Legione Straniera. Storia di un’avventura
- Autore: Stefano Di Marino
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2020
Stefano Di Marino, una garanzia in copertina, tanto nelle librerie reali o virtuali che in edicola. Scrive dall’età di 13 anni e lo fa di mestiere da trenta, firma ricorrente nella narrativa d’azione e di spionaggio per la popolare collana Segretissimo, anche esperto di cinema, traduttore, maestro di savate e arti marziali. Questa volta si presenta come autore del saggio storico Legione Straniera. Storia di un’avventura, pubblicato nel 2020 dalla casa editrice Odoya (282 pagine), con il consueto eccellente corredo di illustrazioni d’ogni genere in bianconero, a commento nel testo.
Un tributo al più celebre corpo d’intervento nei teatri di guerra internazionali, costituito da militari di passaporto estero, non cittadini dello Stato per cui combattono e che vanta una storia presto bicentenaria, visto che l’istituzione in Francia risale al 1831, regnante Luigi Filippo, figlio di Filippo Égalité.
Nell’accezione comune, si scrive Légion si legge romanticismo e grande considerazione delle capacità militari e dello spirito di sacrificio dei suoi componenti. Corpo ad arruolamento su domanda di volontari provenienti da qualsiasi Paese straniero, senza pregiudizi su precedenti penali o macchie del firmaiolo, va pur sempre classificato tecnicamente tra i reparti mercenari, sebbene questo contrasti con l’obiettivo di ciascuno dei suoi componenti di cambiare vita o affrontarne una diversa, più che di assicurarsi un compenso.
Il romanticismo è stato alimentato da letteratura e pellicole che hanno eternato l’immagine di eroi irriducibili che riscattano un passato da dimenticare col supremo olocausto di sé, combattendo fino all’ultimo per il Corpo leggendario. Da cinefilo competente, Di Marino dedica in appendice un capitolo ai film sulla Legione Straniera.
Oltre a quella delle fiction e della fantasia, c’è la Legione della realtà, erede di una tradizione di sangue, di cuore e tuttavia anche di conflitti combattuti con ferocia e di guerre non giuste. Non sfugge a Di Marino che dietro il mito si è mostrato il volto di un’istituzione militare braccio armato del colonialismo e dell’oppressione.
Impegnata con altri reparti scelti nella colonia algerina durante la rivolta per l’indipendenza, si distinse alla fine degli anni Cinquanta nella controguerriglia sul campo e nelle torture ad Algeri, andando incontro alla pagina buia del golpe contro il presidente De Gaulle, condotto confusamente dal gen. Salan e sventato dai servizi segreti e dalla chiarezza di visione dell’anziano capo di Stato. Chi avrebbe dovuto appoggiare il putsch non lo fece: i pieds noirs restarono freddi e fermi, pur in piena rottura con la madrepatria, accusata di trattare con i ribelli algerini.
La Legione visse un momento drammatico, sfiorò lo scioglimento. De Gaulle considerava inaffidabili tutti i reparti, anche quelli che non si erano schierati con i golpisti e la Sinistra chiedeva la radiazione, per le crudeltà commesse. Era quasi stato redatto il decreto, ma un veterano, il gen. Godard, convinse il presidente a soprassedere nel 1962, in considerazione della storia del Corpo, che si era sempre battuto per la libertà della Francia. Si voleva anche evitare che soldati addestrati andassero una volta congedati in massa ad ingrossare le file dei terroristi dell’OAS, che scatenavano attentati.
La Legione ne uscì confermata ma ridimensionata nei compiti e numeri (da 20mila a 8mila componenti). Del resto, l’intero esercito francese subì limitazioni, una volta concessa l’indipendenza alle colonie e tramontato l’impero.
Un altro degli aspetti leggendari della Legione è legato senz’altro alla proverbiale durezza degli addestramenti. Negli ultimi decenni, il culto della resistenza fisica e la severità del tirocinio si sono estesi a quasi tutte le forze armate francesi, come il “credo” che nessun compagno vada abbandonato, tipico di tutti i corpi speciali. Nessuno è obbligato a entrare nella Legione, ma se lo vuole fare occorre accertarsi che possegga le doti fisiche e morali richieste e che si adatti alle regole di ferro e alla mistica particolare della Legione. Meglio scoprire in anticipo chi non sia idoneo, che farlo sotto il fuoco. Non è per sadismo che gli addestratori sottopongono gli aspiranti a sforzi estremi, ma per scongiurare che possano cedere in combattimento, mettendo in pericolo la vita dei commilitoni. La selezione è severissima: mentre in passato veniva messa un’arma in mano a tutti i volontari, oggi solo il 10% arriva a sostituire al basco verde delle reclute l’agognato kepì bianco del legionario.
E pensare che tutto è nato per risolvere l’affollamento di cittadini stranieri che per varie ragioni politiche e personali avevano raggiunto la Francia, patria per tutti della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità, dopo la Rivoluzione del 1789. Fu Nicolas Soult, ex maresciallo di Napoleone e generale del nuovo Regno, a proporre di costituire un corpo armato permanente, reclutando volontari tra le comunità nazionali che andavano creando problemi sociali nel Paese. Sotto il comando di ufficiali transalpini, avrebbero e operato solo fuori dei confini nazionali. Così, una forza potenziale che cominciava a creare problemi veniva convogliata verso l’esterno. Arruolare stranieri liberava forza lavoro nazionale per le attività interne e i giovani francesi potevano evitare di spargere il sangue sulle sabbie del Nordafrica, dove le ambizioni imperiali spingevano la Francia.
Tuttora la Legione è “l’idea dell’avventura, del dovere, dello spirito di sacrificio al di là di ogni ideologia”. È una mistica della vita che non morirà mai, sebbene abbia assunto caratteristiche differenti.
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