Parola mia. Interviste e altri inediti
- Autore: Arthur Conan Doyle
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2023
Arthur Conan Doyle era scozzese. Nacque, infatti, a Edimburgo, nel 1859, ma entrambi i genitori avevano origini irlandesi, soprattutto sua madre, una donna ferma e risoluta che voleva che il figlio diventasse qualcuno d’importante.
Per rispondere alle aspettative materne Doyle prese a studiare Medicina e fu una scelta azzeccata, perché si laureò in breve tempo. A ventidue anni (c’è da dire che alla fine del 1800, ci si laureava e ci sposava prima perché la vita media era più breve) già praticava come dottore a chiamata, poiché in Gran Bretagna non c’era ancora la figura del medico di famiglia. In seguito Conan Doyle lavorò sulle navi, dove si ammalò di una specie di febbre malarica che lo risparmiò, portandosi invece via un altro giovane che aveva contratto il virus.
Il suo primo racconto l’autore lo scrisse a diciassette anni e venne subito pubblicato, anche se Arthur Conan Doyle mantenne il totale anonimato per dieci anni.
Nell’interessante volume Parola mia. Interviste e altri inediti (Lorenzo de’ Medici Press, 2023, trad. Fabrizio Bagatti) troviamo alcune interessanti testimonianze dalla voce dell’autore di Sherlock Holmes. L’autore confessò, in una delle sue prime interviste, che il lavoro di scrittore gli piaceva più della carriera medica, ma non avendo ancora un nome, non poteva assolutamente permettersi di vivere solo con la scrittura.
Al giornalista disse che era fortemente interessato agli Stati Uniti e che vedeva l’America del Nord appaiata con l’Inghilterra per estendere il dominio fino a tutta l’Europa. Mentre per quanto riguarda la religione non era né anglicano, né cattolico, ma era soprattutto agnostico fino a quando non iniziò a leggere di pratiche esoteriche e di spiritismo.
La nascita di Sherlock Holmes fu del tutto casuale. Cercava un personaggio che con la "logica deduttiva" risolvesse un caso per scoprire l’assassino. Le deduzioni non dovevano essere stringenti, per dare al lettore l’illusione di aver scoperto il criminale prima ancora delle forze dell’ordine. Ma in queste interviste, Doyle parla dei libri con protagonista Sherlock Holmes come opere "minori", rispetto ai tanti romanzi da lui scritti.
Agli inizi l’autore dunque non si accorse della fortuna che i suoi libri avrebbero avuto.
D’altra parte la letteratura di genere, che ai tempi non era ben sistematizzata, per Arthur Conan Doyle aveva dei difetti che gli resero odiose le vicende di Sherlock Holmes, ovvero una una trama ricca di indizi, mentre veniva ridotta al lumicino la complessità dei personaggi, le loro psicologie, il loro vissuto.
Se Holmes aveva le sue abitudini e le sue idiosincrasie, i personaggi che facevano da sfondo potevano essere interscambiabili senza nessun problema. A tal punto arrivò il fastidio che l’autore fece morire Holmes nell’ultimo romanzo che lo vedeva protagonista. Non avrebbe mai immaginato la reazione che quest’ultimo capitolo avrebbe scatenato nel mondo dei lettori. Ricevette numerose lettere, in maggioranza scritte da donne, che nel peggiore dei casi iniziavano così: "Salve Mostro". Ma lo scrittore fu irremovibile e, in ogni caso, i romanzi gialli in cui è presente Sherlock Holmes sono comunque numerosi e ora sembrano essersi persino moltiplicati con i film tratti dalle sue storie.
Nel libro è presente anche un inedito succoso su un Conan Doyle che ricostruisce un processo dei primi del Novecento dal titolo Il caso di Oscar Slater. È un vero e proprio pamphlet, pubblicato nel 1912, in difesa di un uomo, Slater appunto, che fu condannato a morte a causa di un omicidio, ma che due giorni prima dell’esecuzione si trasformò in ergastolo.
C’è la ricostruzione giudiziaria per intero, scritta da Conan Doyle con estrema puntigliosità. Il pamphlet si conclude con la certezza di aver condannato al carcere a vita un uomo che in realtà non commise nessuno omicidio.
Ma analizziamo brevemente i fatti: nel 1908, viveva a Glasgow, un’anziana signorina di nome Marion Gilchrist in un appartamento al primo piano del numero 15 di Queen’s Terrace. L’appartamento al piano di sopra era sfitto e gli unici vicini abitavano al piano terra sottostante con un ingresso separato. La signora viveva con una domestica di ventuno anni da quattro anni a suo servizio. La donna faceva una vita molto ritirata ma aveva un vizio: quello di comprare gioielli dal solito gioielliere, da anelli a diademi, che lasciava custoditi in casa, avendo poche occasioni per sfoggiarli. L’intera somma del suo tesoro ammontava sulle tremila sterline.
Il 21 dicembre la domestica si allontana pochi minuti, una decina, mentre gli Adams si trovano a casa e sentono un rumore fortissimo. Preoccupati suonano al campanello dell’ingresso: nessuno apre. Pensavo che forse fosse caduto qualcosa. Gli Adams tornano a casa, ma sono preoccupati di non sentire più nessun passo. Usciti per bussare di nuovo incontrano finalmente la domestica e le parlano di un rumore forte, la ragazza pensa si siano rotte le carrucole che reggono i panni stesi in cucina, mentre la verità è che la donna è caduta per terra e viene ritrovata morta con il cranio fracassato.
Durante le indagini emerge che c’era un uomo giovane in casa, che la domestica tuttavia non saluta e della cui identità non si preoccupa molto. Viene chiesto alla domestica e agli Adams di descrivere l’aspetto di questo giovane. Alto un metro e ottanta (quindi altissimo ai primi del Novecento), vestito con un certo stile.
Il 25 dicembre, il giorno di Natale, l’uomo misterioso viene individuato da una signora che abita vicino al banco dei pegni. È l’ebreo tedesco Oscar Slater. Questo l’antefatto del processo narrato da Doyle.
Al netto delle interviste interessanti ad Arthur Conan Doyle, questo libro andrebbe comprato e letto anche soltanto per l’inedito che vi è contenuto e per la piega assurda che prese il processo, teso a condannare da subito un innocente, un ebreo tedesco di passaggio a Glasgow.
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