Poesie dall’inferno
- Autore: Giorgio Anelli
- Categoria: Poesia
- Casa editrice: Ensemble Edizioni
- Anno di pubblicazione: 2022
Giorgio Anelli (1974) è un poeta schivo, appartato, ma già conosciuto nella comunità letteraria e a chi ama la lirica contemporanea italiana. Ha pubblicato su diverse riviste, diversi literary blog. Ha pubblicato diverse opere di poesia, di prosa e di saggistica. Tanto per fugare ogni dubbio io non conosco personalmente Anelli. So a grandi linee chi è, cosa pensa, cosa fa nella vita. Se recensisco Poesie dall’inferno (Ensemble, 2022) non è solo perché lo ritengo degno di nota, ma molto di più: è uno dei libri di poesia che mi hanno più colpito in questi ultimi due, tre anni. A mio avviso è meritevole di essere segnalato. Dell’autore conosco ben poco. Per quello che so non ama il protagonismo né litiga con altri letterati in un ambito in cui, come scrive il poeta e editore Alessandro Canzian, non si è poeti se non si litiga con altri poeti. Invece Anelli si chiama sempre fuori dalle polemiche, dalle risse verbali, saggiamente.
Recentemente, essendo chiusa la biblioteca comunale di Pontedera da cui prendo in prestito libri oppure li compro usati a mezzo o a un euro, ho deciso di acquistare questo libro di Anelli. Ne avevo già letto uno pubblicato da Kolibris e mi era piaciuto molto. Avevo letto alcuni suoi articoli pubblicati su Pangea, rivista diretta da Davide Brullo, e mi erano piaciuti davvero. E allora mi sono chiesto: perché non comprarlo? C’erano tutte le premesse, i prerequisiti per acquistarlo e così ho fatto. Per chi ama la poesia contemporanea sono soldi ben spesi, ma lo sono egualmente anche per chi non la ama o anche magari per chi sospende il giudizio, ma vuole sapere dove va la poesia italica: sono sicuro che questi versi infatti faranno sobbalzare dalla sedia anche molti profani, anche coloro che non sono appassionati del genere. Anzi sono sicuro che molti detrattori della poesia italiana contemporanea si ricrederebbero leggendo questo volume.
L’autore è schietto, sincero, autentico; nella sua poesia non ci sono trucchi né infingimenti. Essere sé stessi in poesia oggi non è impresa da poco e Anelli riesce in questa impresa. Altra cosa che colpisce è il fatto che non è mai ambiguo, segue sempre un suo filo logico, è apparentemente tutto chiaro; eppure riesce sempre a essere letterario e a menare fendenti, a scardinare luoghi comuni e certezze. Il poeta è colto, ma non ricerca la compostezza formale: è troppo preso da quello che ha da dire, c’è in lui un bisogno insopprimibile di cercare della verità umana.
È altrettanto vero che non si rifà alla tradizione letteraria, pur essendo persona colta, ma la sua poesia ha come illustri predecessori i poeti maledetti, gli espressionisti lombardi, la poesia esistenziale/metafisica di De Angelis, La ragazza Carla di Pagliarani, Il disperso di Cucchi, La capitale del nord di Majorino, etc etc.
Inoltre se è vero che per ogni poeta si deve cercare un trauma specifico che lo ha segnato e indotto a scrivere penso proprio che per Anelli il trauma sia generale, ovvero l’essere gettati nel mondo di heideggeriana memoria, l’essere nel mondo. Per il poeta a mio avviso il trauma è la vita stessa, ma non per lo scacco esistenziale di Montale, ovvero dell’anello che non tiene, piuttosto per le offese, gli oltraggi, le ferite che la vita compie continuamente. In questo libro si trova lo spaesamento, lo smarrimento, ma anche la solitudine feroce di un poeta. Non c’è solo il vissuto personale.
Il discorso si estende e si fa generazionale. Il poeta esprime tutto il disagio della generazione X e di quelle venute dopo. Descrive il senso di sconfitta di chi è costretto a lavori interinali, alla sottoccupazione, ai lavori sottopagati: giovani e non che hanno anche studiato, hanno un titolo di studio e ciò nonostante sono costretti a farsi aiutare dai genitori. Anelli descrive in modo non bozzettistico lo sbando dell’umanità italica, l’alienazione, i paradossi, le contraddizioni del Paese che sperimentiamo tutti ogni giorno.
