Nelle foreste siberiane di Sylvain Tesson

Sylvain Tesson ha 37 anni quando decide di passare a miglior vita. Non si uccide, tranquilli, ma dal Febbraio a Luglio del 2010 si trasferisce in una capanna presso il lago Bajkal. Da Parigi alla Siberia. Non è la prima volta che l’uomo compie questo tipo di imprese, basti pensare a Thoreau sulle sponde del lago Walden e allo stesso Sylvian che - diciamo così- è abbastanza avvezzo a questo tipo di esperienze “no limits”, tanto che ha percorso a piedi e in bicicletta gran parte dei terreni impervi di questo mondo. Non è un novellino, né tanto meno uno che è stato disarcionato sulla via di Damasco, tuttavia quest’esperienza è diversa.

Sylvain ha viaggiato per arrivare alla sua capanna e poi si è fermato.
Ha vissuto lì, non come un eremita perché ogni tanto qualche russo gli ha fatto visita, e poi aveva libri e musica, ma era solo ad affrontare se stesso e il fantasma della civilizzazione, solo, per scoprire se aveva o no una vita interiore. E ce l’ha? Sì. E com’è? Bella, levigata dalle cose che vede, scossa e turbata da quel poco che in fondo basta per vivere.

In questo diario, oltre ad elenchi delle cose che fa e che vede e descrizioni liriche della natura che lo circonda, ci sono anche molte impressioni a caldo sulle sue letture che spaziano da Sade a Kundera, passando per Lucrezio e considerazioni. Ad esempio, sentite bella questa, sul violare i tabù:

“la prima volta è stato quando ho guardato il fondale del Mare di Aral prosciugato dall’Uomo, la seconda quando ho letto il diario di una donna, la terza quando sono passato con un furgone sulle acque del Bajkal”.

Buffo è leggere come Sylvain - il francese - annoveri tra la lista delle cose necessarie per il suo soggiorno sul lago una bandiera francese per il 14 luglio, alla faccia della disastrosa campagna russa napoleonica!