Sono stato a Lisbona e ho pensato a te
- Autore: Luiz Ruffato
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: La Nuova Frontiera
- Anno di pubblicazione: 2011
Si può scrivere un breve romanzo, o un lungo racconto, facendo grande letteratura. E’ il caso dello scrittore brasiliano Luiz Ruffato che in questo testo mette insieme due mondi (il Brasile e il Portogallo), un problema centrale del nostro tempo (l’emigrazione) e un tema scomodo (il rapporto difficile fra ex colonie e madrepatria)
Nei giorni in cui noi italiani viviamo con disagio la guerra/non guerra con i nostri vicini libici, che dal 1911 sono stai colonizzati dalle nostre truppe, questo romanzo intelligente ci pone dinanzi ai rapporti fra paesi emergenti ed Europa e più precisamente tra sogno di emancipazione e realtà deludente.
Sergio de Souza Sampaio è un personaggio reale, a cui lo scrittore ha dato voce attraverso alcune interviste. Nato nel villaggio di Cataguases, vive esperienze difficili: non ha lavoro, una moglie pazza, un bambino da accudire, scarse prospettive. Decide di partire per Lisbona, sicuro che lì, nell’ex madrepatria, dove si parla portoghese, riuscirà a sistemarsi una vita di lavoro capace di garantirgli in breve risparmi che gli consentiranno, in pochi anni, di tornare in patria. L’esperienza invece sarà una continua discesa verso una situazione sempre più degradata; i brasiliani, come gli angolani o i mozambicani sono odiati, disprezzati, emarginati. Il permesso di soggiorno un mito irraggiungibile, le possibilità di lavoro scarse, e comunque, nel posto da cameriere che occupa Serginho per un breve periodo, gli viene preferito uno slavo... La condizione da esiliato in quella che credeva una sua seconda patria porta il protagonista ad una condizione di disperazione e di clandestinità: non potrà che essere un muratore, senza speranza di rientro. Il tentativo di smettere di fumare, con cui si era aperto il racconto, metafora della speranza di una vita nuova, lo chiude in modo circolare:
"E fu così che dopo sei anni e mezzo, poco più poco meno, entrai in un tabaccaio, chiesi un pacchetto di SG, un accendino, presi una sigaretta, e ricominciai a fumare."
Una nota del traduttore, con cui il libro si chiude, spiega la differenza che si è ormai creata nella lingua brasiliana, rispetto alla portoghese, e che ha condotto alla difficoltà nei rapporti fra cittadini di diverse nazionalità, pur se provenienti da una comune origine: il colonialismo europeo continua ad avere ripercussioni anche nel mondo globalizzato. Il titolo del romanzo è il testo dell’unica cartolina che Sergio scrive ai suoi rimasti in Brasile. Poi, non scriverà più.
Sono stato a Lisbona e ho pensato a te
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