Mrs. Poe
- Autore: Lynn Cullen
- Casa editrice: Neri Pozza
- Anno di pubblicazione: 2014
"Ha nome il fenomeno per cui, quando scopriamo una parola nuova o facciamo una nuova conoscenza, ci sembra di ritrovarle ovunque? A me capitò con il signor Poe e la sua poesia nelle settimane che seguirono il nostro primo incontro.”
Nel 1845 in una New York in pieno riassetto urbanistico, la poetessa Frances (Fanny) Sargent Osgood (1811 - 1850) dopo essersi separata dal marito Samuel aveva trovato rifugio a Washington Square presso la famiglia dell’editore John Russell Bartlett. In quel freddo e nevoso inverno Frances cercava di farsi pubblicare le sue opere nella speranza di rendersi indipendente ma era l’inquietante poesia Il corvo di Edgar Allan Poe (1809 - 1849) a dominare la scena letteraria newyorkese.
“Mentre, debole e stanco, verso la mezzanotte scorrea d’antico libro pagine strane e dotte sonnecchiando, ad un tratto come un picchio ascoltai, un lieve, un gentil picchio de la mia stanza all’uscio. - È qualcuno che picchia de la mia stanza all’uscio, e non altro, – pensai.”
Prima di farsi un nome con questa poesia il lunatico e misterioso autore, recensionista sull’Evening Mirror, era conosciuto per la sua penna al vetriolo.
“Lo chiamavano il Macellaio, a causa della foga con cui massacrava i colleghi.”
Nel 1836 l’ombroso Poe dal carattere complesso, rovinato da un’infanzia traumatica, e peggior nemico di se stesso con il suo speciale talento per inimicarsi il prossimo, aveva sposato la cugina Virginia Clemm allora tredicenne, minata dalla tubercolosi. La moglie dell’“attuale idolo di New York” aveva le sembianze di una giovane ma al suo sguardo non sfuggiva nulla. Frances Osgood in quel periodo della sua vita sentiva il bisogno di allargare il proprio orizzonte scrivendo non più solo libri e poesie per bambini ma qualcosa di più impegnativo che avrebbe dovuto rivelare il suo talento. Figlia di un ricco mercante di Boston, Frances aveva incautamente sposato il pittore Samuel Osgood dal quale aveva avuto due figlie: Vinnie ed Ellen. Di differente estrazione sociale, l’artista aveva tradito la moglie con le sue benestanti clienti.
“Non esiste al mondo creatura più orgogliosa di un uomo di umili origini.”
Il fatale incontro tra Poe “esile, vestito in modo impeccabile” e la bella Frances era avvenuto nel salotto di Miss Lynch in Waverly Place, dove si riuniva abitualmente la società letteraria di New York. Tra gli ospiti che si aggiravano nelle ampie sale si potevano incontrare Walter Whitman “che ostentava una redingote e le crespe in voga nel secolo precedente”, Louisa Alcott dallo sguardo sognante, Herman Melville con in bocca un sigaro più grande di lui. Inoltre spesso si ritrovavano anche Margaret Fuller responsabile della pagina letteraria del New York Tribune, “una delle poche donne americane che riuscissero a mantenersi scrivendo”, Stephen Pearl Andrews, fondatore del Movimento per il Libero Amore e il Reverendo Rufus Griswold proveniente da Filadelfia, autore di The Poets and Poetry of America (volume stroncato da Poe sull’Evening) allora considerato arbitro supremo della lirica americana.
Tra Frances e Poe era immediatamente scattata la scintilla dell’attrazione, entrambi accomunati dalla passione per la poesia.
“Io e voi siamo poeti, Signora Osgood, il nostro mestiere consiste nel suscitare domande, non nel fornire risposte.”
Non era solo un’infatuazione ma un sentimento travolgente, inaspettato, dal quale era impossibile tornare indietro.
“Sapevo che la mia vita era cambiata, in una maniera meravigliosa eppure dolente. Per sempre.”
Ma l’affinità elettiva tra i due innamorati “grazie per aver illuminato la mia vita” era già stata notata dalla pettegola e perbenista società newyorkese di metà Ottocento.
“Fate attenzione al destino, ha sempre l’ultima parola.”
Con il romanzo Mrs. Poe (Neri Pozza, 2014, traduzione di Massimo Ortelio) l’autrice americana Lynn Cullen dipinge un magnifico affresco di un mondo in pieno cambiamento attraverso il ritratto di uno scrittore geniale, il cui tormento interiore lo faceva assomigliare a un animale ferito.
“... con la sua bella testa orgogliosa, gli occhi grigi in cui balenava una luce di sentimenti e pensieri eletti, nei modi e nell’espressione un incrocio di inimitabile di soavità e alterigia, mi salutò con pacata gravità, quasi freddamente; eppure c’era in quel viso una tale serietà che non potei non esserne profondamente impressionata. Da quel momento fino alla sua morte, fummo amici...” (Frances Sargent Osgood, da una lettera a R. W. Griswold, 1850).
Bellissima la figura di Frances che aveva come obiettivo quello di farsi un nome nell’universo letterario senza dimenticare di essere una buona madre per le sue piccole figlie. Combattuta tra il desiderio e il dovere, consapevole di vivere un amore impossibile, Frances era sempre più cosciente del proprio sperdimento.
“Doveva essere mio anche a costo della vita.”
Nelle note finali l’autrice precisa che scrivendo questo romanzo desiderava capire in che modo Frances Sargent Osgood fosse diventata l’amante di Edgar Poe, “una circostanza tuttora negata da molti studiosi”. Un’opera “straziante” nella quale si comprende come il grande autore statunitense, creatore del genere poliziesco, non solo seppe scrivere avvincenti storie paurose ma le visse in prima persona. “Una delle città più eccitanti del mondo” vedeva salire in cielo palloni aerostatici, svilupparsi l’arte mesmerica e la moda per il dagherrotipo, inventare il telegrafo da parte di Samuel Morse, prosperare l’American Museum di Barnum con “gli striscioni che promettevano attrazioni fasulle” mentre un grande amore nasceva e moriva nel giro di pochi anni.
“Vi sento, sapete, mentre lavoro o vado in ufficio, sento che il vostro cuore mi cerca. Se avete bisogno di me, Frances, non dovete far altro che pensarmi, e io sarò da voi.”
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