Sud voce del verbo sudare
- Autore: Lino Angiuli
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2022
Lino Angiuli, poeta e scrittore nato (nel 1946) e attivo in Terra di Bari, uno dei pochi pugliesi citato nelle enciclopedie letterarie, entrato nelle antologie e parte della storia della letteratura italiana. Nel 2016 ha meritato il Premio Solstizio alla carriera, riconosciuto dall’Associazione Libero de Libero di Fondi (Latina) al “poeta-ulivo”, “uno dei più grandi cantori contemporanei del Sud”.
“Viviamo stretti come albero a radice” era il tema della terza edizione del Festival poetico, da un verso deliberiano che interpreta perfettamente la produzione di “un poeta radicale, un poeta radicato”, si legge nella motivazione. E ancora:
“Forse nessuno meglio di Angiuli incarna in questo momento in Italia quella sperimentazione poetica che non ha ceduto il passo al conformismo, allo stereotipo, conservando invece un linguaggio e un verso del tutto personali e riconoscibilissimi.”
Infatti, per chi conosce Lino, ecco la sua cifra inconfondibile nel giuramento in prosa che apre la sua autoantologia, pubblicata da Moretti&Vitali, casa editrice lombarda, autore meridionale:
“Lo giuro sulla cipolla di Acquaviva e dinanzi al percoco di Turi, figli di primo letto del creatore e, quindi, parenti stretti del mio sangue.”
Per chi non lo conosce, Angiuli vive a Monopoli (Bari), dove ha diretto un Centro di servizi culturali della Regione Puglia. Collaboratore dei servizi culturali della Rai, firma per quotidiani e riviste, ha contribuito a fondare periodici letterari, come il semestrale “Incroci” (Adda Editore), che codirige. Scrive dall’età di 18 anni e conta più di quindi solo di raccolte poetiche in italiano e in vernacolo. Suoi testi poetici sono stati tradotti in altre lingue. Il dialetto è la parlata di Valenzano, la cittadina del sudest barese in cui è nato.
Per chi volesse conoscere Lino, nel giuramento si presenta meridionale e mediterraneo, con “un piede a bagnomaria nella salsa rossa della terra e un piede a bagnomarea nel bacile” del Mare Nostrum. Avverte che l’antologia — autoloantologia, ribadiamo, facendogli eco — è scandita in tre sezioni (terra, amore, l’altro) e rispetta in ognuna la sequenza cronologica di prima edizione. Salvo una sola eccezione e a parte le cinque liriche inedite della terza sezione, raccoglie testi tratti da sillogi poetiche edite a partire dal 1976 e non riproposti in antologie precedenti. La pubblicazione è preceduta dalla prefazione di Daniele Maria Pegorari, docente di letteratura moderna nell’Università di Bari, accompagnata da un dialogo dell’autore con Carlo Alberto Augieri, ordinario di studi umanistici nell’Università del Salento e chiusa dalle riflessioni di Gabrio Vitali sulla poetica di Angiuli in tempo di pandemia (L’ulivo e il vento). Vitali è autore, curatore, direttore editoriale Moretti&Vitali, già docente di antropologia culturale e filosofia del linguaggio nell’Università di Bergamo.
Il titolo dell’autoraccolta, Sud voce del verbo sudare rappresenta per l’autore un “mantra metaforico”, cinque parole aggregate che risalgono a mezzo secolo fa. Confessa che averle riprese gli ha procurato “il sottile piacere del grande ritorno al ’sé’ che ciascuno di noi mantiene in profondità”.
Per Angiuli — e non solo per lui — il Mezzogiorno è sinonimo “di margine, posizione e condizione subalterne da cui tentano di parlare le parole”, sotterrate o trascurate dalla storia, generalmente scritta dai vincitori, che vogliono ascoltare solo le proprie parole e ammettono soltanto la propria versione dei fatti. Lino cita Samuel Beckett: dai vincitori non s’impara nulla. E aggiunge che la parola “dei” Sud, non vincente ma nemmeno perdente, è costretta a “sudare e suddare” per farsi capire da chi ha la volontà, l’autonomia e la libertà d’intendere.
In controtendenza rispetto alla vulgata meridionalista-conformista, il poeta e narratore pugliese suggerisce di capovolgere i versi del salentino Vittorio Bodini (1914-1970), la voce più alta del Novecento pugliese: “il Sud ci fu padre e nostra madre l’Europa”. I termini andrebbero ribaltati, perché all’Europa toccherebbe il ruolo paterno, freddamente maschile, economicistico, dirigistico e al Sud andrebbe riconosciuto quello materno, caldamente femminile, generativo, creativo.
A proposito di vincitori, di esercizio di potere e di non vincenti non sconfitti: le vicende storiche, culturali e politiche italiane rivelano che l’unità nazionale non si è realizzata compiutamente. È stata superficiale e limitata, secondo Angiuli, altrimenti avrebbero pieno diritto di cittadinanza culturale — mentre lo devono ancora acquisire — le utopie ardite del calabrese Tommaso Campanella, pensatore e poeta e il coraggio scandaloso del pensatore e poeta campano Giordano Bruno, inquisiti e puniti dal pensiero unico del tempo. Attendono di dire la loro anche pensatori come il napoletano Giambattista Vico, filosofo e poeta, l’abruzzese Benedetto Croce, filosofo e studioso di poesia, il pugliese Vittorio Bodini, poeta e traduttore di poeti.
Nel pensiero di Lino Angiuli non c’è nemmeno l’ombra di un meridionalismo piagnone. Sud è orgoglio per lui, storia e parola. Negando al ricco patrimonio simbolico meridionale una relazione paritetica con il Nord, si ripete l’errore di volgere le spalle alla voce del Mediterraneo e dei tanti Sud del pianeta, “capaci e vogliosi di presenza”, spesso soffocata con violenza.
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