La piccinina
- Autore: Silvia Montemurro
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: E/O
- Anno di pubblicazione: 2023
È notevole la capacità narrativa di Silvia Montemurro nel tenere insieme storia politica, storia del movimento operaio, diritti dell’infanzia, problemi sociali, facendone un affresco che dal punto di vista artistico si esprime nel quadro di Emilio Longoni, pittore divisionista milanese del primo ‘900, che, intitolando La piccinina uno dei suoi più celebri quadri, fornisce lo spunto per la copertina e il titolo stesso del romanzo pubblicato da e/o.
Nel quadro è ritratta una bambina di circa sei anni, con un vestito a balze rosa, una collana di sfere blu, un’enorme cappelliera al braccio, “un telegramma”, che serviva alle piscinine, ragazzine giovanissime, per consegnare a domicilio abiti, stoffe, cappelli, nelle case aristocratiche della Milano del 1902.
Il romanzo racconta dieci giorni di una folla di personaggi che danno vita alla storia. Nora, protagonista e voce narrante, vive in una famiglia violenta e anaffettiva. È balbuziente e non riesce a stare al passo con le aspettative di suo padre, un operaio socialista che la vorrebbe forte e coraggiosa, capace di leggere e di recitare una poesia in dialetto milanese che lei ha imparato a memoria: ma la voce non le esce, condannandola per sempre all’irrilevanza. Il padre muore sotto le cannonate di Bava Beccaris che fa sparare alla folla inerme e affamata; lei è costretta a fare la piscinina presso la maestra Ester, che la sfrutta, la maltratta, la affama, la deride e sopporta che suo marito la molesti impunemente.
C’è un momento però in cui le bambine e le adolescenti sfruttate decidono di ribellarsi e si riuniscono in gruppo in una protesta che diventa un primo embrione di sciopero. La tredicenne Giannina si improvvisa capo di questa insolita e coraggiosa protesta che raccoglie l’ostilità di molti, ma anche l’interesse dei giornali: il socialista Avanti dedica spazio a queste ragazzine che arrivano fino alla Camera del Lavoro e ai rappresentanti del sindacato per esprimere i loro “desiderata”. La muta Nora sarà una delle protagoniste coraggiose, aiutate dalla Lisa, l’amica del cuore che sa leggere, cantare, perché al contrario delle compagne ha fatto un salto di qualità e lavora in una casa signorile, dama di compagnia di una contessina. Lisa è piena di sensi di colpa per aver sottratto alle amiche del quartiere il bell’Achille, di cui Nora e Angelica erano invaghite; decide per questo di aiutare la causa della ribellione contro i soprusi insopportabili su piscinine lacere, affamate, denutrite, malmenate in famiglia.
Silvia Montemurro riesce a sintetizzare nel romanzo storia vera e personaggi di fantasia, amori, sessualità troppo precoce, violenza su minorenni indifese, promiscuità, ignoranza, degrado. Le famiglie sono un crogiolo di violenza, gli uomini “patriarchi” percuotono, deridono, stuprano, sfruttano: non c’è amore tra fratelli, genitori, figli, ma solo ansia di sopravvivenza a qualunque prezzo. La civilissima Milano ha i suoi antri oscuri, che l’autrice rivela nella storia dolorosa di bambine sacrificate, incapaci di ricevere amore, destinate ad una sorte di emarginazione e miseria.
Nora però, pur se in ritardo, riuscirà ad uscire dalla gabbia alla quale sembrava destinata. Non si sposerà, ma acquisterà libertà e indipendenza. Ormai adulta, al funerale del suo unico amico e protettore, Emilio Longoni, ritroverà se stessa bambina, la piscinina dal vestito rosa eternata dall’arte di un pittore che amava lei, sua madre Lucrezia, la natura, la montagna, il bianco delle nevi incontaminate.
Nel libro ci sono tante frasi, versi, locuzioni in quel dialetto milanese così difficile da comprendere per gli italiani di altre regioni:
“Mi son la piscinina che gira per Milàn/gira sira e mattina, l’è ‘l solito me tran-tran/ pocu, quand l’è sira fada, stufa,/straca, coppada/ con ona fam de loff/ voli a cà mia in d’on boff.”
Ma l’autrice fa dire alla sua giovane e sofferente protagonista, delusa dall’abbandono del ragazzo col ciuffo, l’Achille, anche parole che risuonano fortissime ad una sensibilità più attuale, direi universale:
“Ricordo quanto ho pianto per l’Achille. Allora pensavo non ci fosse dolore più grande. Invece c’è. Esiste. Il male peggiore che si possa provare è quello che ti lascia senza parole, senza respiro, senza lacrime. Che ti fa vergognare di te stessa, senza ragione. Quello per cui arrivi a non provare più nessuna emozione.”
La mancanza di parole, non solo perché si è balbuzienti, Nora la percepisce come violenza perché non riconosci la tua innocenza pur avendo subito un grave sopruso di cui ti senti colpevole. La storia di donne, bambine, adolescenti nella Milano del 1902 e non solo, come sappiamo bene.
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