Con il breve saggio Mito e religione in Grecia antica, Jean-Pierre Vernant (1914-2007), uno dei più importanti studiosi di antichità classica, descrive le caratteristiche della religione greca, i riti e i miti che ne fanno parte.
Nel delineare gli aspetti principali di questa religione, Vernant prende le distanze da tutti quegli gli studiosi, come A.J. Fustigiere, che hanno descritto la religione greca applicando ad essa i parametri del cristianesimo, sminuendo l’importanza dei miti e dando rilievo alle sole pratiche ritualistiche.
Secondo Fustigiere, alla radice di ogni religione vi sarebbe il timore revenziale verso le potenze sovrannaturali. Le diversità fra le religioni sarebbero pertanto fittizie, come lo sarebbero le differenze fra le varie divinità. Fustigiere ha pertanto applicato la sua visione monoteista alla religione greca, percorrendo, secondo Vernant, una strada sbagliata. La religione greca "è semplicemente diversa" da quelle monoteiste, ma non per questo è meno ricca di significato.
Quali sono allora le caratteristiche principali della religione greca oltre al politeismo?
In primo luogo, essa non dispone di un libro sacro, in cui si ritrova scritta una Verità inconfutabile. Per questo motivo, appare meno dogmatica e più plasmabile.
Il rituale religioso greco implicava "un sacrificio cruento di tipo alimentare" e la vittima (l’animale sacrificato) veniva prima uccisa, poi smembrata. La parte non commestibile veniva bruciata in onore degli Dei. Gli uomini, invece, mangiavano l’altra parte, che veniva cotta sul fuoco.
Il sacrificio greco sanciva in manera netta la differenza fra gli uomini e gli Dei, istituendo fra loro un eterno sodalizio e delimitando nello stesso tempo i rispettivi ambiti di competenza.
Agli Dei venivano riservate le ossa, ossia la parte non deperibile del corpo dell’animale, che simboleggiava anche la natura immortale dell’essere divino. Gli uomini, invece, essendo perituri, avevano bisogno di nutrirsi della carne delle bestie, ossia della parte deperibile del corpo dell’animale.
Il sacrificio, compiuto in ogni occasione della vita pubblica, costituisce per gli uomini un "pasto di festa"; gli antichi greci, infatti, mangiavano carne solo in queste occasioni. Ma, avverte l’autore, non bisogna confondere il pasto greco con la Comunione; i greci non mangiavano il Dio "sotto forma simbolica".
Il sacrificio serviva all’uomo greco anche per riconoscere la propria limitatezza nei confronti delle divinità. L’uomo infatti è mortale, il suo corpo deperisce con il tempo, ha bisogno di lavorare per nutrirsi, è soggetto alle malattie. Gli Dei, invece, sono immortali, non hanno bisogno di nutrirsi, non cambiano con il tempo, ma rimangono sempre gli stessi, giovani e belli. A differenza del Dio cristiano, non sono eterni, perché anche loro nascono dal Caos.
Il rito sacrificale sanciva anche la differenza fra gli uomini e le bestie, che invece mangiano senza regole, quando l’istinto lo ordina, e soprattutto mangiano carne cruda. L’uomo greco, invece, cuoce la carne con il fuoco.
Il fuoco non serve solo a rendere più gustosa la carne, ma distingue gli animali, che sono privi di legge, dagli uomini, che invece vivono in una società civilizzata.
In Grecia esistevano anche altre religioni, diverse da quella ufficiale, e che si distinguevano anche per il tipo di rito compiuto: i Misteri di Eleusi, l’Orfismo e il Dionisismo.
Vernant spiega con grande stile e semplicità le differenze che corrono fra queste religioni minoritarie e il culto ufficiale.
Suggerisco la lettura di questo saggio, che è breve e discorsivo, a tutti coloro che vogliono approfondire gli aspetti della religiosità greca. Il libro è inoltre indispensabile anche a coloro che studiano filosofia, per capire ed apprendere le dottrine, come quelle orfiche, che hanno sicuramente influenzato alcuni importanti filosofi successivi.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Mito e religione in Grecia antica - Jean
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