In questi versi c’è tutta la vita con le sue problematiche quotidiane e le sue magagne. C’è anche il degrado urbano. Il poeta non può avere paura dell’inferno ultraterreno perché in vita ha già visto quello terreno, come scrissero su un muro dei ragazzi di Scampia tempo fa. Molti poeti per partito preso e in via del tutto teorica si professano realisti, magari per contrapporsi agli idealisti e farne una polemica tanto sterile quanto filosofica e letteraria. Anelli invece è davvero realista perché è calato totalmente nella realtà, aderisce alla realtà in modo umanamente perfetto (mi si permetta l’ossimoro).
Per quanto riguarda le due polarità io e mondo con cui alcuni critici giudicano la postura autoriale va detto che l’autore dimostra equilibrio e assennatezza, non essendo mai egoriferito né orientandosi troppo verso gli oggetti. In questo libro non ci sono descrizioni minuziose del proprio stato d’animo né di paesaggi. Non ci sono tracce di compiacimento, di leziosismi, di virtuosismi. Anelli non vuole dimostrare di essere il più bravo, il più colto, il più intelligente, come fanno in molti. Vuole comunicare, esprimere il suo mondo interiore e la realtà circostante, con passione ma mantenendo obiettività e quel tanto di distanza necessaria per fare poesia, non riducendo mai tutto a uno sfogo.
C’è anche molta dignità in Anelli perché c’è compostezza umana e manca l’autocommiserazione. Insomma un poeta vero tra tanti che si atteggiano, che sono dilettanti, che non hanno le caratteristiche idonee. È un peccato che non sia più conosciuto perché meriterebbe di più, meriterebbe ben altra fama e soprattutto Anelli meriterebbe una vita molto più umana di quella che fa. Mi auguro vivamente che Anelli, pur tra mille difficoltà, "perseveri", continui su questa strada impervia e colma di ostacoli. Ci vogliono ancora poeti come lui, che ci dicono le cose pane al pane e vino al vino, che ci facciano volare rasoterra, che rappresentino fedelmente le brutture e la desolazione di questo mondo. Il poeta deve continuare a scrivere. Scrivere deve essere la sua missione. Poco importa se le persone apprezzeranno solo influencer, politici che istigano all’odio, attori troppo narcisisti, showgirl maniacali. Come scrive Valerio Ragazzini nella prefazione il poeta descrive una realtà che oggi più "nessuno mette in scena". Abbiamo bisogno anche e soprattutto di questo perché a un libro di poesia contemporanea più che farci sognare bisognerebbe chiedere di farci aprire gli occhi e Anelli in questo vi riesce benissimo. Ecco alcuni suoi componimenti:
“Qui non si va più avanti
qui si vive alla giornata
finirò anch’io a passare i pomeriggi invernali al caldo di un
supermercato
come le badanti, gli stranieri, i vecchi?
Oggi si muore e basta
nessuno tenta finalmente di migliorare il mondo Italia”
“Una vecchia prostituta tutta truccata e agghindata, ancora
erotica,
in un cinema di periferia a Milano, mi inebria con il suo
coinvolgente profumo vecchio stampo. Vorrei tanto prenderle
la mano
e trascinarla in un film d’amore del quale stiamo godendo
inconsapevolmente insieme”
“Un marito ha preso a martellate la moglie dopo trentacinque
anni di matrimonio -
educatori prendono a calci e pugni anziani, disabili, bambini -
suore accusano novizie di frequentare uomini -
Un poliziotto ha ucciso la sua famiglia perché dipendente dal
gioco del gratta e vinci -
Una madre allatta il figlio, farcendo il biberon di farmaci -
Figli, quasi bambini, ammazzano i genitori per soldi…
ogni tanto, giusto per darci il contentino, scoprono
qualche falso invalido e qualche furbetto del cartellino”
“Cercasi ardimentoso e pronto a tutto; in una parola sola: poeta!
Disilluso, disincantato e per questo sognatore di vie impervie da
scalare, domare, aprire al mondo intero.
Offresi lauta ricompensa nei posteri e nulla più...”
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Poesie dall’inferno
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