Tutto sotto il cielo
- Autore: Matilde Asensi
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Rizzoli
- Casa editrice: BUR
- Anno di pubblicazione: 2009
Trascorsi quaranta giorni in viaggio in nave, Elvira De Poulain, assieme alla nipote Fernanda, approda in Cina.
“Non sembrava una vedova giunta a Shangai per recuperare il corpo del marito”.
La donna, pittrice spagnola trasferitasi a Parigi per sposare Remì, non sembra, infatti, molto provata per l’amara scoperta della morte del marito.
Del resto, il loro era stato un matrimonio di interesse. Lei, pittrice che non si piegava alle mode nel tempo di Picasso, Guaguin e Van Gogh, poteva aver garantita una certa sicurezza economica legandosi a Remì; lui, grazie a quel matrimonio, avrebbe posto fine alla vita da libertino e, per questo, avrebbe ricevuto l’eredità che gli spettava.
Giunta in un posto a lei ignoto e sperduto, Elvira avrebbe quantomeno recuperato gli averi del coniuge o, almeno, questo era quanto si aspettava.
Tuttavia, ad attenderla vi è l’avvocato di Remì che le comunica la dura realtà. Remì, a causa della propria condotta dissoluta, ha perso l’intero patrimonio e lei, quale vedova, non ha ereditato che debiti di ingente entità.
Il marito, prosegue il legale, è stato ucciso da ladri entrati nell’abitazione quando lo stesso si trovava in preda ad una crisi di astinenza da oppio; sostanza dalla quale aveva sviluppato in Cina una forte dipendenza. Era un cosiddetto nghien.
Ed in quelle condizioni, Remì non era stato in grado di reagire all’intrusione dei malviventi o, almeno, questa è la versione che viene esposta alla donna.
La verità, tuttavia, non è sempre quella che appare alla prima ricostruzione.
Ad uccidere Remì, infatti, non sono stati i malviventi locali ma alcuni sicari appartenenti alla Green Gang, la banda verde: la mafia più pericolosa di Shangai.
“Sono entrati in cerca di qualcosa di importante che non hanno trovato e hanno torturato suo marito fino ad ammazzarlo perché confessasse dov’era”.
Nelle condizioni in cui si trovava non aveva potuto rivelare nulla.
La vita di Elvira e quella della nipote sono, ora, in grave pericolo. Gli appartenenti alla Green Gang, le seguono ovunque.
Solo grazie all’aiuto del signor Jiang, Elvira capisce cosa attira i sicari: si tratta di un oggetto preziosissimo appartenuto all’ultimo imperatore della dinastia dei Ming.
I Ming possedevano un antico documento, un libro, che passava da imperatore a imperatore e che indicava il luogo in cui si trovava il mausoleo di Shi Huang Di, l’ultimo appartenente alla dinastia, ed anche il modo di entrarvi senza cadere nelle trappole disposte per proteggersi dai saccheggiatori di tombe. Quel libro, costruito con tavolette di bambù e seta, veniva tramandato come l’oggetto più prezioso dello Stato.
Il documento venne, in seguito, diviso in tre frammenti che l’imperatore diede ai suoi tre amici più fidati con l’invito a nasconderli affinché nessuno potesse riunire le tre parti, almeno sino a quando i legittimi eredi della dinastia dei Ming non avrebbero riconquistato il trono del Drago; trono minacciato dalla dinastia dei Qwing, famiglia non cinese.
Nello scrigno posseduto da Remì è presente un documento che indica proprio i luoghi che il Principe aveva designato affinché gli amici fidati vi nascondessero le tavolette.
Scoprire il luogo ove si trovava il mausoleo avrebbe significato, per la banda verde, venire in possesso di un’infinita ricchezza.
Ecco qui che Elvira, Fernanda, il signor Jiang e pochi altri fidati servitori iniziano un lungo viaggio alla ricerca dei tre frammenti; un viaggio non privo di pericoli che, tuttavia, aiuterà Fernanda a maturare ed Elvira a scoprire una parte di sé.
Elvira, in quel viaggio apprenderà, nonostante l’iniziale scetticismo, la filosofia del Taoismo, del Feng Shui, praticherà Tai Chi e assaporerà la storia della misteriosa Cina.
“I cinesi erano un pozzo di scienza millenaria e possedevano conoscenze strane che noi occidentali non potevamo nemmeno immaginare, trincerati dietro la nostra spocchia di colonizzatori. Di quanta umiltà avevamo bisogno, per essere capaci di apprendere e rispettare le cose buone degli altri!”.
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