“Questo libro dev’essere considerato esclusivamente come un tentativo letterario di mettere in luce in qualche modo il destino di un uomo”.
Mette le mani avanti Morten Brask in apertura del suo sostanzioso romanzo su William Sidis (“La vita perfetta di William Sidis”, Iperborea, 2014, traduzione di Ingrid Basso) e quando arrivi persino a commuoverti per la sorte (annunciata) dell’ex genio-bambino, pensi che ha davvero ragione lui: la vita, la morte e i miracoli di William Sidis sono soltanto un pretesto e questo romanzo è un meta-romanzo che fa i conti con luci e ombre, il senso primo e ultimo della vita. Ci sono dentro le stazioni privatissime di un’esistenza segnata dal genio ma anche - giocoforza - dal senso di incongruità, la parabola ascensionale/discensionale di un talento “sprecato”, un precoce “fenomeno da baraccone” perseguitato dai giornali, dalla fama, ma anche – soprattutto, in primo luogo - da una coacervo di saperi ipertrofico, troppo per non pagarne il prezzo.
I “numeri” del talento di Billy Sidis incutono quasi timore: a diciotto mesi legge il New York Times, a quattro anni impara greco e latino, a sei memorizza in un attimo ogni libro che gli capita a tiro, parla correttamente dieci lingue e, dopo aver scritto svariati saggi di matematica e astronomia, a undici anni presenta a Harvard la sua teoria sulla Quarta dimensione. Venuto su tra New York e Boston (1898-1944), William Sidis è stato una delle intelligenze più fulgide apparse sul pianeta Terra, il bambino con il Q.I. più alto mai misurato: 250-300. Adesso la domanda sarebbe questa: quanti di voi ne hanno sentito parlare? E, di conseguenza: come diavolo è possibile che un ingegno di tale spessore sia sparito senza lasciare traccia, senza incidere più di tanto nella storia e contro-storia della ricerca scientifica? Se siete a caccia di risposte univoche sappiate che questo libro non ne dà e non è un romanzo a tesi: quello che fa (benissimo) Morten Brask è sciorinare in forma narrativa ogni tassello dell’ontologia minima di Sidis, così che chi legga possa arrivare, semmai, alle conclusioni che vuole, ammesso che ne valga la pena e non sia meglio invece accontentarsi di un finale aperto (la vita è tutt’altro che matematica).
Che Billy non riesca a spuntarla fino in fondo perché prigioniero del suo enorme talento, perché socialmente emarginato, perché oppresso dalle aspettative del padre psichiatra o perché nevrotizzato da una figura materna giudicante, alla fine poco importa. Quello che davvero importa è che Billy si stagli dalle pagine di questo romanzo come un uomo singolare, con la segreta aspirazione ad essere un uomo qualunque, di “sentire” il mondo come lo sentono tutti (da qui, forse, l’amore idealizzato per la passionaria Martha e per gli ideali bolscevichi). Anche alla luce di ciò, “La vita perfetta di William Sidis” si scosta nettamente dal mero genere biografico, è un romanzo dentro le cui pagine scorre di tutto tranne che l’agiografia: ci sono miserie, ideali, umiliazioni, rivincite, formule matematiche e ipotesi strampalate (ma inappuntabili), filosofia, astronomia, episodi ilari ed altri drammatici, così come succede, più o meno, nel corso della vita. E’ un libro minuzioso, dalla presa potente e compatta, che ci rivela Morten Brask come un autore da seguire.
La vita perfetta di William Sidis
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