Roma Nord di Elena Guerri Dall’Oro

Preceduto da una introduzione di Enrico Vanzina, pariolino Doc, il romanzo di Elena Guerri Dall’Oro racconta la storia di tre famiglie della borghesia romana che vivono e si muovono intorno ad una porzione di città che soprattutto negli ultimi tempi raccoglie a ragione la fama di luogo di perdizione, malaffare, corruzione, degrado: Roma Nord, una sintesi che racchiude alcune zone residenziali che sono ormai un simbolo, nel bene, purtroppo più spesso nel male, di una modalità di vita che ha perso valori, ideali, onestà.

Olgiata, Parioli, Trieste: le famiglie oggetto del racconto abitano infatti rispettivamente una villa all’Olgiata, un appartamento a via Panama, piena Parioli, un altro in via Anapo, quartiere Salario. Si tratta di un costruttore romano che fa affari con tutti, venendo a non pochi compromessi, sposato con la napoletana Barbara, ottima madre di quattro figli modello; poi c’è Giulia, manager delusa e superata da chi è più raccomandato, con un matrimonio in bilico dato che il ginecologo Giovanni, con cui è sposata da oltre venti anni e padre delle due figlie adolescenti, ha una relazione con la collega di turno. Infine Livia, moglie del senatore cattolicissimo ed integerrimo Augusto Tabacci (chissà perché un nome così noto!), depressa da una vita inutile, tutta chirurgo plastico e vacanze a Cortina, parrucchiere e massaggi, che non si accorge del dramma che sta per travolgere il figlio adottivo Dario.

Per essere sincera del libro mi sono piaciute le fedeli ricostruzioni di ambienti, abiti, arredi, cibi, locali, strade, automobili, modalità sociali, luoghi di vacanze, dialoghi, assolutamente verosimili e capaci di riproporre con iperrealismo spaccati di vita di una intera “casta” che si è affermata con arroganza e che ha dato pessima prova di sé. Le cronache degli ultimi mesi, tra baby prostitute dei Parioli e indagine su la”terra di mezzo” hanno messo veramente i quartieri raccontati dal romanzo nella pessima luce che meritano.

Mi ha coinvolto meno la trama, francamente un po’ eccessiva nei toni e talvolta melodrammatica, soprattutto nell’ultimo capitolo, ambientato molti anni prima, al tempo in cui le tre donne protagoniste erano bambine ingenue su una spiaggia toscana con secchielli e formine…

Più convincente la denuncia sociologica sul degrado della città, la descrizione di alcuni punti nevralgici della qualità pessima della vita a Roma, che subisce quotidianamente chi quelle zone conosce molto bene per viverci da sempre.

“Scorrono fiumi di alcolici e tante altre sostanze che i bar ancora non vendono e tutta questa bolgia umana, vestita da Grande Fratello, radiosa su denti perfetti, con cuori un po’ meno perfetti, con Suv e Mini Cooper in terza fila, abbandonerà lo spazio svogliatamente, molte ore dopo. La piazza tornerà sgombra, rotolerà un’ultima bottiglia di birra vuota anch’essa e i netturbini, con squadre raddoppiate, ripuliranno i resti di tanta civiltà”

La piazza descritta è piazza Ponte Milvio, giù nota per i lucchetti di Moccia sull’antichissimo e fragile ponte, ora ridotta la sera ad una movida violenta e sgangherata.
Un tragico incidente mortale su Corso Francia, luogo di sconsiderate corse notturne di incoscienti con tassi alcolemici fuori norma, uno stupro stile “Circeo”, per chi ha memoria di quell’atroce fattaccio, droga, adulteri, frequentazioni opportunistiche e sconvenienti, compromessi morali… questo ci racconta l’autrice in questo romanzo crudo, che ci pone di fronte ad una classe che avrebbe dovuto essere la classe dirigente del paese per i privilegi ereditati e per il ruolo sociale ricoperto, e che invece si dimostra misera, compromessa, inaffidabile.

Le tre donne, Giulia, Barbara e Livia tenteranno alla fine di riscattarsi, uscendo, in modi diversi, dal “guscio senza spigoli” in cui avevano trascorso troppo tempo.

Un libro sull’attualità incresciosa dei nostri tempi, nella capitale del paese, che renderà questa società privilegiata ancora più odiosa di quanto non sia già nella opinione pubblica più sensibile.