La parola in ascolto
- Autore: Lucianna Argentino
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
In un’epoca in cui la comunicazione mediatica diventa assordante ed esorbitante, molto spesso portatrice di inganni e finalizzata alla distrazione più che all’informazione, capace di distogliere la coscienza dall’autoanalisi, dall’introspezione salutare, è necessario focalizzarsi sul silenzio, respirare profondamente e ritornare in noi stessi, in ascolto del nostro ritmo. Come intendeva Agostino. In sostanza: il silenzio conduce a sapere chi siamo. Il percorso va sempre dal conoscere all’agire in modo costruttivo e responsabile. Vale a dire rispondendo alla vita nel modo che la vita stessa suggerisce e chiede. In armonia. Con amore. Con letizia. Con speranza. E soprattutto nella consapevolezza che l’Essere eterno e divino rende noi suoi figli compartecipi di tanta grazia e infinita libertà.
Tali considerazioni nascono dentro la lettura e meditazione del bel saggio tematico La parola in ascolto di Lucianna Argentino, dedicato al silenzio (Manni editore, 2021, pp. 74).
È uno studio che va in profondità e ha impegnato l’autrice per anni. L’argomento è sviscerato attraverso svariate angolazioni, dalla filosofia alla mistica; include letteratura e arte, ma in primis si tratta di una esperienza personale, dunque non libresca ma calda e vitale. Ne scaturisce un testo di natura sapienziale, quasi oracolare, nutriente, da far risuonare in sé. Tocca le corde dell’anima, svela i suoi movimenti segreti, mette in contatto con una propria verità, specchio della verità universale. Il silenzio è conoscenza e luce, è "scintillatore", bellissima espressione derivata dalla scienza. Sì, perché Argentino compie, ed è questa una novità di notevole interesse, incursioni nel campo della fisica quantistica, con illuminazioni subitanee capaci di unificare il nostro pensiero troppo spesso diviso tra conoscenze scientifiche e umanistiche. Nel libro la frattura è sanata, scienza e fede si danno felicemente la mano, come accade nella visione mistica universale, capace di abbracciare l’esistenza con un unico sguardo complessivo. Di comprendere che "tutto è in tutto", la formula riscoperta dall’autrice è quella stessa greca "En kai Pan" Uno e Tutto: siamo legati da vincoli sottili di energia e amore.
Argentino testimonia che il silenzio è sostanza del mondo, lo permea, con immanenza e trascendenza, è "ante rem" prima della cosa, prima di noi, crea e ci crea, ma è pure "in re", nella cosa, in noi, sempre presente, in continua nascita, senza fine. Questa è la terminologia tomistica, ma è pure "salto quantico" di coscienza, consente di passare dell’effimero all’eterno, trasmuta il male in bene, compie l’incompiuto, accetta le nostre umane limitazioni per volverci verso l’alto. Scrive infatti l’autrice:
“Nel silenzio si discende come si discende nella preghiera e nella poesia per ascendere al sacro. Scalzi, senza bagaglio. Si respira piano, si cerca di far combaciare il ritmo del sangue con quello del respiro. Si chiudono gli occhi per rovesciare lo sguardo, per rivolgerlo dentro, nell’interiorità dove tenebra e luce, silenzio e parola dialogano in una comunione senza intermissione. La preghiera è la bitta dove ormeggiare la nostra precarietà e il silenzio è l’àpeiron che sgomenta, ma anche la materia informe pronta alla chiamata, al mare aperto perché la parola poetica, salda e libera, sfidi le onde e sia coraggio, sia forza, sia la capacità di trasformare e di rinascere sempre nuova, sempre nella riscrittura interiore compiuta da chi l’ascolta e la fa sua. Perché la parola poetica non è mai per sé, è sempre per l’altro. Presenza che nel limite si smargina a custodia dell’umano e del divino per la resplendentia6 del mondo”.
