Pane dai cherubini
- Autore: Taurinense 1532
- Genere: Religioni
- Categoria: Saggistica
Pane dai cherubini (pp. 294, Edizioni Mediterranee, 1977) è un testo esoterico scritto da un anonimo, così come vuole la tradizione occulta. Il nome in codice che l’autore ha scelto è Taurinense 1532 e qui già sappiamo che il discorso parte da Torino, città magica, con don Bosco, la Sindone e il Museo Egizio, secondo per importanza solo a quello del Cairo.
Si tratta di una summa, un trattato della spiritualità senza confini, in quanto unisce le tradizioni occidentali, come la magia della messa, i Vangeli apocrifi, le teorie degli eresiarchi, l’esicasmo, con la spiritualità orientale, il buddismo tibetano, Il libro dei morti, lo zen.
L’unità di ogni esoterismo nella visione di fondo, che è visione divina del mondo, è naturale:
per ricapitolare il principio fondamentale, Magia, Alchimia, Religioni esotericamente intese, sono una sola ed Unica Cosa.
Tutto deriva dal Telesma o Spiritus Mundi, il “Grande Agente Magico” dei teosofi e degli ermetisti, di cui si tratta nella Tavola Smeraldina egiziana. L’originale di questa lastra, incisa con punta di diamante, non è stato mai trovato. Ne esistono versioni arabe e latine che anche Galileo studiò a lungo.
La conoscenza viene dall’alto, da mondi spirituali, è data dopo averla cercata, dopo gli sforzi compiuti per acquisirla. È data quando si è in grado di comprenderla. Le figure angeliche detentrici della verità sono i cherubini, secondo l’Angeologia di Dionigi l’Aeropagita e di Dante nel Paradiso.
La magia si occupa dei rapporti armonici del singolo con il Tutto, di matematica, specie nell’astrologia, di corrispondenze, di legami; l’alchimia della trasformazione e trasmutazione, del ciclo vita-morte-rinascita.
L’autore dà ampio spazio alla filocalia del cristianesimo ortodosso come via del cuore che lega il nome di Dio, ripetendolo ritmicamente al proprio respiro, fino a sentire l’unione con il Principio, la scintilla divina in noi, nascosta nell’organo cardiaco.
Le vie verso l’illuminazione, la coscienza individuale e cosmica, sono tante, tutte ugualmente valide, percorribili a seconda dei doni, dei carismi ricevuti. Riguardo alla magia, le varie mantiche divinatorie, astrologia, chiromanzia, numerologia, tarocchi eccetera, valgono per quanto la persona è capace di creare una sintonia con il tutto, con il Telesma, attraverso il mezzo scelto.
Le vie non sono riservate agli eruditi. L’autore ricorda Jacob Böhme, il ciabattino tedesco illetterato rinascimentale che nelle sue intuizioni precedette Spinoza, Shelling, Hegel. Le idee le aveva molto chiare, tanto che scrisse:
Le cose che è utile all’uomo di conoscere sono: Cosa egli sia, donde gli provenga il bene e il male, come si comporterà nel bene e nel male, come potrà curarsi corporalmente e spiritualmente, in qual modo potrà raggiungere tale scopo.
E per raggiungere tale scopo è necessario essere compenetrati dallo Spirito Santo, che fa intendere il Verbo. Non è sufficiente la razionalità:
Non comprendo completamente e non assimilo i discorsi e le letture, se il loro Spirito, balzando fuori dalla loro impronta formale, non entri nel mio e non vi si imprima.
La conoscenza è un movimento compiuto da due parti, che devono fondersi.
Un capitolo del libro è dedicato agli “innamorati di Dio”: Ermete, Plotino, Agostino, Alberto Magno e altri.
Seguire la via implica l’abbandono della superbia. Ciò porta alla felicità, nata dal conoscersi da “dentro”, ascoltandosi. I cherubini sono in noi, come in noi è il Regno.
Testo ricco di citazioni, di suggestioni, a chi lo desideri può dare lo stimolo di mettersi in cammino verso l’invisibile, non percepibile con i sensi.
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