Napoli ferrovia
- Autore: Ermanno Rea
Finalista per il Premio Strega 2008
Caracas ha 55 anni, è nato in Venezuela ed è il re della zona della stazione. Ha il cranio rasato e le idee razziste di un naziskin, si sta convertendo all’Islam, detesta i ricchi e gli americani, appena può aiuta gli sconfitti, i senzaniente. L’io narrante è un giornalista quasi ottantenne, tornato a Napoli dopo moltissimi anni. Ritrova Caracas, vecchio amico di una vita fa, e insieme percorrono il cuore più inospitale della città. I loro giri notturni sono un viaggio a ritroso nel tempo - gli anni Quaranta e Cinquanta, ma anche l’epoca dei nonni e bisnonni - e l’occasione per raccontarsi. Caracas rivive la sua disperata storia d’amore con Rosa La Rosa, irreparabilmente inquinata dall’eroina. Il narratore ripensa all’epoca in cui grandi giornalisti e scrittori avevano tentato di salvare l’anima di Napoli. Finché una rivelazione li separa per sempre. (Note di copertina)
Napoli è un’emergenza per la società contemporanea: per la sporcizia, la spazzatura, la camorra, la corruzione, la droga... ma è anche la meraviglia del sogno della multiculturalità davvero vissuta e praticata. Ermanno Rea, nel raccontarci la storia di Caracas, un venezuelano divenuto napoletano, ci racconta di sè, della propria napoletanità delusa e poi insperatamente ritrovata... Ricordo un titolo splendido di La Capria, L’armonia perduta, che mi è tornato in mente leggendo le pagine ricche e intensissime di Rea, i suoi giri per i vicoli alla ricerca della sua identità, l’incontro con la folla multietnica intorno alla Ferrovia, gli interni squallidi dei bassi, la ricchezza ostentata vicino alla miseria estrema, l’inferno della droga. Lo scrittore e Caracas, novelli Dante e Virgilio, scendono fin dentro gli abissi più turpi della città, come Matilde Serao, come Malaparte, come Eduardo de Filippo, e malgrado il marciume e il degrado ancora si sente la speranza che un giorno Napoli possa diventare la città mediterranea accogliente che aveva sognato nel 300 Carlo d’Angiò, quella in cui Boccaccio aveva studiato, quella raccontata da De Simone, cantata dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare, da Bennato, da Pino Daniele.
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