Prima che la notte
- Autore: Claudio Fava e Michele Gambino
- Casa editrice: Baldini+Castoldi
- Anno di pubblicazione: 2014
“Questo libro non è un noir su un delitto di mafia e nemmeno il canto a lutto per la morte di un uomo, Giuseppe Fava, delle ragioni per cui la mafia volle colpirlo, dell’infinito e miserabile reticolo di silenzi, compiacenze e connivenze che protesse i suoi assassini, molto è stato scritto. Poco, invece, è stato scritto su quel gruppo di carusi che nello spazio di una notte si ritrovarono subito adulti, invecchiati, con lo sguardo ferito, l’innocenza smarrita. Quella morte mai abbastanza annunciata fu la fine della nostra giovinezza, senza più alibi, senza rinvii.”
Claudio, Antonio, Riccardo e Michele, poco più che ventenni, fanno parte della redazione del “Giornale del Sud”, il cui direttore è Pippo Fava e gli editori sono “un gruppetto di capimastri che si erano fatti la moneta fabbricando case a strafottere negli anni Sessanta”. Il giornale apre i battenti il 4 giugno 1980 e li chiude il 14 novembre del 1982 quando Fava è licenziato e buttato letteralmente fuori dal giornale poiché troppo scomodo. Per i quattro ragazzi, - altri ne facevano parte Giusy, Cettina, Elena, Rosalba-, il giornale era tutto, era il mestiere che avevano atteso, cercato, immaginato, che volevano fare e che hanno fatto. Anni duri quelli a Catania dove di morti ammazzati per mafia ce ne erano almeno due o tre al giorno e dove le notizie a riguardo te le dovevi cercare tu, girando per ospedali, obitori e caserme dei carabinieri e della polizia. Anni in cui il boss mafioso Nitto Santapaola era amico di famiglia del capo della mobile, del capo dell’antirapina, del colonnello dei carabinieri e che riceveva l’elenco di quelli che dovevano essere arrestati dal procuratore della Repubblica ed era lui a decidere chi e quando. Anni in cui la città era spartita da gruppi di potere e così:
“Mario si prendeva gli aeroporti, Carmelo i porti, Gaetano le dighe e “io” le ferrovie”
Anni in cui chi frequentava l’università comprava quel giornale, conosceva quei ragazzi e sapeva che la verità, l’unica e sola, stava nelle 1800 battute scritte con una macchina da scrivere Olivetti trentadue, stampate con una rotativa mai finita di pagare e con un inchiostro indelebile che t’inebriava. Articoli che denunciavano e combattevano la mafia, raccontando la miseria, l’infelicità, i timori, le tribolazioni della condizione umana di chi la subiva.
Due mesi dopo che Fava fu licenziato convoca i carusi e dice:
”Facciamo una rivista. La chiamiamo “I Siciliani.”
La rivista “I Siciliani” apre i battenti nel gennaio del 1983, li chiude e li riapre tante volte, diventando “I nuovi Siciliani” prima e “Casablanca” dopo; li chiude definitivamente nel 2009, quando i vecchi redattori si trovano a rischio di pignoramento delle proprie case per una sentenza di fallimento a favore dell’ente regionale Ircac, sciolto da moltissimi anni. “I Siciliani” sono un mensile senza padroni, senza editori, autofinanziato, i primi anni della loro travagliata vita sono stampati a Roma in una tipografia sulla Tiburtina, poiché nessuna tipografia catanese vuole rischiare e poi piano, piano la rivista si diffonde in città si apre un varco tra una trentina di giovani che ne diverranno redattori e sostenitori.
Questo e altro è raccontato in “Prima che la notte” (Baldini&Castoldi, 2014), un libro, diario, testimonianza, flusso di pensieri e sentimenti, scritto a quattro mani da Claudio Fava e Michele Gambino, due dei quattro giovani allora, uomini oggi, che facevano parte dei «ragazzi di Pippo Fava». Fava è un giornalista, narratore, drammaturgo, ucciso barbaramente dalla mafia a Catania il 5 gennaio del 1984. Trent’anni dopo quelle prime lezioni di giornalismo e di etica professionale, i quattro “carusi” s’incontrano di nuovo e ripercorrono il loro cammino, che inevitabilmente si è intrecciato con quello di un grande uomo e con la storia di una città tanto martoriata, eppure riconosciuta da molti come la Milano del Sud. Da quell’incontro è nato “Mentre l’orchestrina suonava Gelosia... Crescere e ribellarsi in una tranquilla città di mafia” di Antonio Roccuzzo (Mondadori, 2011) e “Prima che la notte” di Claudio Fava e Michele Gambino (Baldini & Castoldi, 2014). Due testimonianze sofferte ma rigorose su un uomo siciliano, libero, curioso, diverso, apripista della lotta alla mafia in una città ostile che lui amava fino alla follia in quegli anni di morte, anni in cui in Sicilia furono colpiti giudici, Cesare Terranova 1979, Gaetano Costa 1980 e Rocco Chinnici 1983, politici di primissimo piano come Piersanti Mattarella, democristiano, appena nominato presidente della Regione Sicilia e Pio La Torre, 1982, segretario regionale del PCI, da sempre attivo nella lotta antimafia e sempre nel 1982 il generale Carlo Alberto dalla Chiesa e la sua giovane moglie. E quei carusi orfani, pazzi, illusi, ormai cinquantenni di quei terribili giorni hanno un unico ricordo:
«Eravamo stati inconsapevoli: dunque, colpevoli».
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