Mostarda. La guerra sporca
- Autore: Danilo Elia
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2021
Due righe semplici semplici, per i residenti stranieri ad Addis Abeba e la stampa internazionale: gli aerei italiani hanno sganciato su militari e civili bombe modello 500T cariche di gas mostarda e sono pronti a scatenare una guerra batteriologica sull’Abissinia. È quello ch’è scritto sui volantini che il protagonista di Mostarda. La guerra sporca lascia cadere volando sulla capitale etiopica, nella primavera 1936 e nel romanzo di Danilo Elia pubblicato da La Torre dei Venti (settembre 2021, collana Zefiro, 255 pagine), del Gruppo editoriale Tabula Fati di Chieti.
Danilo Elia è un giornalista, in RAI dal 2017, noto per due epici viaggi a bordo di una piccola Fiat 500R del 1973, raccontati in due libri-reportage tradotti anche all’estero. Nel 2005 è partito da Bari per raggiungere Pechino, in cento giorni. Un paio di anni dopo ha compiuto un tour via terra intorno al Mediterraneo. Nei due percorsi ha coperto in totale 26mila chilometri, passando dal Sahara, Mar Morto, Siberia, estremo Oriente russo e Cina. È autore di numerosi articoli sul mondo post sovietico e sta seguendo la guerra in Ucraina.
Un viaggiatore moderno, impressionato da un altro viaggiatore e giornalista (ma non solo), che lo ha preceduto poco meno di un secolo fa: Vittorio Beonio Brocchieri. Nato a Lodi nel 1902 e morto a Milano nel 1979, VBB è stato anche politologo, scrittore, accademico e aviatore, uno dei più famosi durante il fascismo per le sue imprese aeree, pilota militare nella Guerra d’Etiopia 1935-36 e nei primi anni della seconda mondiale. È alla sua figura che l’autore si è ispirato nell’immaginare il primattore e trasvolatore, che in questo libro realizza le vicende e racconta gli eventi, restando anonimo.
Un romanzo di avventure e di volo questo di Danilo Elia, ma soprattutto di storia, della guerra mussoliniana di conquista dell’Etiopia, per nulla onorevole secondo quanto messo in luce in questo lavoro. Ancora peggio: vergognosa, per l’impiego (proibito dalle convenzioni internazionali) di un aggressivo chimico dagli effetti terrificanti sull’uomo, tristemente noto per il largo abuso durante la Grande Guerra, da parte dei principali Stati in conflitto.
Il gas mostarda è l’iprite, un composto liquido di cloroetano, dal colore bruno-giallognolo e il caratteristico odore di aglio o senape, che a contatto con la mucosa o la cute distruggeva le cellule, con effetto perciò tanto ulcerante sul corpo che soffocante (se agiva sui tessuti delle vie respiratorie). Si infiltrava fino alla pelle, attraversando gli abiti, il cuoio, la gomma sottile e produceva piaghe e lesioni devastanti.
In Etiopia e Somalia, i Comandi italiani autorizzarono l’uso dell’iprite, soprattutto con bombe aeree da 280 kg, circa mille, contro le truppe nemiche, i crocevia, i guadi, gli affollamenti.
Il pilota che nel romanzo racconta la guerra nel Corno d’Africa e le precedenti conquiste aviatorie è “scrittore, docente universitario, giornalista, viaggiatore e un sacco di altre cose”, sebbene Danilo, pur “pescando a piene mani tra le avventure” di Beonio Brocchieri, non abbia voluto identificarlo nel suo protagonista, che resta personaggio di fantasia. È altro, respetto a VBB, per quanto abbia la stessa esperienza di voli in solitaria in tutto il mondo, a bordo del piccolo biplano Caproni di legno, tela e metallo. Epici, anche nel libro, la trasvolata da Taliedo (Milano) verso l’Unione sovietica nel 1934, gli atterraggi azzardati nelle steppe, l’incontro con una bionda aviatrice sovietica.
Il romanzo è quindi un libro di storia, quella dell’aeronauta lombardo e la pagina delle vergogne belliche dell’Italia fascista in terra abissina.
Nelle pagine compaiono il pilota, trasvolatore e comandante Italo Balbo, Vittorio Mussolini, secondogenito del Duce e bombardiere, i volontari dell’Arma aerea Galeazzo Ciano e Alessandro Pavolini, futuri fascisti di primo piano. Ci sono gesti coraggiosi e temerari, come il sorvolo di munite posizioni avversarie per gettare manifestini e gagliardetti. Ma sugli Abissini non piovevano soltanto fogli di carta innocui, i bombardamenti devastavano villaggi, case, tende con la croce rossa. E poi c’erano le bombe cariche di iprite, di cui non c’è traccia negli articoli apologetici dei corrispondenti di guerra e nei tanti libri pubblicati dai saggisti o anche dai reduci.
Invece è uno spaccato di storia del Paese che tutti dovremmo conoscere e respingere, insiste Danilo Elia. Perché tutti ne condividiamo il peso.
Anche Beonio Brocchieri ha condiviso tanto il fascismo che il razzismo e le gesta innominabili dell’impresa etiopica. Lo ha fatto in modo meno cinico di altri, ma la consapevolezza della sua compartecipazione ha raffreddato in Elia l’attaccamento a quella “figura leggendaria di professore volante”, diversa dagli altri celebri aviatori fascisti. Tuttavia, “è sempre a lui” che ha pensato, mentre faceva agire e parlare il suo personaggio.
Se nei resoconti di allora non compaiono le armi chimiche, c’è voluto del tempo perché gli storici accertassero il loro impiego. Certo gli aviatori erano al corrente, ma l’ordine superiore obbligava a tacere e negare. E si era paventato il passo successivo: l’uso di armi batteriologiche, sconsigliato dalla certezza che la Società delle Nazioni avrebbe inasprito le sanzioni contro la nostra aggressione coloniale. Comunque:
L’uso massiccio dei gas si era rivelato sufficientemente efficace, secondo un entusiastico Badoglio. Gli italiani-fascisti erano ben coscienti di quello che stavano facendo al popolo etiope.
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