Storie di pirati e d’alto mare
- Autore: Arthur Conan Doyle
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Mursia
- Anno di pubblicazione: 2017
Fare carena: non c’era operazione più essenziale per i pirati dell’Atlantico centrale. Pulendo accuratamente gli scafi dalle incrostazioni, i battelli guadagnavano quella velocità in più indispensabile per raggiungere i grassi mercantili da abbordare o per sfuggire alle navi da guerra che davano loro la caccia. È uno dei segreti tecnici dell’arte nautica al tempo della vela indicati dalla penna sapiente di Arthur Conan Doyle nella raccolta di racconti “Storie di pirati e d’alto mare”, pubblicata nel 2017 da Mursia editore (214 pagine 17 euro).
Per fare carena, come si apprende nel corso di una delle avventure del bucaniere Sharkey, la nave veniva alleggerita, fatta scivolare su bassi fondali, tirata il più possibile in secca e inclinata da un lato, per raschiare per bene la fiancata, da cima a fondo.
Conan Doyle (1859-1930), papà dell’infallibile Sherlock Holmes, era stato imbarcato come medico di bordo in età giovanile e poteva disporre di una certa competenza marinara, in aggiunta ad uno spiccato spirito di osservazione e alla grande capacità di scrittura.
Scozzese, creatore del giallo deduttivo e del fantastico d’avventura quali sottogeneri del giallo tout court, ancora prima della laurea in medicina il giovane Arthur aveva condotto in mare un’esperienza che ha sempre ritenuto fondamentale in tutta la sua vita. Era stato medico di bordo sulla baleniera Hope nel 1880 e l’anno seguente sul Mayumba, battello di linea dall’Inghilterra all’Africa occidentale.
La raccolta di short stories marinare (dodici, sei di pirati e sei di mare e navigazione), venne data alle stampe nel 1922. Tra il 1897 e il 1911 erano già apparse intanto sul Pearson’s Magazine i quattro racconti di Sharkey: vita, nefandezze, bizzarrie e a quanto pare anche morte del famigerato capitano della Happy Delivery, una delle più temute vele pirata dell’Oceano Atlantico, un brigantino a palo con venti cannoni.
Nei racconti, quella nave incute paura sono a nominarla e Sharkey viene considerato da tutti l’incarnazione del male. La fama dei suoi misfatti è pari solo alla sua proverbiale combattività al carattere scontroso e solitario.
Lo scrittore insiste sugli occhi di un azzurro chiarissimo, velati e cerchiati. Un mix inconfondibile, una specie di carta di identità permanente che lo rendono facilmente riconoscibile e questo non gli piace, lo costringe a celare lo sguardo con astuzia, nei tanti travestimenti che adotta. Deve anche evitare i luoghi abitati, dove facilmente qualcuno gli si getterebbe addosso urlando come un ossesso, per vendicare qualche feroce omicidio.
È una condotta diversa da quella di altri noti pirati, che non disdegnavano di presentarsi in centri affollati, anche col fucile in spalla. Il leggendario Barbanera aveva osato farlo nella popolosa Charleston e proprio lì il tenente Maynard lo aveva decapitato, infilzando la testa nel bompresso, l’albero che sporgeva orizzontale dalle prue.
Sharkey spiega come procurarsi una flotta pirata dal nulla. Con pochissimi uomini decisi si ruba una barchetta. Con quella si prende un somalo, col somalo un brigantino, col brigantino un veliero, con quello altri velieri.
Si ha modo di seguire combattimenti navali, scambi di bordate, rotte d’abbordaggio, feroci arrembaggi. La fregata di Sua Maestà Leda, 32 cannoni, ingaggia un inseguimento e un conflitto con la più potente vela francese, La Gloire, ben 48 cannoni.
Tra le pagine si incontrano personaggi di ogni risma a latitudini e longitudini svariate. Si fa conoscenza persino col misterioso forziere “assassino” di don Ramirez de Leyra. Questo per dire della presenza del fantastico nella narrativa breve del medico scrittore.
Suggestivo il brano in cui Conan Doyle propone una soluzione del mistero del brigantino Marie Celeste. Fin dal 1874, la fantasia dell’epoca venne scatenata dal ritrovamento di una nave alla deriva, intatta ma senza equipaggio. Le condizioni portavano ad escludere un abbandono a causa di maltempo o collisione. Nessun segno di lotta o violenza, scialuppe e carico intatti. Prima ancora che Charles Berlitz collocasse la Marie Celeste tra le sparizioni misteriose nel Triangolo delle Bermuda, Arthur aveva detto la sua.
In questa sede non staremo a rivelare alcunché, semmai possiamo dare qualche informazione sul destino del tremendo capitano Sharkey.
Sulle sue tracce si pone Copley Banks di Kingston, agiato commerciante di zucchero delle Indie occidentali. Tre anni prima, la moglie e i due figli erano andati incontro ad una morte infame in Atlantico, sulla Duchessa di Cornovaglia, depredata e affondata dal sanguinario bucaniere. Banks si trasforma in pirata, incontra Sharkey e insieme pirateggiano a lungo in combutta. Guadagnata così la fiducia del criminale, l’uomo può mettere a punto una vendetta, col concorso di un grosso barile di polvere da sparo.
Storie di pirati e d'alto mare
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