Riguardo alla luce e al suo essere "scintillatore", la poetessa chiarisce in una nota che il termine indica
"Emissione di radiazioni luminose da parte di un corpo in seguito al passaggio di elettroni da un livello energetico superiore ad un altro di energia più bassa”.
La fisica è, su un piano invisibile, analogicamente e in modo anagogico, metafisica. La “radiazione luminosa” è Dio, lo stesso suo silenzio che ci bacia.
La natura del silenzio è innanzi tutto ascolto e accoglienza. È fare spazio all’altro perché nell’altro siamo inclusi. È un utero carnale-spirituale, dunque un "athanor" in cui la vita è preparata e portata a conclusione dal nostro comprendere e fare. La natura femminile del silenzio, la sua oblatività, si staglia in magnifiche considerazioni di prosa poetica:
"Il silenzio è il grembo in cui sta in gestazione la parola poetica. Simile a una serra – luogo dove c’è sempre la giusta temperatura, dove si ha cura della fragilità delle cose e delle creature, dove il tempo offre riparo e riparazione, dove ogni conflitto trova pace e gesti sereni.
Terra di riconciliazione.
L’evangelista Luca (2,19 e 2,51) scrive: Maria serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore. Serbare – tenere insieme. Il materno silenzio di Maria è un luogo fisico, è il suo stesso cuore. Cuore in cui le parole e le azioni di suo figlio vivono nella e della sua perpetua maternità.”
Il silenzio è inclusione da cui nasce l’azione, il vivere ogni istante come rivelazione continua, parto, "epifanie" secondo la formula di Joyce, "occasioni" di Montale, “intermittenze del cuore” di Proust e "momenti di essere" di Virginia Woolf.
Il silenzio e la poesia, l’arte sono dunque parenti stretti, sono anzi la medesima cosa. Enormemente parlanti in tal senso la pittura di Caravaggio, di Antonello da Messina, rivisitate.
La parola poetica è scintilla che non potrebbe darsi se non fosse poggiata sul silenzio che, paradossalmente, è parola. Parola muta, linguaggio antico pre logico e sovra razionale dell’Origine; diventa parola di sguardi, di comunicazione empatica. Di pace in cui trovare ristoro, energia, il proprio farsi, insieme al dispiegarsi del mondo.
Continui, nel testo, i riferimenti alle Scritture, ma non soltanto, anche alla Cabala, alla sapienza base di molte culture. Si ricordano le viscere misericordiose di Dio, “Rahamim” in ebraico. Il silenzio di Dio è madre. Maria, come detto sopra, ne è la più pura testimonianza. Il suo tacere, linguaggio angelico, non è quasi mai interrotto nei Vangeli, salvo quando esorta alla sequela del Salvatore, il Cristo interiore.
Ascoltare il silenzio, "fare silenzio" è quindi l’attività principe, la più forte ed essenziale, la condizione dinamica "sine qua non" del nostro esistere. Da ritrovare.
Nel finale, che lascia muti, davvero senza parole, avvolti da un incanto celeste e terrestre, l’autrice cita, contraddicendoli dolcemente, in una conversazione ideale, Anna Achmatova, Ingeborg Bachmann ed Emil Cioran, poeti e filosofi. Si tratta di un epilogo che include la bellezza del perdono, gloria dello spirito rinato nella carne e “nella bocca”. Poesia dunque, per essere noi stessi "cattedrale", spazio consacrato in cui il silenzioso indicibile è detto:
"E lo voglio dire, Anna, che non è un’abitudine la vita, né è, Ingebor1, un’offesa, ma è un tenerci stretti ognuno al reciproco bisogno di dare un nome a ciò che ci fa prossimi e alla nostalgia che ci precede e anche, Emil, che gli altri possono altro oltre che deluderci. Possono essere l’inatteso che giunge e fa nuovo il consueto e se c’è stata offesa l’accoglie, la indossa, edifica il perdono e accede al tempio che ognuno custodisce nella bocca.”
Sì, potremmo cantare l’“Allelujah” di Haendel…
La parola in ascolto
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