta era l’eco ricorrente dei nostri discorsi, dei pensieri e delle azioni. Ma è stato soltanto dopo la diffusione di quel video, girato dal telefono di un testimone, che tutti gli altri hanno visto la verità. Era in tutti i notiziari, su tutti i giornali, un ragazzo nero aveva ucciso un soldato fuori servizio.”
Una città che è come una furia, una furia che è come una febbre nell’aria. Londra fa da scenario prepotente nella vita di Selvon, Ardan e Yusuf, figli di una gioventù accigliata, fratelli di rabbia, dalle lingue impregnate di autodifesa. Una città malata di violenza e di cattiveria del suo modo di vivere, in cui vibra l’orrore avvolto nell’orrore. Unica, folle e mostruosa Londra che, con l’uccisione di un soldato bianco per mano di un ragazzo nero, manifesta barbaramente una ferocia a lungo sotterrata.
“Penso alla mia via d’uscita, allo spazio blu sopra di me. Al cielo, che vedo solo quando guardo in su, lontano da quello che mi circonda. Filerò via da questo posto come la polvere, presto. Chiudo gli occhi e mi tolgo gli auricolari. Ascolto il rumore delle macchine e del vento. Sento qualcosa, uno stridio dal blocco ovest. Guardo da quella parte. Il sole spunta sopra il blocco di fronte, la luce che rimbalza sui vetri delle finestre mi acceca. Controllo l’orologio. Ottimo tempo. Continuerò a correre e me ne tornerò verso casa. Giro l’angolo e dalle parti dell’incrocio una macchina mi passa davanti sparando merdosa musica dance. Vedo le saracinesche alzate vicino all’ufficio postale e i cordoni della polizia lungo Tobin Road. La feccia bianca deve essere passata da queste parti. Quei razzisti hanno pure lasciato per strada un sacco di merda. Teste di cazzo. Transenne dappertutto, pezzi di legno e giornalacci da bianchi buttati per terra. Sarà meglio tagliare per il parco.”
Una narrazione che cambia prospettiva, capitolo dopo capitolo, offrendo al lettore diversi toni e punti di vista: la paura, il coraggio, la voglia di rivalsa, l’amarezza, il terrore. Una scrittura schietta, vorace, esplosiva, in perfetta simbiosi e identità con il mondo che prende vita fra le pagine di un romanzo brutale e quanto più attuale. Una società a cui non si appartiene e in cui non ci si sente mai al proprio posto, mai al sicuro: tanto diversi dai terroristi e dai fanatici religiosi, quanto estranei rispetto al popolo inglese purista e nazionalista.
La nostra folle, furiosa città è un libro che proietta davanti agli occhi del lettore lo specchio di una realtà, purtroppo, non così distante, ma vicina, talvolta nascosta e silente. Un romanzo che, metaforicamente, taglia la pelle, arriva alle vene, le strappa una a una per lasciare che sgorghino come fiumi in cui scorre un solo colore: il rosso del sangue di chi perde la vita e di chi sopravvive, di vittime e carnefici. Due gocce uguali, una per l’odio e una per l’amore.
Ci si salva iniziando da qui e così proseguendo, con la forza di cui tutto il mondo ha bisogno per andare avanti.
La nostra folle, furiosa città
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