Stroncature. Il peggio della letteratura italiana (o quasi)
- Autore: Davide Brullo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2020
Non ci sono più le stroncature letterarie di una volta. Non ci sono più i Pier Paolo Pasolini, i Guido Piovene o le pagine culturali de L’Unità, quelle che polverizzarono, bontà loro, Il Gattopardo. E che dire delle feroci critiche riservate lo scorso secolo a Grazia Deledda, a Salvatore Quasimodo (entrambi premi Nobel) o a Italo Svevo? I tempi sono cambiati, ora la critica letteraria, al di là di qualche eccezione, sembra badare soprattutto a non alzare i toni, a flirtare con le case editrici, a non disturbare il manovratore, a inseguire il politicamente corretto.
Davide Brullo è uno stroncatore feroce, uno che ha restituito la dignità alla critica, riportandola alle sue origini di vero e proprio filone letterario. Brullo, giornalista e scrittore, ha sguainato le proprie invettive soprattutto tra le pagine dei quotidiani Il Giornale e Libero e in rete, sul sito web Linkiesta, concentrando i propri sforzi all’interno dell’alveo della letteratura tricolore.
“Ho stroncato di tutto, con coscienza critica”
dice di sé con malcelato orgoglio, non senza subire conseguenze: censure, interventi di avvocati (quelli di Alessandro D’Avenia, tanto per non fare nomi), lamentele, minacce.
Stroncature (Gog, 2020), con sottotitolo: Il peggio della letteratura italiana (o quasi), è una sorta di best of delle bordate firmate Brullo, un libello che non risparmia nessuno: dai più o meno giovani virgulti come Stefania Auci o Paolo Di Paolo ai cosiddetti intoccabili, gente del calibro di Eugenio Scalfari, Corrado Augias, Massimo Recalcati o Federico Rampini. Tutti trattati male, alcuni malissimo, ma con cognizione di causa. Mettere alla berlina uno scrittore e le sue opere è una sfida a duello, un’arte che richiede conoscenza, sforzo e amore per la letteratura, qualità che Brullo non esita a sfoggiare ogni qualvolta si decide a lasciar scorrere le dita tra la tastiera del computer.
La stroncatura, per essere tale, deve rispondere a due criteri. Primo: leggere minutamente il libro stroncato, e citarlo con dovizia. Secondo: si stronca soltanto uno più grande di te. La legge di Davide vs. Golia. Non è ammesso fare il forte con i deboli. Scrivere stroncature chiede avventatezza e cinica leggerezza: devi sfasciarti contro uno più potente. Fiero di avergli bucato gli occhi.
Ci vuole anche un bel po’ di ironia per demolire un’opera letteraria (o presunta tale…), a patto che sia tagliente, cattiva, spietata. Ironia, certo, ma anche autoironia. Non per niente, Brullo termina il suo Stroncature con le seguenti parole dedicate a se stesso in una vera e propria auto-stroncatura:
“Davide Brullo è sempre parso un bluff (…). Il fustigatore dei titani, in realtà, fa il gioco dei potentati editoriali: Brullo è un estremista da tè delle cinque, prono al culto di Morfeo più che a quello di Orfeo, provate a leggere i suoi libri, dopo cena, e ve ne accorgerete”.
Bene, bravo, bis.
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