Le leggi della frontiera
- Autore: Javier Cercas
- Casa editrice: Guanda
- Anno di pubblicazione: 2013
Oggi l’annuncio che il re Juan Carlos di Spagna lascia il trono al figlio Felipe. Oggi Javier Cercas dedica al re un lungo pezzo su Repubblica, in cui afferma:
“ …I quasi quaranta anni del regno di Juan Carlos I sono stati i migliori della nostra storia moderna, quella in cui abbiamo goduto della maggiore libertà e prosperità…”
Lo scrittore spagnolo nel romanzo “Anatomia di un istante” rievocava il tentato colpo di stato del febbraio 1981, sventato proprio grazie alla prontezza e alla determinazione di Juan Carlos che in quella difficile situazione si conquistò definitivamente la stima e l’approvazione politica dei sudditi.
L’ultimo libro di Javier Cercas, “Le leggi della frontiera”, uscito in Spagna nel 2012 e in Italia per Guanda nel 2013, si rivela proprio oggi di stringente attualità.
La frontiera di cui parla il titolo è una linea di demarcazione, segnata dal fiume Ter, che nella città di Gerona, nel nord dello stato di Catalogna, divide i quartieri borghesi e benestanti dagli insediamenti miserabili dove si accalcano in desolata promiscuità poveri e nuovi immigrati.
Siamo nel 1978 e quella frontiera è anche una divisione fisica fra ragazzi di buona famiglia e bande di piccoli delinquenti che vanno affermandosi in quegli anni. Ignazio Canas, oggetto di sevizie a scuola da parte di ragazzi più grandi, finisce per incontrare in una sala giochi Zarco, poco più che adolescente ma già reduce da anni di riformatorio, che insieme alla bella e misteriosa Tere e ad un altro gruppetto di seguaci, mette a segno furti e rapine, fumando e consumando droga. Il ragazzo timido, occhialuto, insicuro, irretito da Tere e affascinato da Zarco, si associa alla loro banda e per un’intera estate compie insieme alla gang imprese delinquenziali scomparendo da casa e rompendo i rapporti con i genitori. Una rapina in banca andata male a causa di una probabile soffiata porterà Zarco in prigione e “Grafitas” (questo il soprannome di Ignazio) a rinunciare alla vita intrapresa grazie all’aiuto del padre e di un comprensivo ispettore di polizia.
La storia riprende molti anni dopo, quando nessuno ricorda più Ignazio, che è divenuto un noto avvocato penalista, mentre tutti ricordano Zarco, divenuto una leggenda, a causa dei suoi tentativi di evasione, delle donne che lo adorano, del fascino emanato dalle sue gesta disperate, quasi fosse stato una specie di Robin Hood, delle numerose interviste concesse a giornali popolari che sono riusciti a fare di un piccolo delinquente un personaggio mediatico.
La trama del libro si fa man mano più complessa perché le voci narranti divengono tre:
- c’è il racconto in prima persona di Ignazio al giornalista a cui ha dato incarico di scrivere il libro che racconta la storia nella quale è stato coinvolto e di cui non ha ancora capito davvero il senso;
- c’è la voce del direttore del carcere in cui Zarco è stato rinchiuso;
- c’è il commissario di polizia che non arrestò a suo tempo il ragazzo protagonista e che anche ora, passati tanti anni, non si decide a dirgli la verità.
Diversi punti di osservazione e angolature differenti su quel pezzo di storia spagnola che descrive il dopo Franco, quando la dittatura si trasforma in democrazia ma le strutture dello stato liberato da tanti anni di mancanza di effettivi diritti dei cittadini non reggono di fronte alle frange di ragazzi diseredati che cercano attraverso la violenza la loro affermazione. Zarco è il prototipo di quel modo di essere poveri e giovani negli anni Settanta. Attraverso la difficile epopea di quel piccolo eroe negativo, che aveva tratto ispirazione da uno sceneggiato cinese trasmesso dalla tv, “La frontiera del drago”, Javier Cercas analizza con la consueta capacità “anatomica” relazioni, psicologie, modalità di rapporto affettivo e sessuale, differenze culturali e generazionali in una parte d’Europa che si era tenuta marginale rispetto ad altre nazioni europee ma che in quegli anni prepara la sua rivincita.
“Allora in un commissariato tutto era permesso, non come ora, e quella era un’epoca di…come dire….d’impunità; non c’è un’altra parola: benché Franco fosse morto da tre anni, al commissariato facevamo tutto ciò che volevamo, che era poi ciò che avevamo sempre fatto. La verità è questa; poi, lo sa, le cose cambiarono, ma allora era così…”.
Questo è il passaggio che Cercas intende approfondire e lo fa con la sua consumata capacità di scrittura letteraria ma che resta sempre fortemente legata ai fatti e misfatti del suo paese, con la lucidità dell’artista e con la convinzione del militante che sa bene da che parte stiano bene e male.
Zarco e Grafitas, Tere e Marìa, direttori di carcere e commissari restano nel nostro immaginario di lettori a lungo, tanta è la capacità di costruire personaggi convincenti all’interno di intrecci originali che Javier Cercas ancora una volta mette in campo.
Le leggi della frontiera
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