The Orange Hand
- Autore: Luca Tom Bilotta
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2014
Efferati omicidi aprono "The Orange Hand" (David and Matthaus, 2014), descritti in maniera quasi chirurgica, senza usare mezze parole. Non ne sappiamo ancora quasi nulla della trama che, come l’incauto passante o la donna delle pulizie, inciampiamo in un corpo martoriato. Quelle morti non sembrano avere un nesso fra loro. E tutto si mette rapidamente in moto.
Sembra che i nostri passi echeggino in un buio perenne e ci chiediamo quando arriverà l’alba a mettere fine a quella notte angosciante e profonda. Ognuno di noi si troverà trasformato nel narratore, un giornalista italo-canadese chiamato, per soldi, a scrivere una biografia. La brutta storia culminata in quelle morti atroci, inconsapevolmente, lo avvinghierà coi suoi tentacoli facendolo entrare in una realtà parallela e sommersa, quella dei loschi traffici, anche mortali, delle case farmaceutiche e, per contro, quella di una organizzazione segreta che intende debellare questo oscuro potere. L’autore, che sovrasta anche questo incauto protagonista, si diverte a depistarlo e depistarci, se la ride sotto i baffi mentre quello trae conclusioni sbagliate, si ingarbuglia, protesta, ne vuole uscire ma, come nelle sabbie mobili, va sempre più giù.
Chi sono i buoni e chi i cattivi? Quali le vere vittime? C’è anche l’amore per una donna, ma senza inutili sentimentalismi, tanto si sa già che andrà a finire male perché in una storia come questa il lieto fine (ammesso che ce ne sia uno) è sempre e solo lieto a metà.
Luca Tom Bilotta, molto giovane ma già promettente, come un bravo giocatore d’azzardo, mischia le carte sul tavolo, ne tira fuori qualcuna dalla manica, ma, alla fine, indulgente, lascia vincere al lettore qualche partita, così, per dargli un po’ di soddisfazione. È lui, e solo lui, il vero demiurgo della storia, non credetegli quando vi fa pensare il contrario.
Mirabile lo “stratagemma” di regalare alcune tessere della vicenda con una narrazione nella narrazione, mediante la tecnica delle scatole cinesi: il giornalista, Joe, deve fare quello che in termine tecnico si chiama il ghost writer, lo scrittore nascosto che, per conto di qualcuno, scrive un libro. Nella fattispecie la biografia di un misterioso personaggio, le cui pagine si incastrano nella storia e, a poco a poco, svelano sia a Joe che al lettore l’identità del suo committente, oltre a particolari inquietanti della vicenda stessa a cui ci stiamo interessando.
Lo stratagemma è un classico, nella letteratura, un espediente letterario che permette di spezzettare mirabilmente la trama e di plasmarla, offrirle terminologie e sfaccettature diverse. E la “mano arancio”? Un altro mistero da scoprire, un sigillo sempre presente, la cui impronta, ben impressa nella mente, assumerà via via i tratti dell’incubo.
Lo stile è rapido e asciutto, proprio come quello del giornalista-protagonista, ma talmente preciso e accurato che, in ogni momento, il lettore riesce a costruire davanti ai propri occhi la scena che si sta svolgendo. Il realismo delle situazioni è sorprendente.
Sarà un libro apprezzato dal pubblico e potrebbe anche diventare un grande film, uno di quelli americani tutti adrenalina alla Michael Mann, perché coinvolge e fa grosso il respiro fino allo spasimo. Le sue oltre trecento pagine si divorano in un paio di giorni, perché vanno giù come un liquore forte ma ben invecchiato, con una solida struttura.
The orange hand. Ediz. italiana
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